Passeggiando per Piazza della Scala a Milano, ci si trova in un luogo di incontro tra narrazioni diverse. Da una parte, le Gallerie d’Italia, dove l’arte viene formalmente incorniciata e offerta al pubblico come prodotto da contemplare. Dall’altra, il vissuto quotidiano della città, che passa accanto, spesso indifferente, ai gesti che cercano di fissare il tempo in una tela, in una scultura, in una fotografia. In mezzo a tutto questo, il cibo appare come elemento di rottura, un’esperienza che richiede la partecipazione attiva di chi ne fa parte.
La sala di Voce
Voce di Aimo e Nadia: il ristorante che ribalta le regole dell'arte
Voce di Aimo e Nadia si inserisce proprio in questa dualità, non come semplice estensione del circuito artistico, ma come atto di “gentile ribellione” contro la sacralizzazione del concetto stesso di “arte”. Il cibo, quindi, diventa esso stesso un atto estetico in cui l'osservatore è chiamato a essere parte integrante dell’opera. Ci si distacca dal concetto di esperienza museale tradizionale, dove il pubblico è spettatore passivo, e si entra in una dinamica continua tra ciò che viene percepito e ciò che viene vissuto.
L’arte nelle sale delle Gallerie d’Italia può essere ammirata, ma è nel gesto più intimo di sedersi a tavola che si compie la vera esperienza di condivisione del bello. Non si tratta di trasformare il cibo in un simulacro artistico, né di ridurlo a spettacolo, ma di riconoscere che il gesto del cucinare e del mangiare possiede una sua dignità estetica e sociale, forse meno riconosciuta, ma non per questo meno significativa. È una forma di dissenso contro l’idea che la bellezza debba essere isolata, contenuta, imbrigliata nelle cornici di una galleria.
A Voce l'arte si mangia: il cibo come nuovo linguaggio
Il cibo, in Voce, è il linguaggio con cui si esprime un pensiero che si rifiuta di separare l’arte dalla vita, i sensi dall’intelletto. Nessuna divisione netta tra l’opera d’arte e il gesto quotidiano, ma un continuo scambio di significati, un fluire che rende il confine tra arte e esperienza personale quasi impercettibile. E se nelle sale delle gallerie si osserva , al ristorante si vive. Un vivere che non è passivo ma pienamente immerso in un dibattito con ciò che ci circonda, con i sapori che diventano veicolo di riflessione e di memoria.
D’altronde, a chi importa davvero cosa sia o non sia arte; quantomeno, non più di quanto sia importante riconoscere che, come l’arte, anche il cibo può essere un modo per esplorare il mondo, una lente attraverso cui ripensare la nostra relazione con il tempo, la memoria e il presente.
Lorenzo Pesci: un viaggio tra maestri
Alla guida della cucina di Voce c’è Lorenzo Pesci, uno chef che ha trovato la sua strada attraverso un lungo cammino di esperienze diverse, guidato dall’istinto e dalla passione. Le sue prime scorribande in un ristorante risalgono a quando era appena un adolescente. A 13 anni comincia a lavorare nelle stagioni estive nei ristoranti di località balneari delle Marche, dove scopre il fascino della cucina e capisce che quel mondo sarà il suo futuro. «Stavo in sala inizialmente - racconta - ma presto ho capito che la cucina era il mio luogo, il posto dove potevo davvero creare».
Lo chef di Voce Lorenzo Pesci
Questa decisione lo ha portato a cercare nuove sfide e nuovi maestri che potessero arricchire la sua formazione. Dopo le prime esperienze, Pesci ha avuto l'opportunità di lavorare con Vincenzo Cammerucci, uno chef che gli ha trasmesso le tecniche fondamentali della cucina e lo ha aiutato a comprendere l’importanza della materia prima e del rispetto per il prodotto. «Con Cammerucci ho imparato a lavorare con grandi quantità di cibo, ma sempre con un occhio attento alla qualità. È stata una vera e propria scuola di vita».
