Non c'è pace attorno a Bitto, tanto che i produttori col sistema tradizionale minaccia di costrituire un secondo consorzio per tutelare il loro formaggio simbolo della Valtellina. Questo il segnale lanciato in occasione di un confronto pubblico fra le due anime del Bitto svoltosi in Fieramilanocity nell'ambito di 'Fa' la cosa giusta!”, la Fiera nazionale del consumo critico e degli stili sostenibili: 24 mila mq. di progetti, idee e soluzioni per produrre e consumare secondo principi di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Una fiera con oltre 620 espositori, in crescita del 20% rispetto allo scorso anno, segno di reazione alla crisi e di rinnovata vitalità dei settori economici che essa rappresenta.
Nella Kuminda, la piazza dedicata al diritto al cibo, moderato dal direttore di 'Italia a Tavola” Alberto Lupini, si sono misurati sui temi di una controversia
emblematica Fabio Sala, vicepresidente del Consorzio di tutela con sede a Morbegno, e Paolo Ciapparelli presidente dell'Associazione dei produttori storici, i cosiddetti ”ribelli” che tutelano l'antica ricetta realizzata negli alpeggi di altura. Al dibattito ha partecipato anche Michele Corti, la memoria storica del formaggio lombardo, che non ha mancato di sottolineare che la Dop assorbe il 50% del latte nazionale per una produzione che sfiora le 460 mila tonnellate, l'85% della quale utilizza latte vaccino.
Secondo i produttori storici non doveva essere modificato il disciplinare, contestato dal ministero delle Politiche agricole, così come non dovevano essere immessi mangimi e fermentazioni non naturali anche a costo di una minor produzione del marchio e del suo invecchiamento. Tesi questa contestata dal Consorzio di tutela che riunisce oltre 80 allevatori e che produce oltre al Bitto, anche il Casera, il Scimunin e il formaggio grasso d'Alpe Valtellina.
Inutili tutti i tentativi del moderatore di trovare un'intesa, è apparsa alla fine chiara la decisione dei 'ribelli” di costituirsi in un consorzio alternativo a quello ufficiale pur riconoscendo la buona fede degli iscritti al Consorzio di tutela e l'apertura dimostrata verso i dissidenti.