Un italiano su due beve caffè tutti i giorni A Brescia il più caro, 1,30 euro a tazzina
20 febbraio 2017 | 17:25
Solo espresso, quasi esclusivamente bar. In Italia il caffè non conosce altre declinazioni tanto che il mercato del bar, che assorbe quasi il 23% delle quantità consumate porta però all’80% del valore. Dai dati, il 41% della popolazione italiana adulta consuma una tazza di caffè al bar almeno una volta a settimana. L'Italia è al quinto posto fra i maggiori Paesi importatori ed è al decimo posto in Europa per consumi pro-capite vista la modalità di consumo, per colazione e dopo pranzo e non come bevanda per accompagnare i pasti e la giornata come invece avviene negli altri Paesi.
Complessivamente i consumi mondiali pro-capite all’anno si aggirano sui 4,4 chilogrammi e si va dagli 11,4 chili della Finlandia ai 2,37 del Portogallo per passare attraverso i 4,20 chili degli Usa e i 5,20 della media nell'area Ue dove emerge il dato Tedesco: 7,60 chili a testa. In Italia chi consuma più caffè sono gli abitanti del Meridione, 34% il 25% lo prende al bar, seguiti dalla popolazione del Nord Ovest, 27% dei consumi e 33% al bar, mentre Nord Est e Centro si attestano attorno al 20% di consumo di caffè.
A Tirreno CT, in corso fino al 22 febbraio a Carrara Fiere, il caffè è tra i protagonisti con le ultime novità del settore in termini di macchine per la lavorazione e per la caffetteria, ma anche con la presenza delle più importanti torrefazioni italiane. Una tazzina di caffè al bar varia da 0,80 centesimi di Catanzaro e Messina all'1,3 euro di Brescia per un valore medio in Italia di 0,98 centesimi. In Toscana ad Arezzo, Grosseto e Pistoia si paga 1 euro, a Firenze e Livorno 1,10. Del cappuccino, Brescia con 1,90 euro è la più cara mentre quella più conveniente risulta essere Bergamo 1,10 euro. In Toscana Arezzo, Firenze, Pistoia e Grosseto si attestano tutte a 1,30 euro, mentre a Livorno costa 1.40 euro.
Vittorio Pieri, titolare Arcaffè Italia e Ekaf Caffè Cellini: «Quello della caffetteria è un settore in crescita e con una età media dei titolare molto più bassa di quella degli altri segmenti. Aprire un bar è la scelta di molti giovani in cerca di un futuro». Per Pieri, «la riuscita e il successo di un bar ruotano attorno alla qualità del servizio che vuol dire qualità del caffè offerto». In termini di produzione, il titolare di Arcaffè sottolinea come «negli ultimi due anni il Vietnam abbiamo puntato sulla produzione di caffè, al posto del tradizionale riso, per diventare il maggior produttore al mondo di Robusta. Il Brasile, che anche il maggior consumatore di caffè pro-capite, è il più importante produttore di Arabica. Anche per le nostre miscele utilizziamo caffè prevenienti da Brasile, Vietnam e Sri Lanka, ma anche da altri Paesi con percentuali che possono variare in base alla qualità delle annate».
Per quanto riguarda l’Italia, il mercato risente della geografica dei vari consumatori. «Quello italiano è un mercato frammentato - continua Pieri - con miscele che variano in base e esigenze territoriali. Lungo le zone costiere, per riuscire a mitigare gli effetti climatici dovuti al mare, le miscele hanno una base di 50% Arabica e 50% Robusta mentre nell’interno, nelle grandi città come Milano, Bologna, Roma la tendenza è a offrire caffè più profumati con una maggiore percentuale di Arabica». Infine il biologico. «Abbiamo una linea 100% bio che acquistiamo da piantagioni certificate. È un segmento che prende sempre più piede, anche se i costi sono maggiori. È sicuramente un prodotto diverso, di qualità eccellente. Il bio vale il 5% del nostro fatturato».
Complessivamente i consumi mondiali pro-capite all’anno si aggirano sui 4,4 chilogrammi e si va dagli 11,4 chili della Finlandia ai 2,37 del Portogallo per passare attraverso i 4,20 chili degli Usa e i 5,20 della media nell'area Ue dove emerge il dato Tedesco: 7,60 chili a testa. In Italia chi consuma più caffè sono gli abitanti del Meridione, 34% il 25% lo prende al bar, seguiti dalla popolazione del Nord Ovest, 27% dei consumi e 33% al bar, mentre Nord Est e Centro si attestano attorno al 20% di consumo di caffè.
A Tirreno CT, in corso fino al 22 febbraio a Carrara Fiere, il caffè è tra i protagonisti con le ultime novità del settore in termini di macchine per la lavorazione e per la caffetteria, ma anche con la presenza delle più importanti torrefazioni italiane. Una tazzina di caffè al bar varia da 0,80 centesimi di Catanzaro e Messina all'1,3 euro di Brescia per un valore medio in Italia di 0,98 centesimi. In Toscana ad Arezzo, Grosseto e Pistoia si paga 1 euro, a Firenze e Livorno 1,10. Del cappuccino, Brescia con 1,90 euro è la più cara mentre quella più conveniente risulta essere Bergamo 1,10 euro. In Toscana Arezzo, Firenze, Pistoia e Grosseto si attestano tutte a 1,30 euro, mentre a Livorno costa 1.40 euro.
Vittorio Pieri, titolare Arcaffè Italia e Ekaf Caffè Cellini: «Quello della caffetteria è un settore in crescita e con una età media dei titolare molto più bassa di quella degli altri segmenti. Aprire un bar è la scelta di molti giovani in cerca di un futuro». Per Pieri, «la riuscita e il successo di un bar ruotano attorno alla qualità del servizio che vuol dire qualità del caffè offerto». In termini di produzione, il titolare di Arcaffè sottolinea come «negli ultimi due anni il Vietnam abbiamo puntato sulla produzione di caffè, al posto del tradizionale riso, per diventare il maggior produttore al mondo di Robusta. Il Brasile, che anche il maggior consumatore di caffè pro-capite, è il più importante produttore di Arabica. Anche per le nostre miscele utilizziamo caffè prevenienti da Brasile, Vietnam e Sri Lanka, ma anche da altri Paesi con percentuali che possono variare in base alla qualità delle annate».
Per quanto riguarda l’Italia, il mercato risente della geografica dei vari consumatori. «Quello italiano è un mercato frammentato - continua Pieri - con miscele che variano in base e esigenze territoriali. Lungo le zone costiere, per riuscire a mitigare gli effetti climatici dovuti al mare, le miscele hanno una base di 50% Arabica e 50% Robusta mentre nell’interno, nelle grandi città come Milano, Bologna, Roma la tendenza è a offrire caffè più profumati con una maggiore percentuale di Arabica». Infine il biologico. «Abbiamo una linea 100% bio che acquistiamo da piantagioni certificate. È un segmento che prende sempre più piede, anche se i costi sono maggiori. È sicuramente un prodotto diverso, di qualità eccellente. Il bio vale il 5% del nostro fatturato».
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Alberto Lupini
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