Lorenzo Pesci: dall'officina di Cracco alla perfezione delle carni
Il vero salto nella sua formazione arriva, però, quando Pesci entra nelle cucine di Carlo Cracco, uno dei nomi di maggior peso della scena gastronomica italiana e internazionale. Cracco è stato un maestro fondamentale per Pesci, grazie al quale ha appreso il rigore tecnico e un livello di precisione che ha segnato per sempre il suo approccio al lavoro. «Lavorare con Cracco è stata una sfida continua,” afferma Pesci, “ma mi ha insegnato a guardare oltre l’ingrediente. Ogni dettaglio, dalla cottura alla presentazione, doveva essere perfetto». Durante i sette anni con Cracco, Pesci si specializza nella partita della carne, lavorando con ogni tipo di taglio e sperimentando tecniche complesse. «Dal coniglio al piccione, dal cervo alla fagianella, ho imparato che ogni carne ha il suo carattere e merita la massima attenzione».
Con Pisani e Negrini, Pesci trova la sua Voce in cucina
Ma se l’esperienza con Cracco è stata determinante per la sua crescita tecnica, è stato il successivo incontro con Fabio Pisani e Alessandro Negrini a plasmare profondamente la sua filosofia e a dare una svolta decisiva alla sua carriera. Dopo aver lasciato Cracco, Pesci entra in contatto con i due chef alla guida di Il Luogo di Aimo e Nadia, e qui trova un ambiente che lo accoglie e lo sprona a esprimere la sua creatività. «Con Fabio e Alessandro è stato diverso - spiega Pesci - Mi hanno insegnato l'importanza del dialogo in cucina, dell'equilibrio tra rigore e libertà creativa, e del rispetto per ogni ingrediente non solo come materia prima, ma come parte di una narrazione».
Pesci parla di Pisani e Negrini non solo come colleghi, ma come veri mentori che lo hanno aiutato a crescere professionalmente e umanamente. «Fabio e Alessandro sono veri maestri nel creare un’atmosfera di scambio e collaborazione. Mi hanno sempre lasciato spazio per esprimere le mie idee, ma allo stesso tempo mi hanno mostrato come far parte di una squadra, dove ogni voce è importante». La loro filosofia si riflette nella gestione di Voce, il ristorante che Pesci ora guida. «Con loro ho capito che la cucina non è solo la creazione di un piatto perfetto, ma è raccontare una storia attraverso il cibo. Ogni piatto deve parlare al commensale, deve avere una sua voce». Questo approccio lo ha portato a sviluppare un menu che rispetta profondamente le radici di Aimo e Nadia, ma che al tempo stesso esplora nuovi orizzonti.
Dialogo, collaborazione e autonomia da Voce di Aimo e Nadia
Il rapporto tra Pesci e il duo Pisani-Negrini si basa sulla fiducia reciproca e sulla libertà creativa. «Quando propongo un piatto nuovo, ci sediamo insieme e ne discutiamo», racconta Pesci. «Fabio e Alessandro ascoltano, mi danno consigli, ma non impongono mai la loro visione. È un dialogo continuo che mi permette di crescere e migliorare ogni giorno». Questo scambio è fondamentale per Pesci, che vede la cucina come un processo di evoluzione costante, dove ogni piatto può essere perfezionato grazie al contributo del team.
Questa collaborazione non significa che Pesci non abbia la sua autonomia. Anzi, Pisani e Negrini lo hanno sempre incoraggiato a sviluppare la sua identità culinaria, a portare avanti le sue idee e a sperimentare. «Mi lasciano esprimere la mia creatività, ma sono sempre lì per darmi un consiglio o per propormi una nuova prospettiva. È un rapporto di fiducia che mi permette di osare, sapendo che posso contare su di loro».
Grazie a questa sinergia, Pesci ha trovato in Voce di Aimo e Nadia un luogo dove poter mantenere saldo il legame con il passato ma senza paura di guardare al futuro. «L’eredità di Aimo e Nadia è forte e presente in ogni piatto, ma con Fabio e Alessandro abbiamo trovato il modo di rendere Voce un’esperienza autonoma, che vive di luce propria».
La cacciagione: una passione per la tradizione
«Sto lavorando al menu autunnale» racconta Pesci, con una pacatezza che maschera l’intensità del suo impegno. «Sto studiando delle salse, prendendo ispirazione dal libro di Escoffier, La grande cucina», dice, riferendosi a uno dei testi fondamentali della gastronomia classica. Pesci, tuttavia, non è interessato solo alla riproduzione meccanica di vecchie ricette. Piuttosto, le considera un punto di partenza, uno strumento per innovare senza tradire ciò che di magistrale è stato fatto in passato.
