Ostriche e champagne a Natale. Cosa c’è di meglio? Soprattutto se si potrà risparmiare qualcosa per l’accompagnamento del brindisi. Fra gli emendamenti alla Legge di Bilancio in discussione al Parlamento, infatti, è spuntata la richiesta di abbassare l’Iva per le ostriche passando dal 22 al 10%. Un intervento che farebbe bene tanto ai consumatori quanto ai produttori. I primi potrebbero avvantaggiarsi di un’offerta più competitiva, i secondi di un abbassamento dei costi utile a sostenere un settore in forte ascesa (seppure con quantitativi ancora ridotti).
Con l'Iva al 10% vantaggi per i produttori e le casse dello Stato
«Secondo me l’abbassamento dell’Iva è un passaggio doveroso», afferma Giuseppe Prioli presidente dell’Associazione mediterranea pescicoltori. I motivi sono diversi. In primo luogo, il produttore potrebbe aumentare i margini di guadagno che, al momento, vedono una remunerazione dai 3,5 agli 8 euro al chilo. «Poco se consideriamo che per altri tipi di pesce, come il rombo per esempio, le cifre sono ben più alte e l’Iva rimane al 10%», precisa Prioli. In secondo luogo, verrebbe sostenuto lo sforzo di sviluppare quella che ora è solo una nicchia ma ha ampi margini di miglioramento: «In totale, in Italia, sono circa 100 le tonnellate di ostriche prodotte. Con la riduzione dell’Iva si avrebbe un ammanco di 70-80mila euro che, però, potrebbe essere velocemente guadagnato dall’aumento della produzione. D’altronde, quello dell’ostricoltura è uno dei comparti strategici per la sostenibilità e la diversificazione dell’acquacoltura. Abbassando l’Iva si potrebbe dare maggiore slancio alla sua evoluzione», sostiene Prioli.
Un'imposta troppo alta scoraggia i consumatori
Dello stesso avviso è anche Cristian Bertarelli, professione allevatore di vongole e associato Api (Associazione piscicoltori italiani): «Quello delle ostriche è un settore ancora di nicchia ma che sta prendendo sempre più piede anche grazie all’alta qualità della produzione italiana. In questo senso, un’Iva non adeguata non aiuta a far prendere quota a questo tipo di allevamenti. Da un lato scoraggia il consumo del cliente finale, dall’altro penalizza gli eventuali investimenti dei produttori». Investimenti quanto mai necessari per adattare l’allevamento delle ostriche alle nostro latitudini e alle nostre condizioni ambientali. Ben diverse, per esempio, da quelle della Francia: patria per antonomasia delle ostriche. «Ma questo non deve scoraggiarci - afferma Bertarelli - la tecnologia è in evoluzione e le soluzioni sono a portata di mano, alcune sono già state implementate. In più in Italia possiamo garantire una qualità delle acque superiore», precisa Bertarelli.
Italia-Francia, anche sulle ostriche è derby
Eppure, come ricorda Prioli siamo stati proprio noi italiani a insegnare ai francesi come allevare le ostriche: «È successo nell’800. Da allora in poi noi abbiamo perso questa tradizione e loro hanno sfruttato maggiormente la conformazione delle loro coste che gli permette di evitare gli impianti off shore (ossia al largo delle coste, ndr) che utilizziamo in Italia con relativo abbattimento dei costi di produzione». Ecco allora che spingere, con l’abbassamento dell’Iva, verso un mercato più competitivo, trasparente e abbordabile permetterebbe anche di dare nuovo impulso alla produttività.
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Giuseppe Prioli: «Ostrica bene di lusso? Solo un retaggio culturale»
Anche perché, nel frattempo, l’ostrica sta via via diventando un prodotto di consumo sempre più democratico: «A livello commerciale dobbiamo finalmente sdoganare l’ostrica come un prodotto accessibile. Considerarla un lusso è un retaggio culturale quasi Rinascimentale. Ma basta guardarsi attorno per vedere come l’ostrica sia un alimento ad oggi molto diffuso. In Francia per esempio è alla base di diversi format commerciali, si può trovare in negozi specializzati e anche nella grande distribuzione oltre che nei ristoranti», conclude Prioli.
Esclusività addio, l'ostrica si trova anche online e in sempre più ristoranti
Una posizione condivisa anche da Luca Nicola, fondatore di I love Ostrica, boutique online per l'acquisto di crudité di alta qualità: «Per lungo tempo l'ostrica è stata ritenuta un alimento di lusso, ma la verità è che è ancora un alimento poco conosciuto o non molto gradito a tutti. In ogni caso parliamo sempre di un prodotto di allevamento che dovrebbe un po' dismettere l'alone di esclusività, dettato principalmente dalla storia del consumo fin da epoche antiche». E se a questa operazione "culturale" si associasse anche un aiuto fiscale allora «per la mia attività sarebbe una botta di fortuna. In questo modo riusciremo senza dubbio ad aumentare il bacino dei nostri potenziali consumatori avvicinando anche chi si faceva qualche scrupolo per il prezzo», afferma Nicoli.
Processo, quello dell'allargamento della clientela, che I love Ostrica porta già avanti da diverso tempo grazie agli eventi della Oyster Academy: «Si tratta di appuntamenti di approfondimento, realizzati anche all'interno di ristoranti, che ci permettono di fare educazione alimentare non solo ai clienti finali ma anche ai ristoratori stessi. Per molti di loro, infatti, l'ostrica ha spesso rappresentato solo uno degli ingredienti di un piatto di crudité, ma i suoi usi e abbinamenti sono molteplici», spiega Nicoli. Il prossimo passo, dunque, sarà quello di promuovere il prodotto Made in Italy: «Al momento parliamo ancora di quantità limitate, ma la qualità c'è e in alcuni casi può rivaleggiare con il prodotto francese», conclude Nicoli.
La riduzione dell'Iva rischia di non bastare per abbassare i prezzi
E i ristoratori, cosa dicono? Lo abbiamo chiesto a Vito Fiusco, titolare della risto-pescheria Fisherman Burger: «La diminuzione dell'Iva sarebbe sicuramente vantaggiosa, sia lato cliente che lato imprenditore». Per lui, però, il problema vero legato a questo mollusco è un altro: «Le ostriche possono girare il mondo. Da noi arrivano direttamente dalla Francia o dalla Gran Bretagna e con lo stato attuale delle dogane il rischio è che a fronte di una diminuzione dell'Iva schizzino in alto i prezzi di importazione. Quest'ultimi, a cascata, finiranno per ripercuotersi lungo la filiera di approvvigionamento per arrivare a colpire il consumatore», sostiene Fiusco. Meglio quindi accelerare sull'acquacoltura italiana e trasformare le ostriche in un'altra eccellenza Made in Italy.
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Alberto Lupini
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