Pecorino toscano: buono, sano e sempre più tracciabile col cellulare
L'azienda Farzati ha messo a punto un progetto che consentirà di tracciare provenienza e qualità del pecorino toscano. Un prodotto storico e tutelato dalla denominazione DOP, oggi ancora più sano e sicuro
Un nuovo sistema di monitoraggio costante e in tempo reale consentirà al consumatore del Pecorino Toscano DOP di conoscere ogni dettaglio della sua produzione, passando per ogni fase dell'intera filiera. Sarà una vera e propria "etichetta parlante" con una tracciabilità certificata dall'organismo di controllo (DQA). Si tratta di uno strumento altamente tecnologico che rappresenta un'importante evoluzione rispetto ai sistemi già in uso da quando l'innovazione digitale è entrata nell’ambito delle filiere agroalimentari rispondendo alle esigenze dei consumatori di conoscere sempre più l'origine dei prodotti da mettere in tavola.
Pecorino toscano dop e tecnologia blockchain
In collaborazione con altri caseifici, Il Consorzio Tutela del Pecorino Toscano DOP col, DQA (Dipartimento di qualità agroalimentare), ente di certificazione dell’intera filiera e Farzati Spa, con la sua controllata Farzati Tech, hanno realizzato così un progetto sperimentale che vede protagonista questo prodotto della tradizione casearia toscana e che garantisce grazie alla blockchain e ad altre tecniche digitali altamente innovative, la sua tracciabilità e qualità partendo dal latte utilizzato per la produzione del formaggio, passando attraverso l’intero percorso del prodotto fino alla distribuzione.
Nata nel mondo finanziario, la tecnologia blockchain ha trovato anche nel settore dell’agrifood una sua perfetta ragion d’essere, rappresentando sin da subito un plus in fatto di sicurezza, distribuzione e inconfutabilità del prodotto, grazie all’utilizzo di informazioni di partenza certe ed inequivocabili. Ma non solo il progetto avvantaggia acquirenti e consumatori, perché sono gli stessi produttori a volersi presentare e distinguersi in termini di trasparenza e qualità delle rispettive produzioni. Non irrilevante è poi il risultato in termini di maggiore incisività comunicativa.
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A fornire tali informazioni d’origine certe pensa la bio fingerprint ideata da Farzati S.p.A. La bio fingerprint è un’impronta biochimica resa digitale attraverso l'intelligenza artificiale e rilevata con un dispositivo portatile che traccia e riconosce, tramite la spettrometria a infrarossi vicini Nir, le molecole che compongono il prodotto. In questo modo viene mappato il percorso di tracciabilità, definendone precisamente la sua impronta e la sua origine. Tale tecnologia chiamata BluDev, consente di poter rilasciare il foodpassport di un qualsiasi prodotto; in estrema sintesi con questa tecnica innovativa il prodotto rappresenta la sua stessa etichetta, permettendo così al consumatore finale, tramite il suo smartphone, di poter conoscere l’intera storia del prodotto stesso. Il sistema, infine, costituisce anche un contrasto strategico alle frodi e alla contraffazione che troppo spesso subisce il nostro migliore made in Italy, come l’italian sounding o il grey market.
Pecorino toscano Dop, due tipologie: fresco e stagionato
La prima tipologia, il pecorino fresco, ha un periodo minimo di stagionatura di 20 giorni ed ha un profumo di latte fresco con sentori erbacei, sapore dolce e sapido, ideale per preparazioni varie da cuocere, oppure gustato con frutta fresca e confetture. La seconda tipologia, pecorino stagionato, invece richiede una stagionatura minima di 4 mesi. La pasta si presenta semidura e friabile con profumo di burro cotto ed erba fermentata con intensità di sapore. Ideale a fine pasto, abbinato a miele di castagno e frutta secca.
Pecorino toscano, un alimento storico
Questo "cacio", così era chiamato nel linguaggio corrente in Toscana - e lo è ancora oggi nelle campagne - ha una storia antica ed è sempre stata una risorsa preziosa delle popolazioni rurali che praticavano l'allevamento di pecore. Questa eccellenza regionale vanta infatti una storia antica a cominciare da quella degli etruschi e dei romani. Ne parla già Plinio il Vecchio nella "Naturalis Historia" citando quello della Lunigiana amatissimo nelle mense dell'epoca - soprattutto il marzolino- e nel 1400 un testo di Bartolomeo Platina lo colloca sul podio dei migliori insieme al Parmigiano.
Secondo il disciplinare del Consorzio che detta le regole di ogni fase del processo produttivo a partire dalla mungitura e prima ancora dall'alimentazione degli ovini, può essere prodotto in tutta la Toscana e in alcuni comuni limitrofi in Umbria e nel Lazio. Dal 1996 vanta il riconoscimento della DOP, la Denominazione di Origine Protetta per il suo sapore unico e delicato frutto dell'equilibrio tra natura,ambiente e sapienza antica.
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