Il tema della cacciagione è centrale nel nuovo menu autunnale di Voce. «Non voglio legarla ad un solo piatto - spiega Pesci - ma lasciare aperta la porta a diverse interpretazioni. Non voglio dare un titolo specifico a un pezzo di cacciagione, ma inserire più opzioni, dalla lepre al colombaccio, al germano, fino al cervo». Per lui, la cacciagione è un modo per esplorare le radici più classiche della cucina italiana, ma sempre con un tocco personale. «Penso di fare una cosa veramente classica - ripete - ma che faccia aprire gli occhi su quanto sia importante ogni tanto tornare ai grandi classici fatti bene».
Risotto Gran Riserva Carnaroli con olive taggiasche candite, pasta di noci e pompelmo di Voce
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Faraona in chaud froid con patata fondente, piselli freschi e salsa alla china di Voce
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Carpaccio di ricciola nostrana con melone al forno, lenticchie croccanti, alloro e zucchine in escapece di Voce
3/5
Capasanta gratinata alla liquirizia con bietole all’olio evo di Coratina e salsa alla vicentina di Voce
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Rolle´ di coniglio con fegato d’anatra, agretti, mostarda e salsa al pepe verde di Voce
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Il vegetale: un altro protagonista del menu
Nonostante il suo dichiarato amore per la carne, Pesci ha grande rispetto anche per i piatti a base vegetale. Nel menu di Voce, ci sono sempre diverse opzioni che mettono al centro il vegetale come protagonista. Un esempio perfetto è la Zuppa Etrusca, uno dei piatti storici di Aimo e Nadia, che continua a occupare un posto di rilievo nel menu. «È un piatto ideato 62 anni fa - spiega Pesci - ma sembra creato oggi. La sua concezione del tempo è incredibilmente moderna, con sapori e consistenze che ti riempiono la mente, il cuore e la pancia».
Pesci sottolinea che il segreto del successo della Zuppa Etrusca sta nella sua semplicità e nella sua capacità di rimanere sempre attuale. «Molti piatti possono andare fuori moda, ma la Zuppa Etrusca rimarrà sempre contemporanea - afferma convinto - È uno di quei piatti rotondi, completi, che non ti stancano mai. Ogni volta che lo assaggi, scopri qualcosa di nuovo».
Un menu di Voce che riflette le stagioni e i gusti
Quando si tratta di creare un menu, Pesci parte da un’idea generale, ma si lascia ispirare dai prodotti di stagione e dai gusti personali. «L’autunno per me significa cacciagione, purè di patate, tartufo nero, foie gras», dice. Ma ogni piatto è anche il risultato di un processo di riflessione e sperimentazione. «Ci sono piatti che non faccio mai uscire dal menu, come il controfiletto (gratinato ai capperi con salsa al vino rosso e tarte tatin di sedano rapa, ndr) o lo spaghettone (riduzione di crostacei e gamberi ‘viola’ marinati alla maggiorana, ndr), perché rappresentano l’identità di Voce. Ma poi ci sono nuove idee che nascono da combinazioni inaspettate».
La cucina di Pesci a Voce: precisione e sapori autentici
L’atmosfera che si respira da Voce ha una consistenza differente, quasi tangibile e Lorenzo Pesci non cede alla tentazione di stratagemmi facili o di scelte appariscenti: la sua cucina vive di precisione e di attenzione ai dettagli. I sapori si delineano con chiarezza, senza sovrastrutture, e lasciano emergere un pensiero articolato che si rivela progressivamente.
Il menu stesso incarna questa visione: una sequenza calibrata che affonda le radici nel rispetto per la materia prima e nella capacità di trasformarla. Pesci esplora territori ben definiti, ma lo fa con quella naturalezza che deriva dall'esperienza maturata nel tempo e da una consapevolezza tecnica raffinata. La selvaggina, con le sue sfumature profonde, i vegetali trattati con la stessa cura riservata agli ingredienti più pregiati, costruiscono un racconto che scorre senza interruzioni.
La concentrazione è sul fare, sull’esecuzione perfetta di un’idea precisa, sulla capacità di lasciare un segno. E così che viene fuori un modo di intendere il cibo che si radica nel presente ma guarda lontano, oltre il piatto stesso, portando con sé un senso di equilibrio che accompagna senza mai diventare invasivo. Un percorso che trova nella concretezza delle scelte la sua forza più autentica.