Le origini delle celebrazioni del Natale, in particolare fra le comunità cristiane, hanno una probabile data di inizio nel periodo medievale. Secondo la tradizione, il primo presepe fu quello “vivente” realizzato da San Francesco. Da allora, fissando per convenzione la data al 25 dicembre per i cattolici e al 7 gennaio successivo per gli ortodossi, le feste natalizie si svolgono sempre nello stesso periodo. Per la parte gastronomica, i festeggiamenti hanno sicuramente origini più recenti, con manifestazioni assai diverse secondo le latitudini.
Faraona
Per restare nell’ambito delle tradizioni italiane, si può dire che il nostro territorio è idealmente diviso in due parti, il centro-sud e il nord, con rituali decisamente diversi. Infatti, nei territori del centro e del meridione d’Italia, la vera festa natalizia si svolge il 24 dicembre, mentre al nord il 25. Diversi anche i tempi delle occasioni conviviali: quella del 24 è una cena, talvolta un cenone, rigorosamente di magro; quella del 25 è il sontuoso pranzo di mezzogiorno. Tuttavia, si osserva che, con il passare degli anni, in particolare dal secondo dopoguerra, le abitudini si siano modificate mescolandosi, vale a dire che ora, quasi ovunque, si festeggia sia la vigilia, sia il giorno di Natale con lo stesso impegno, pur mantenendo le caratteristiche del “magro” per il 24 e del “grasso” per il 25 dicembre. In pratica, il nord si è “meridionalizzato” è il centro-sud è diventato più “nordico”.
Carne e pesce protagonisti del cenone della Vigilia e del pranzo di Natale
Ciò è dovuto certamente all’evoluzione formatasi dapprima con il fenomeno delle migrazioni interne, da sud a nord, nel periodo che, dall’immediato dopoguerra, si è sviluppato fino agli anni ‘70 e quindi, nei decenni successivi, con una “marcia indietro” che, grazie al rapido sviluppo dei mezzi di comunicazione, della televisione e marketing, ha rivoluzionato l’intero panorama alimentare italiano con una grande protagonista di questa metamorfosi: la Dieta Mediterranea, sinonimo di cucina eccellente ma anche salutare, alla quale tutto il territorio nazionale fa oggi riferimento. Tuttavia, proprio in questa continua ricerca dei “piatti sani”, i gloriosi e tradizionali piatti di carne hanno lasciato il passo, con fortune alterne, a quelli di pesce ma ora, da qualche tempo, le cose stanno cambiando, lasciando il pesce alla vigilia e la carne come “piatto forte” del pranzo di Natale del 25 dicembre.
Naturalmente, per le feste natalizie, esistono le tradizioni regionali alle quali le famiglie non intendono rinunciare ma, anche queste, hanno subito importanti modifiche nel tempo, filtrate dalle nuove tecniche culinarie, alla ricerca di materie prime sempre più naturali e a dosi di ingredienti indubbiamente ridotte rispetto al passato. Per il classico pranzo di Natale, il ruolo del piatto di carne assume importanza decisiva poiché vi ruota attorno l’intero menu e l’accostamento ai vini.
Il segreto del successo dei piatti di carne è una buona farcitura
Pur nelle notevoli differenze dovute alla scelta della tipologia di carne, nelle diverse aree geografiche, vi è una specie di minimo comune denominatore che lega i diversi piatti: la farcitura. Ciò trae origine da una storia antica quando, nei grandi banchetti, aristocratici o dell’alta borghesia, i cuochi dimostravano la loro abilità scegliendo prima l’alimento principale, dai grandi volatili agli ovini, dai maialini agli animali da cortile come oche o anatre, quindi con grande perizia li riempivano in ordine decrescente di dimensione creando dei piatti fantastici, sia nella presentazione sia nella cottura. Lo “scalco”, figura essenziale del banchetto rinascimentale, diventava artefice di vero spettacolo quando procedeva al taglio dei grandi arrosti davanti ai commensali.
