Caro tazzina, i baristi non ci stanno «Stiamo lottando per sopravvivere»

I gestori dei bar rifiutano le accuse di aumenti generalizzati dei prezzi del caffè al banco. Da Milano a Napoli, nella maggior parte dei locali il prezzo dell'espresso è rimasto invariato . Il vicepresidente di Fipe, Aldo Cursano: «Da untori a speculatori, non possiamo accettare di essere trattati in questo modo»

21 maggio 2020 | 16:38
di Sergio Cotti
Lungo, macchiato o corretto; amaro, ristretto o decaffeinato. Gli italiani hanno ritrovato quasi dapertutto il piacere di gustare le mille varianti dell’espresso al bar, dopo due mesi di astinenza forzata. Secondo un'indagine di Fipe, infatti, il 93% dei locali si dice pronto a ripartire e la maggior parte di questi lo ha già fatto nei giorni scorsi. Ma non sono pochi gli italiani che al banco hanno trovato un conto un po’ più salato rispetto al passato. Da Milano a Firenze, da Roma a Palermo, il prezzo della tazzina oscilla come non aveva mai fatto in passato (o forse sì, dice qualcuno, ai tempi dell’entrata in vigore dell’euro). Dai 90 centesimi di tante località del Sud, fino ai 2 euro di alcuni locali milanesi e romani, basta entrare in qualsiasi locale d’Italia per rendersi conto che il valore del caffè al banco può variare anche in maniera sensibile. Non che fosse molto diverso anche prima dell’emergenza coronavirus; sta di fatto che la segnalazione del Codacons, che nei giorni scorsi ha parlato di un aumento generalizzato e ingiustificato dei prezzi, non è affatto piaciuto ai baristi, che respingono al mittente le accuse, arrivando a parlare di una “campagna diffamatoria” nei loro confronti.

Un caffè servito al banco con guanti e mascherina

«Prima untori, ora speculatori. Non possiamo accettare di essere trattati così». La reazione di Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe, è tranchante: «In questo momento i pubblici esercizi hanno un’unica priorità: riportare le persone nei locali garantendo loro il massimo della sicurezza e della convenienza. Attaccare in modo indiscriminato l’intero comparto, alzando un polverone ingiustificato sull’aumento dei prezzi, non è soltanto discutibile sul piano della responsabilità ma anche in termini legali, ecco perché come Federazione metteremo in campo ogni iniziativa per tutelare l’immagine della categoria. Molti imprenditori hanno riaperto per dare un segnale di fiducia pur consapevoli che in tanti casi i costi saranno ben superiori agli introiti a causa dei pochi clienti, altro che rincaro dei prezzi».

Aldo Cursano

«Ogni volta che ci troviamo ad affrontare una situazione difficile in cui sono in gioco imprese e posti di lavoro parte un’azione preordinata che vuole trasformare in speculazione pochi casi sparsi qua e là per la penisola – prosegue Cursano – È successo con il passaggio dalla lira all’euro e si ripete oggi in una situazione ancora più difficile di allora. Non sono passate neppure 24 ore dalla riapertura dei bar dopo 69 giorni di lockdown che alcuni presunti rincari diventano il presupposto per denunciare un diffuso e pesante aumento dei prezzi in bar e ristoranti. Saremmo curiosi di vedere quali sono i dati che hanno portato a tale conclusione. Pur confidando nel fatto che le statistiche ufficiali smentiranno queste fantasiose ricostruzioni siamo preoccupati dal danno di immagine e reputazione al settore che deriverà da queste statistiche fai da te, proprio nel momento in cui si lotta per sopravvivere. Per quanto ci riguarda non smetteremo di ricordare alle imprese che occorre far leva su iniziative di promozione e comunicazione in grado di riportare i clienti nei locali. Per questo abbiamo realizzato la piattaforma www.cirivediamopresto.it nella quale, attraverso la possibilità di acquistare voucher a prezzo scontato, l’incontro tra imprese e consumatori è vantaggioso per entrambi».

