Quanti panini si mangiano in Italia? A bruciapelo è impossibile rispondere alla domanda. Ma domenica 21 di novembre è la Giornata Mondiale del Panino Italiano, e perciò qualche approfondimento è d’obbligo, in omaggio a un’istituzione della gastronomia tricolore: sua eccellenza il panino. Teniamo conto che l’Italia è l’unico paese al mondo a vantare una cucina non regionale né provinciale, bensì comunale; e quindi prima di inquadrare l’oggetto del desiderio, ossia in quale forma, farina, condimento, controcondimento, salagione, companatico e verdure di contorno esso debba presentarsi, ce ne corre… i Comuni in Italia sono 7.904, non c’è bisogno di aggiungere altro.
Forse in una nazione più standardizzata come gli Usa (nessuno si offenda, prego), ha senso scrivere che si consumano intorno a 50 miliardi (capito bene: miliardi) di panini con hamburger all’anno, perché almeno abbiamo un’idea del tipo di prodotto da analizzare; allo stesso modo, è interessante apprendere che il solo Mc Donald’s vende 250 milioni circa di panini all’anno. In Italia, beninteso, altrove non osiamo immaginare.
Il panino secondo Tommaso Cannata
E allora per le quantità ingerite servirà un’indagine ad hoc. Nel frattempo, concentriamoci sulla Giornata del Panino Italiano in tutte le possibili declinazioni; e rallegriamoci pure, ché gli onori della ribalta questa volta hanno gratificato un personaggio umile, almeno in apparenza: uno che non si tira mai indietro di fronte a merende, pranzi veloci, festicciole in famiglia, catering, tavolate di amici con birra, aperitivi con lo Champagne o il Franciacorta. Un uomo per tutte le stagioni, diremmo, se non ci facesse paura l’accusa di delirio antropomorfico… o di sessismo, che è pure peggio.
In occasione della sua Giornata/Festa nazionale va visto da vicino, questo primattore, perché in questo campo le disquisizioni teoriche e statistiche sono meno gustose di una chiacchierata col cultore della materia, specie se la materia (prima) fa la parte del leone; e non potrebbe essere diversamente, trattandosi del panino, e per di più all’italiana. Per la prova sul campo scegliamo un poeta del pane, della pizza e del panino: Tommaso Cannata, con la sua sicilianissima “Boutique del pane” a Messina in via XXVII Luglio, che fa il paio con la “Sicilian Bakery” aperta da tre anni in Corso Indipendenza, a Milano.
Tommaso Cannata
Allora Cannata, come va il panino dalle sue parti? Che poi non si sa quali siano, le sue parti, visto che lei si biloca a Messina e Milano...
Le differenze esistono, ovviamente: per dirne una a Messina si vendono più panini. La nostra proposta tipica è il pane cunzato, con la nostra tuma di pecora, a pasta bianca, ricorda il primo sale, acciughe e pomodoro. Le pecore pascolano sui Nebrodi o nella piana di Catania. Ci sono però tante varianti: io propongo quella con formaggi dei Nebrodi, salumi e ortaggi sottolio, ad esempio.”
Anche grazie alla segnalazione nella guida del Gambero Rosso, lei è noto al grande pubblico come promotore del ritorno ai grani antichi siciliani: vale anche per i panini?
Certamente. Noi usiamo due tipi di grano: uno più leggero, croccantino, con farina di grano tenero Maiorca, che rende bene una volta riscaldato. Utilizziamo però anche il grano duro, o Russello o Tumminìa, con cui panifichiamo una ciabattina ai semi di sesamo. Il panino si affianca all’ampia offerta di street food della Boutique e della Bakery; abbiamo il panzerottino chiamato "pitone", la focaccia messinese, l’arancino col riso della piana di Catania e tante altre delicatezze isolane.
Al di là dell’isolano, per celebrare la Giornata del Panino Italiano lei cosa si inventerebbe?
Sceglierei un grano tenero come la Maiorca per l’impasto, da accompagnarsi con un bel prosciutto crudo stagionato al punto giusto, su cui sovrapporre Parmigiano Reggiano a scaglie; si guarnisce poi con burrata e pomodorini secchi, foglie di lattuga e olio evo della cultivar siciliana Tonda Iblea. In un colpo solo abbiamo toccato Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Sicilia: proprio un bel giro d’Italia, no?
