Milanese di nascita, bergamasco di adozione. A Bergamo, dove nell'anno 1970 andò a vivere in una “casa alta su Bergamo Alta”, si spense la vita di Luigi Veronelli. Era un lunedì, il lunedì 29 novembre dell'anno 2004. 78 anni all'anagrafe, e però giovane, per come, a dirla con Karl Popper, si ha l'età dei propri pensieri.
I pensieri di Luigi Veronelli
E sì che di pensieri, il prode Gino Veronelli (era Gino per gli amici e poi divenne Gino anche per i conoscenti) tanti ne assimilò e tanti, preziosi e originali, ne produsse, a beneficio di chi sapeva e voleva ascoltarlo. Pensieri assimilati anche grazie agli studi liceali al Liceo Classico Parini, condotti con lodevole profitto. Si narra che abbia sostenuto l'esame di maturità parlando esclusivamente in greco antico. Se non è vero, conoscendo l'indole istrionica del Maestro, è certamente verosimile
Luigi Veronelli si è spento il 29 novembre 2004
E si narra anche che il suo battesimo enoico si ebbe nel giorno della sua prima comunione, allorquando il papà Adolfo, imprenditore chimico, nel “battezzarlo” al vino gli insegnò che il vino va bevuto con rispetto, perché dentro c'è la fatica dei contadini. È evidente, ciò evincendo dagli insegnamenti del Maestro, che queste parole del suo papà gli fecero ancoraggio per tutta la vita. Facoltà di ingegneria chimica per accontentare il genitore. Ma, alla morte del papà, si iscrisse alla Statale di Milano alla facoltà di filosofia. Ancora, tanti pensieri da metabolizzare. A soli 22 anni sposò Maria Teresa Pina, bergamasca, figlia di pasticceri. Tre figlie: Benedetta, Chiara e Lucia.
Luigi Veronelli, l'editore
Da editore, attività che reitera nella sua vita, pubblica, tra gli altri, il periodico “Il Gastronomo” di cui assume anche la direzione. Pensieri che produce, tanti, originali, profondi. Eccone uno: “Solo la gente volgare giudica la gastronomia una disciplina volgare e la crede rivolta all'unica soddisfazione dell'appetito”. Siamo nella seconda metà degli Anni Cinquanta dello scorso secolo.
Da editore, tra gli altri, Luigi Veronelli edita Il Gastronomo
Tra i suoi amici, pochi quelli veri, Luigi Carnacina, maître di bravura leggendaria incontrato a Londra. Pensieri in osmosi. Grazie a Carnacina, il Maestro accrebbe le competenze in gastronomia, intuì l'evolversi dello scenario della ristorazione, comprese l'importanza degli abbinamenti tra pietanze e vini. Scrissero, lungo il loro sodalizio, opere fondamentali per la divulgazione della cucina italiana. Di Luigi Carnacina, con umiltà il Maestro ebbe a dire: “Quanto a cucina, gli sono debitore di tutto, ma proprio tutto ciò che io so”.
Luigi Veronelli, il giornalista
Altri due amici veri, suoi colleghi giornalisti furono Gianni Brera e Mario Soldati. Sì, nel mentre Gino era diventato giornalista, a dirla meglio, con sua definizione, era “giornalista itinerante”. Fondamentale, in un suo viaggio in Borgogna negli anni Cinquanta, l'incontro con il vignaiolo René Engel che gli confidò: “Noi francesi abbiamo uve d'argento e facciamo vini d'oro; voi italiani avete uve d'oro e fate vini d'argento”. Anche da questo pensiero Gino trasse energia per agire da par suo nella vitivinicoltura.
Luigi Veronelli si definiva un giornalista itinerante
Per dare un'idea del pensiero di Gino, siamo nell'anno 1986, ci fu lo scandalo del metanolo, questo il titolo del suo pezzo pubblicato su L'Espresso: “Imbecilli e corrotti”. Filosofo, anarchico, giornalista, uomo colto. Si autodefinì “anarchenologo”. In una fase come quella attuale, dove sembra che l'ignoranza vada addirittura ostentata, ci sovviene un pensiero del Maestro: “Ho amato molto la cultura e ho sempre pensato che andasse a pari passo col vivere”. Fu lo scandalo del metanolo a dargli ulteriore energia onde impegnarsi in quello che lui per primo definì il rinascimento del vino italiano. Continua produzione di pensieri e di concetti. Sua l'enfasi originale sui “cru”. Altro pensiero del Maestro, suadentemente espresso: “Piccolo il podere, minima la vigna, perfetto il vino”. Oggi va di moda parlare di enoturismo. Gino ne fu antesignano quaranta anni prima.