Ementre, sempre secondo lo studio di Fipe, un italiano su 4 si dice pronto a pagare un po' di più il caffè, se servito in locali che garantiscono la sicurezza, da Torino a Napoli, passando per Bergamo e per altre città da nord a sud dello Stivale, nessuno ammette di aver ritoccato i prezzi - e neppure questo pare effettivamente coincidere con la verità dei fatti – ma quel che è certo è che l’associazione che difende i consumatori ha senz’altro preso alla leggera e deformato una questione che in realtà è assai delicata. Trarre conclusioni e statistiche da casi apparentemente isolati, è il pensiero di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, non è corretto e rischia di dare un’immagine distorta di ciò che sta avvenendo in Italia in questi giorni di ripartenza, in cui i 150mila bar presenti sul territorio nazionale provano a rimettere in moto una macchina che oltre alla benzina sembra aver bisogno di una profonda revisione.

Luciano Sbraga

«Hanno costruito una tempesta in un bicchiere d’acqua», dice Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi di Fipe, commentando la denuncia del Codacons. «Il fatto che ci siano dei rincari di pezzo ci può stare, ma non è possibile parlare di un trend generale in grado di spostare qualcosa sull’impatto del potere d’acquisto dei consumatori o sulla dinamica dell’inflazione. Viceversa, ci sono aziende che stanno cercando di ricostruire un rapporto equilibrato tra costi e ricavi», spiega, rimandando a dati più attendibili «che – continua – dimostreranno come il prezzo della tazzina non sarà aumentato in maniera considerevole».

Insomma, ne va della sopravvivenza delle imprese; da parte sua la Fipe si dice “contraria” a una politica di aumento dei prezzi: «In questo momento l’obiettivo è di riportare i clienti nei locali attraverso anche iniziative di promozione – dice ancora Sbraga – ma non si può mettere la croce su qualcuno che sta cercando di far tornare i conti dopo due mesi di chiusura».

Bergamo
Intanto, nessuno dei tanti baristi interpellati da nord a sud ha dichiarato di aver ritoccato i prezzi alla riapertura dei propri locali, anzi, c’è qualcuno che racconta di averli addirittura abbassati. È il caso di Alberto Brambilla, responsabile del bar “035” di Bergamo: «Aver riaperto è già una conquista – dice – Noi abbiamo preferito abbassare il prezzo della tazzina da 1,10 euro a 1 euro per una questione di comodità, legata soprattutto al resto, per evitare il più possibile il contatto con la moneta. Questo non è senz’altro il momento di alzare i prezzi».

Milano
In centro a Milano i prezzi variano da 1 euro del Caffè Sforzesco in via Dante, a un 1,30 da Cracco, Marchesi in Galleria e Lavazza in Piazza San Fedele; 1,80 da Starbucks in Cordusio; 1,30 da Cafezal in via Solferino. Tutti in linea con i prezzi pre-covid. Ma c’è anche chi ha trovato un modo alternativo per tagliare i costi senza rinunciare alla qualità: «Noi vendiamo la tazzina a 50 centesimi. Come ci riusciamo? Siamo noi i produttori diretti del caffè», dice Laura Fabio, tra i soci del marchio milanese Il Caffè del mio bar.

Napoli
Da Napoli, Guglielmo Campajola titolare del bar La Caffettiera assicura: «Il prezzo della tazzina è rimasto invariato a  1,10 euro. Pur essendo consapevoli dei costi aggiuntivi che hanno sopportato i locali – dice – la scelta dell’azienda è stata quella di mantenere i costi del passato».

Torino
Stessa scena a Torino, dove il Caffè San Carlo, uno dei locali storici nel salotto buono della città, ha riaperto con il prezzo di 1,20 euro la tazzina al bancone, così come aveva chiuso a inizio marzo. Prezzi invariati anche in altri locali del centro, a Mirafiori e Crocetta

«Il problema dell’aumento del costo della tazzina non è legato ai maggiori costi di gestione, seppure questi diano innegabili, ma è - e deve essere - legato alla qualità del prodotto servito – dice Fabio Verona, responsabile della qualità e della formazione di Costadoro – Il prezzo di vendita dell’espresso è rimasto fermo da troppo tempo e molti baristi per poter stare dietro agli aumenti generali sono scesi a compromessi con la qualità. Questo specifico momento può aiutare a dare una svolta facendo finalmente percepire la differenza sulla qualità del prodotto e sulla professionalità del barista».

