Si ferma lo shopping straniero nell’agroalimentare italiano con ben 3 marchi storici su 4 che sono finiti all’estero con la perdita di autonomia e di competitività sui mercati internazionali in uno dei settori strategici del Made in Italy. Lo stop arriva con la nascita del gigante italiano del pomodoro che ora, con i marchi Pomì e De Rica, è la prima filiera italiana nella coltivazione e trasformazione in polpe, passate e concentrati che permette alle 550mila tonnellate di pomodoro fresco raccolto esclusivamente in Italia di essere trasformato ed esportato in 60 Paesi nel mondo.
Il marchio De Rica nasce nel 1963 ed è stato reso famoso dal Carosello con lo spot che vedeva protagonisti la coppia il canarino Titti e il Gatto Silvestro con lo slogan “No su De Rica non si può” che assume ora uno straordinario significato di appartenenza del marchio alla storia e alla cultura nazionale
Si inverte la tendenza con il Consorzio Casalasco del Pomodoro che dopo Pomì acquista lo storico marchio De Rica affinchè resti in Italia direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, con un forte legame col proprio territorio d’origine. Il prodotto simbolo della dieta mediterranea è il condimento maggiormente acquistato dagli italiani, ma anche quello più amato all’estero dove le esportazioni di pomodori conservati e preparati hanno superato 1,5 miliardi di euro nel 2016.
Gli italiani consumano in media all’anno 35 chili di pomodoro in conserva tra passate, polpe, concentrato e pelati sotto le tendenze salutistiche che spingono alla ricerca dei superfood come l’ingrediente principale della Dieta mediterranea che è riconosciuto essere un potente antiossidante. Una presenza importante che ha consentito all’Italia di collocarsi ai vertici della classifica “Bloomberg Global Health Index” su 163 Paesi per la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale.
«Con questa operazione si realizza una svolta nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che vede direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «la svendita di marchi italiani all’estero ha spesso significato nell’agroalimentare lo svuotamento finanziario delle società acquisite, la delocalizzazione della produzione per chiusura di stabilimenti e gli acquisti delle materie prime all’estero con perdita di occupazione».