Non si possono chiamare latte… Ma quelli vegetali sfidano il vaccino
Il latte di mucca resta il re, ma crescono le vendite le bevande "bianche" a base di piante (non solo di soia) con un +10,7% in un anno. In aumento anche la produzione italiana
23 maggio 2021 | 15:55
Non si può chiamare latte, una sentenza della Corte di Giustizia Ue lo impedisce, ma ormai campeggiano nei banconi del bar e nel frigo di casa come bevande alternative al latte vaccino e, pur rappresentando una nicchia di mercato, anche nell'anno della pandemia mostra tendenze di crescita a doppia cifra e sta diventando un modo di bere sempre più diffuso e che l’anno scorso si è basato su una produzione di 2,6 milioni di tonnellate (per lo più impiegate per fare formaggio).
Quello di soia ha fatto da apripista negli ultimi cinque anni in Italia, ma la gamma di proposte a base vegetale annovera prodotti a base cereali, ma anche noci e ortofrutta. Nel 2020, secondo dati IRI Infoscan Iper + Super + LSP - AT 2020, il mercato delle bevande vegetali ha raggiunto 204 milioni di euro di fatturato di sell-out, in crescita di 10,7% rispetto al 2019, sviluppando 95.337 tonnellate (+11,1% rispetto all'anno precedente). Di contro il mercato delle alternative vegetali allo yogurt cala a volume registrando 7.532 tonnellate (-2,4% in un anno).
Una moda,come ricorda l'ANSA, cavalcata da multinazionali ma anche da realtà italiane, come Granarolo, Centrale del Latte d'Italia e Tre Valli, anche se il tema è divisivo nel comparto zootecnico che non ci sta a mandare nel dimenticatoio il rito della mungitura e della produzione lattiera, già sotto smacco a causa dell'emergenza sanitaria e della chiusura pressoché totale del canale Ho.Re.Ca. in Italia ed in molti Paesi.
Agrinsieme, il coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, lamenta la crescente disaffezione dei consumatori verso il latte vaccino, a causa della promozione del consumo di proteine vegetali, con un calo degli acquisti del 5% annuo. E ricorda l'importanza del settore lattiero-caseario, con un fatturato di circa 16,5 miliardi di euro, che rappresenta 11,5% del totale del fatturato industriale dell'agroalimentare. La spesa annua delle famiglie sui prodotti del settore si aggira sui 20 miliardi di euro.
Quello di soia ha fatto da apripista negli ultimi cinque anni in Italia, ma la gamma di proposte a base vegetale annovera prodotti a base cereali, ma anche noci e ortofrutta. Nel 2020, secondo dati IRI Infoscan Iper + Super + LSP - AT 2020, il mercato delle bevande vegetali ha raggiunto 204 milioni di euro di fatturato di sell-out, in crescita di 10,7% rispetto al 2019, sviluppando 95.337 tonnellate (+11,1% rispetto all'anno precedente). Di contro il mercato delle alternative vegetali allo yogurt cala a volume registrando 7.532 tonnellate (-2,4% in un anno).
Una moda,come ricorda l'ANSA, cavalcata da multinazionali ma anche da realtà italiane, come Granarolo, Centrale del Latte d'Italia e Tre Valli, anche se il tema è divisivo nel comparto zootecnico che non ci sta a mandare nel dimenticatoio il rito della mungitura e della produzione lattiera, già sotto smacco a causa dell'emergenza sanitaria e della chiusura pressoché totale del canale Ho.Re.Ca. in Italia ed in molti Paesi.
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Alberto Lupini
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