Neanche il tempo di cominciare e a Bergamo è già tempo di convegni per B2Cheese, la fiera internazionale lattiero casearia. In mattinata, dopo il taglio del nastro
di cui abbiamo raccontato, si è svolto l’incontro a tema formaggi e turismo. Tra i relatori protagonisti la ricercatrice
Roberta Garibaldi, esperta in materia di turismo enogastronomico che ha spiegato: «In questo momento c’è più domanda che offerta perché sussiste un problema di fruibilità dei luoghi piuttosto che di informazioni sulle esperienze che si possono vivere. La meta più richiesta è la fabbrica di cioccolato, poi la visita al pastificio».
Turismo e formaggi, la domanda supera l'offerta
In un sondaggio proposto per l’occasione è stato chiesto agli intervistati se tra i loro desideri ci fosse la visita ad un caseificio e la risposta è stata confortante perché il 71% ha risposto positivamente. Ma come mai l’offerta è così indietro? Modena ha fatto scuola ripartendo dopo il terremoto con ricostruzioni delle aziende in funzione delle visite esterne di turisti. Questo altrove manca ed è una pecca. C’è poi un “buco” a livello di database, non esiste un elenco, un registro, un’organizzazione che sia all’altezza - ad esempio - del mondo enologico con Le strade del vino.
Roberta Garibaldi
All’estero sono più avanti nel creare legami stretti tra territorio e prodotto. Succede in Giappone e in Canada; va meglio nel Sudtirol dove gli addetti ai lavori creano delle esperienze precise da donare al turista, ad esempio vestendosi con abiti tipici, anche folkloristici.
Alessandra Argiolas
Al convegno è intervenuto anche
Matthew Stone, dell’Università della California. «Far fare un'esperienza enogastronomica - ha osservato - significa renderla memorabile. Ci vogliono elementi essenziali quali il desiderio, l'intenzione, la voglia di esplorare, la ricerca del locale e di conseguenza la memorizzazione. Basta pensare che il 70% delle persone che scelgono una vacanza o un ristorante lo fanno consigliati da amici che ricordano la loro esperienza. La memoria è legata ad una food experience non a quello che mangi nella quotidianità. Ecco perché chi intende attirare turisti deve fare in modo che questi, arrivati sul posto, si sentano parte integrante del territorio. Chiaro che è utile creare attorno ad un determinato prodotto un evento costruito e specifico, come può essere un festival».
Tra le case history quella di Argiolas Formaggi: «Facciamo venire il consumatore nel caseificio per farlo sentire parte di qualcosa - ha spiegato la responsabile marketing
Alessandra Argiolas - poi ci facciamo dare dei giudizi che leghino il cliente all’azienda. Sono visite molto utili perché il turista enogastronomico da assaggia noi e poi, tornato a casa, ricerca e acquista quei prodotti. È importante creare un network con le associazioni professionistiche di settore, ma anche con le istituzioni per creare un circuito unico».
È toccato poi a
Maria Cristina Crucitti, storyteller nel mondo del formaggio. «The cheese storyteller - ha detto - è il mio progetto per raccontare il formaggio, perché c'è tanto da dire e molta voglia di ascoltare. La mia è una formazione da casara e ora ne parlo in modo diverso. La mia missione è la divulgazione casearia. La gente compra e non sa cosa sta davvero acquistando, ma se glielo racconti ha voglia di sapere. La maggior parte ad esempio non sa cos'è il caglio, uno dei tre ingredienti base di ogni formaggio. Lo storytelling non è narrazione, ma comunicare per convincerti, coinvolgerti, farti interagire».