Vitello farcito
Nel tempo, tutto fu necessariamente ridimensionato nelle dosi e ora i piatti sono preparati con farciture morbide di altre carni unite a ortaggi che, oltre a garantire il gusto della portata, appagano anche la vista. Le porzioni individuali tengono in genere un peso variabile da 100 a 150 grammi.
RICETTA: Petto d’anatra all’arancia farcito
Il petto d’anatra all’arancia farcito è un secondo piatto da grandi occasioni, che ci riporta al Rinascimento quando, nella Firenze medicea, si preparava il “paparo all’arancia”. È farcito con ingredienti diversi e l’accompagnamento è formato da una bella selezione di ortaggi in agrodolce.
Ingredienti (per 4 persone): 1 petto d’anatra del peso di 400 g circa, 1 dl di vino rosso, 1,5 dl di succo d’arancia, la buccia di 2 arance (solo la parte arancione), 1 dl di olio d’oliva extravergine, 1 mestolino di brodo, 1 rametto di rosmarino e di timo, 50 g di panna, 1 tuorlo d’uovo, 1 cucchiaio di pistacchi spellati, 1 scalogno, 1 mazzetto di erbe aromatiche (prezzemolo e timo), sale e pepe
Per gli ortaggi in agrodolce: 400 g di ortaggi misti (1 rapa, 1carota, 1 zucchina, 2 coste di sedano verde, 1 mela), 2 foglie di alloro, 2 chiodi di garofano, 10 granelli di pepe nero, 1 cucchiaino di succo di limone, 50 g di zucchero, 2 dl di aceto di vino bianco o di mele, sale
Petto d'anatra all'arancia farcito
Preparazione: per preparare gli ortaggi in agrodolce pulire tutti gli ortaggi e la mela, lavarli e dividerli a pezzi regolari. Far cuocere, separatamente, in acqua salata in ebollizione, i pezzi di rape e di carote per 4 minuti, il sedano verde e le zucchine per 3 minuti e scolarli.
Mettere lo zucchero in un tegame con un cucchiaio di acqua e il succo di limone e farlo cuocere finché sarà leggermente caramellato; versare l’aceto, aggiungere l’alloro, i chiodi di garofano, i granelli di pepe, un pizzico di sale, gli ortaggi preparati e i pezzi di mela. Versarvi acqua a sufficienza per coprire gli ortaggi, portare a ebollizione e togliere il tegame dal fuoco; lasciare gli ortaggi nel liquido di cottura fino al momento di utilizzarli.
Preparare il ripieno: lavare il petto d’anatra, inciderlo, nel senso della lunghezza con un coltello formando una tasca, pareggiare la polpa, tritare i ritagli e i filetti e metterli in una ciotola. Tritare lo scalogno, farlo appassire con 2 cucchiai di olio e unirlo alla carne tritata; aggiungervi la buccia di un’arancia, scottata e tritata, i pistacchi, il prezzemolo e il timo tritati, il tuorlo d’uovo, un pizzico di sale e pepe e la panna; amalgamarli e farcire il petto d’anatra utilizzando una tasca da pasticceria; chiuderlo e insaporirlo con sale e pepe.
Nel frattempo, tagliare a listerelle sottili la buccia d’arancia rimasta, farle scottare per 2 minuti in acqua in ebollizione e scolarle; far ridurre a metà il succo d’arancia e unirvi le listerelle scottate.
In una padella, fare scaldare l’olio con il timo e il rosmarino e farvi rosolare il petto d’anatra facendolo dorare da tutte le parti; aggiungere il brodo e continuare la cottura in forno, preriscaldato a 180°C, per 10-15 minuti, irrorandolo di tanto in tanto.
Toglierlo dal forno, scolarlo e farlo riposare per qualche minuto, coperto al caldo. Eliminare il grasso di cottura, aggiungere il vino e far staccare il fondo di cottura mescolandolo con un cucchiaio di legno; far ridurre la salsa alla metà, aggiungervi il succo d’arancia ridotto con le listerelle di buccia e fare sobbollire per 2 minuti circa.
Servire il petto d’anatra caldo, accompagnandolo con la salsa all’arancia e gli ortaggi in agrodolce ben scolati.