Luigi Veronelli, il personaggio televisivo
Il Maestro fu anche personaggio televisivo. In coppia con Ave Ninchi, lei la massaia e Gino il professore, portò al successo, con grandi ascolti “A tavola alle 7”. Per contribuire al lancio della neonata Rai Tre, nel 1979 realizzò “Viaggio sentimentale nell'Italia dei vini”, un romantico elogio della civiltà contadina. All'epoca la parola “narrazione” non era in voga. Ebbene, il Maestro fece narrazione ad alto livello, coniugando rigore scientifico alla maestria divulgatrice, dando centralità al contadino e al vignaiolo. Queste le sue parole al riguardo: “Un viaggio vero, reale, attraverso i vignaioli, così da coglierli nei loro atti e da fotografarne in un incontro-scontro diretto, dal vivo, le più urgenti necessità”.
Luigi Veronelli, l'inventore
Con gli anni Ottanta cominciano le pubblicazioni delle guide ai ristoranti e ai vini. Nel 2003 il Comune di Milano gli conferì l'Ambrogino d'oro. Sua la creazione delle De.Co. (denominazioni comunali), una certificazione di origine rilasciata su semplice delibera dall'amministrazione comunale. Sublime questo suo pensiero: “Il mio lavoro consiste nel camminare le terre e nel raccontarne la qualità. La terra è l'anima”. E davvero del Maestro si può dire che, interpretandolo con sensibilità propria della persona di cultura, inventò il giornalismo enogastronomico.
Luigi Veronelli fu anche personaggio televisivo
Suo questo pensiero: “L'uomo che si dedica alla qualità della vita materiale, nel rispetto dell'altro, è un giusto”. Quanto ne sapremmo del buon mangiare e del buon bere se non avessimo studiato sui testi del Maestro, se non lo avessimo ascoltato ai suoi seminari? Ascoltarlo e restare affascinati dal suo eloquio, dalla sua competenza e dall'appassionato tentativo (sempre riuscito) di trasmettere sapere e conoscenza, era un tutt'uno. Tra i suoi scritti ricordiamo, laddove è evidente l'allusione proustiana, “Alla ricerca dei cibi perduti”: il ricercare ed auspicabilmente ritrovare la memoria individuale e la memoria collettiva che rende le persone parti attive di una comunità serena e laboriosa.
Luigi Veronelli e il vino
Quasi esoterico il rapporto del Maestro con il vino. Suo pensiero: “Il vino, dopo l'uomo, è il personaggio più capace di raccontare storie, di lanciare messaggi vasti e antichi, di presentarsi con i suoi documenti d'identità completi. Io, quando assaggio un vino, sento tutto quello che è successo in quella terra dove è nato, tra quella gente che l'ha coltivato, in quelle mani che l'hanno toccato”.
Luigi Veronelli e la terra
È suo il neologismo, adesso caduto in oblio, di “contadinità”. Il suo pensiero: “Il contadino non è solo il piccolo coltivatore che si prende fisicamente cura del suo piccolo podere; contadino può essere anche un grande proprietario terriero: la discriminante sta nel rispetto per la terra e nella sensibilità nel coltivarla”.
È di Luigi Veronelli il neologismo di “contadinità”
Negli Anni Settanta dello scorso secolo, quando si era al culmine della società industriale, il Maestro produsse questo pensiero: “L'agricoltura e il turismo sono le armi migliori per lo sviluppo e l'affermazione della nostra Italia”. Oggi, terzo decennio del XXI secolo, si comincia a parlare di enoturismo. Non avremmo l'agricoltura che abbiamo (pensiamo alla Dop economy), non avremmo questa enologia e questa gastronomia, se ad esse il Maestro non avesse arrecato il suo immenso contributo di pensiero e di azione.
La mission di Luigi Veronelli
Quanti oggi scrivono di vino e di cibo, hanno contezza di come il Maestro viveva la mission? Pensiero suo: “L'uomo sta prendendo coscienza di sé e si accultura, ed è proprio questa crescita culturale che lo rende più esigente nei confronti di ogni aspetto del vivere”. Cosa ne pensava Gino delle guide? Pensiero suo: “Le guide d'oggidì – fuor che le mie – hanno il torto gravissimo di aver tenuto fuori pagina la cultura e la poesia”.
Luigi Veronelli, il precursore
Precorritore dei tempi, come può accadere solo alle persone di grande cultura, osservatori arguti degli evolventi scenari, il Maestro ci lascia una preziosa eredità. Oggi diamo quasi per scontato che chi coltiva la vigna e si prende cura dell'uva, in passo successivo alla vendemmia, trasformi la sua uva in suo vino. Ma fino a sessanta anni fa, non era assolutamente così. Il contadino (non ancora lo si definiva vignaiolo) conferiva le sue uve, frutto di undici mesi di lavoro nel vigneto, a poche grandi aziende che producevano quella commodity chiamata vino, o alle cantine sociali. Non vi era terroir, non vi era ricerca, non si aveva contezza dei vitigni autoctoni. Se oggi i piccoli vignaioli fanno grandi vini, il merito è anche di Gino.