Roma
A Roma la maggioranza degli esercenti ha evitato di ritoccare i listini. I costi aggiuntivi per le nuove regole incidono, certo, e pesantemente ma non è ancora il momento di fare i conti. E se alla cassa non sono stati battuti quei 10/20 centesimi in più per il caffè, non è mancata la solidarietà e l'incoraggiamento dei clienti con qualche moneta in più nel box delle mance. Alcuni hanno optato per un rinvio, sia per poter essere davvero con le nuove regole che per l'incertezza del mercato ma la maggior parte dei mille e più bar romani hanno tirato su la serranda, sia quelli modesti che quelli storici come Canova in piazza del Popolo, celebre ritrovo della gente di cinema, che ha anche una galleria dedicata a Federico Fellini. «Abbiamo aperto subito senza problemi - ci dice Daniela Santo - con tutte le garanzie di sicurezza per i nostri clienti che sono stati felici di tornare e di sedersi nei nostri tavolini all'aperto, ricollocati secondo le regole. No, non c'è alcun aumento di prezzo e non lo prevediamo».

Ha riaperto subito anche Le Levain, bar  boulangerie-pâtisserie di Trastevere che durante il lockdown ha lavorato con il delivery. «Subito sono tornati a trovarci alcuni dei nostri clienti affezionati - ha detto il titolare Giuseppe Solfrizzi - e, con sorpresa, anche dei clienti nuovi che ci hanno conosciuto proprio tramite il servizio di delivery. Abbiamo notato da una parte il loro desiderio di uscire e dall'altra anche il timore di dover affrontare questa fase e l'attenzione che hanno nel verificare che vengano rispettate tutte le misure di sicurezza prescritte.  I nostri prezzi sono rimasti invariati come anche la qualità dei nostri prodotti. Certamente è difficile fare delle previsioni per il futuro, occorre vedere come andranno le prossime settimane, ma stiamo lavorando per trovare nuove soluzioni».

Anche Marta Boccanera, titolare del bar pasticceria Gruè, si è fatta trovare pronta, e con tanto entusiasmo, allo start.  «Prima del 18 maggio abbiamo lavorato col take away ma ora siamo aperti sette giorni su sette. I nostri clienti ci hanno seguito anche durante il lockdown incoraggiandoci con mail e telefonate e ora possiamo finalmente accoglierli con tutte le garanzie di sicurezza. Il locale ha tre porte e così abbiamo potuto creare un percorso a senso unico. Tutto è in regola: riposizionamento dei tavolini con divisori di plexiglass, dispenser igienizzante, adesivi a terra e il personale è dotato di mascherine e guanti. Abbiamo anche un gazebo con i tavolini distanziati a un metro e mezzo.  Inoltre c'è un icona esplicativa in italiano e in inglese. Ma l'atmosfera è accogliente, tutt'altro che ospedaliera. Abbiamo aperto anche con tante nuove idee, come un box da asporto con cose buone dolci o salate per fare un pic nic o per consumarle a casa o al lavoro".

E niente aumento di prezzi, garantisce, soprattutto sul caffè che veicola il resto dell'offerta, anche se un piccolo ritocco sulle monoporzioni della pasticceria era già previsto pre-Covid. Altri bar hanno fatto slittare la riapertura solo di qualche giorno come Il Marchese di Via di Ripetta. Anche qui tutto è pronto per accogliere la clientela, dalla sanificazione al riposizionamento dei tavoli.

Dovranno fare a meno invece del bancone i clienti del bar del Tuo Vissani di Piazza San Pantaleo, come ci dice il barman Bruno Rocco, perché il servizio sarà solo i tavoli che saranno separati da barriere di plexiglass. E anche in questo caso, c'è il no assoluto al rincaro dei prezzi.

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Alberto Lupini


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