L'importanza del companatico secondo Beppe Lojacono
Per equità, dopo il poeta del pane dobbiamo onorare l’altra metà del cielo, vale a dire il companatico: e siccome a volte basta pensare, e i desideri golosi si avverano, eccoci a tavola con Beppe Lojacono, maestro di arte norcina imprestato ai milanesi, visto che è nato nei pressi di Tropea (Vv). La sua bottega/bistrot “Sapori Stellari” di via Savona, che di meridionale ha la collocazione in Milano zona sud, ha già dato più di una soddisfazione ai gastronomi: quelli che l’etichetta gourmet la appiccicano dappertutto.
Beppe Lojacono
«Il panino gourmet che i miei clienti hanno definito "mitico" è farcito con la bresaola di polpa di chianina marinata, ricottina di bufala, una fettina di lardo di Pata Negra, pomodorini Camone di Sardegna. La polpa è di punta d’anca e proviene da uno dei migliori manzi italiani, il gigante bianco della Valdichiana, in Toscana. È macerata per 30 giorni nel suo liquido di governo, cioè aceto balsamico, marsala, chiodi di garofano, alloro, cannella, pepe in grani».
E se volessimo "sfruculiare" la sua origine calabrese e coinvolgere la ‘Nduja?
Be’, in questo caso da Sapori stellari non si usa il panino ma il crostone di pane. Si spalma la ‘nduja a mo’ di Nutella sul crostone, poi ancora una passata di crema di ricotta di bufala, e in cima una bella fettina di lardo di Pata Negra ci sta. Accompagnare il tutto con un bel rosso robusto, tipo Nero di Troia o Cannonau. Ovviamente la ‘nduja dev’essere quella autentica e non taroccata: di schifezze in giro se ne trovano tante, purtroppo.
La sua passione per il prodotto autentico/esclusivo (“ce l’ho solo io!”) è già famosa, non si preoccupi. A proposito, Lojacono, ce lo svela il segreto del panino che fa colpo?
Uno solo: pensare che lo stai facendo per te. L’ospite che lo assaggia si accorge della cura che ci hai messo e, quando lo faccio io, non può fare a meno di saziarsi: non pesa mai meno di 250 grammi, è un pasto vero e proprio!
Un panino trendy con Leonardo D'Ingeo
Dopo quest’abbuffata di italianità, per celebrare la Giornata del Panino Italiano un tocco esotico ci sta a pennello: andiamo a procurarcelo in un altro atelier del gusto, che si trova a Milano in quel magico luogo trendy che è il triangolo via Tortona-Savona-Bergognone. Le specifiche le fornisce Leonardo D’Ingeo, responsabile food per “Carico”: un bistrot che è anche cocktail bar, una proposta fusion per la gioia dei milanesi aperitivisti, nottambuli e curiosi.
L'interno del locale Carico
«Gli amanti di panini, pizze e dintorni da noi possono cominciare con la Tostada, una tortilla fritta guarnita con guacamole, polvere di curry, cipolla fermentata. In un menu segnato dalla mentalità giramondo di "Carico" non può esserci nulla di esclusivamente e assolutamente italiano: attraversa i confini pure il nostro maritozzo salato, un lievitato molto ricco di burro, servito con insalata di granchio, maionese fatta in casa, verdure fermentate e salsa agrodolce al peperoncino, sempre di nostra produzione. Se dovessi inventarmi qualcosa di italocentrico partirei comunque dal maritozzo: la farcitura potrebbe essere una tartare di Scottona piemontese, poi un kimchi alla coreana di patata fermentata, in modo da ottenere quello spunto di acidità che è sempre stuzzicante. Come rifinitura, una salsa a base di grasso di bovino Wagyu fermentato nel sakè».
Il panino italiano ci ha infine portato in Estremo Oriente, ma dovevamo aspettarcelo: siamo un paese di navigatori, di porti aperti, di incroci etnici e risonanze afro-mediterranee, ed è innaturale anche solo pensare di chiudersi in un italianismo becero, ostile al mondo là fuori. Ragion per cui vogliamo chiudere abbinando al maritozzo un signature cocktail suggeritoci da Domenico Carella, il titolare di “Carico” bistrot: che si sappia che il prodotto/panino italiano, ma anche diversamente italiano, non teme di confrontarsi con nessuno. Cocktail Purple Rain: Kombucha di té bianco, lavanda, ananas e cocco, Pisco Tabernero Acholado, Mancino vermouth ambrato, Italicus rosolio di bergamotto.