Luigi Veronelli fu un autentico precursore in molti campi
Tra le battaglie di Gino, ricordiamo qui quella per il prezzo-sorgente, cioè l'identificazione del prezzo di un prodotto alimentare all'origine, onde rendere evidenti eccessivi ricarichi nei passaggi dal produttore al consumatore. Caso emblematico, di cui si parla sovente (e ahinoi inutilmente) il ricarico eccessivo che, non solo a svantaggio dei clienti ma anche a loro svantaggio (di cui sono forse inconsapevoli) i ristoratori applicano sulla bottiglia di vino.
Luigi Veronelli e l'olio
Negli ultimi anni, il Maestro si interessò anche agli oli. Scoprì le frodi dell'olio estero miscelato e venduto come olio nostrano. Fu Gino a valorizzare i piccoli frantoi e a determinare il prezzo equo per l'olio buono. Fu Gino, in qualità di editore, a pubblicare la guida agli oli, “Gli oli di Veronelli”, scritta da Luigi Caricato.
Il museo di Luigi Veronelli
Nel paesino di Bariano (Bg), collocato all'interno dell'ex-Convento dei Neveri ha sede “Il Veronelli”, uno spazio espositivo dedicato a Gino Veronelli. Il Veronelli occupa un'intera ala, su due piani più il sottoterra, in uno snodo espositivo che narra, grazie anche all'ausilio di materiali della grande mostra "Camminare la terra", l'esaltante vicenda umana, professionale e intellettuale del grande Maestro.
"Il Veronelli" non è solo un museo, ma un luogo di incontro e di scambio
"Il Veronelli" non è solo un museo, ma un luogo di incontro e di scambio, aperto a studenti, studiosi, operatori del settore e a tutti gli appassionati di cultura enogastronomica. Il percorso espositivo si compone dell'archivio, con una selezione ragionata di materiali, tra documentazione cartacea e mediatica, per conoscere l'approccio e il metodo di lavoro veronelliani, la biblioteca con circa 6.500 volumi a tema cucina, vino, distillati, civiltà contadina, impreziosita da una selezione di testi da bibliofilo, la riproduzione del suo studio, la cantina, ricostruita conforme all'originaria della sua casa in Bergamo alta, che accoglie circa 12.000 bottiglie, la sala assaggi, l'ambiente in cui “ascoltare i vini”, circondati dagli scritti veronelliani sulla degustazione e dal celebre scatto di Toni Thorimbert. A completare il percorso, una caffetteria con i disegni realizzati per Alessi, i pannelli con nomi e menu dei ristoranti che parteciparono al campionato gastronomico lombardo ideato con Gianni Brera negli anni 60, le ricette di alcuni suoi cocktail.
Luigi Veronelli, lotta all'oblio
Quanto è dolorosa l'amara constatazione che oggi, anche tra gli addetti ai lavori, la grande figura di Gino Veronelli, dice poco o nulla. A ricordarlo in vita, e forse ci si sente perciò un po' reduci, si è rimasti in pochi. Si era in pochi a fare questo mestiere già trenta e passa anni fa. Negli anni Ottanta, non vi era la dovizia delle testate giornalistiche di settore che c'è adesso, internet muoveva i suoi primi balbettanti passi e social media e blog erano di là da venire.
Negli anni Ottanta, tra le pochissime testate già in vita allora, da contare sulle dita di una sola mano, ci si fregia di annoverare la nostra testata Italia a Tavola, con redazione e sede principale a Bergamo, la città di elezione del Maestro Veronelli. Oggi Italia a Tavola conta oltre 38 anni di ininterrotta attività. A Gino Veronelli, lo diciamo per dovere di verità, si era “esterni”. Non ci si frequentava, se non per occasioni cagionate dal lavoro ma mai, dicasi mai, ci si contrappose. Una forte stima reciproca, essa sì. Ancora per dovere di verità, doverosamente citiamo la successiva nascita alla fine del 1986 di Gambero Rosso. Saremo perdonati se la memoria ci inganna, ma di altre testate di settore a diffusione nazionale di questa età non abbiamo contezza.
Ecco, sia detto senza enfasi e senza retorica, probabilmente siamo stati fortunati nell'aver conosciuto di persona il grande Maestro. A quanti non lo hanno conosciuto, a quanti si sono avvicinati a questo mondo relativamente da poco tempo, vogliamo dire soltanto una semplice cosa: nessuno di noi, né i meno giovani e né i giovani, saremmo quel che siamo, se non ci fosse stato Gino Veronelli, al quale, hic et nunc, a venti anni dalla sua morte, rendiamo omaggio.