Carne sintetica, dagli esperti dubbi su opportunità e sostenibilità per la filiera

L'investimento di due milioni di dollari in altrettante aziende olandesi ha sollevato diversi dubbi sulla carne prodotta in laboratorio. L'esperto Vincenzo Peretti: «Prodotto e impatto sull'economia da valutare»

02 novembre 2021 | 16:05

La carne sintetica non convince gli italiani. Nemmeno quelli esperti. Soprattutto se attira milioni di euro di finanziamento pubblico i cui risvolti sono spesso difficili da decifrare mentre lascia aperte numerose questioni relative al futuro dell'intera filiera della carne, quella tradizionale.

 

Prodotto e conseguenze economiche non convincono gli esperti

Partiamo dalla cronaca. La Nutreco e la Mosa Meat, due aziende olandesi (sulla seconda ha investito anche l'attore americano Leonardo Di Caprio), hanno ricevuto un finanziamento di due milioni di euro da parte dell'Unione Europea. L'obiettivo è quello di proseguire la ricerca e migliorare la produzione della carne in laboratorio da cellule in vitro. Un aiuto che ha sollevato diversi dubbi, compresi quello del professore di Medicina veterinaria e produzioni animali dell'Università "Federico II" di Napoli, Vincenzo Peretti.

 

Due, in particolare, i motivi per cui avversare la scelta: «Il primo è la scelta sbagliata di sostenere, con fondi europei, società che puntano al mercato globale, distribuendo per carne prodotti ottenuti dalla moltiplicazione cellulare in laboratorio combinate con fattori di crescita e sostanze compatibili con i tessuti biologici. Nonostante la carne sintetica è ritenuta un'alternativa alla carne più sostenibile per l'ambiente, diverse ricerche scientifiche, però, non hanno raggiunto un giudizio definitivo. A questo si aggiunge la reale conseguenza di una chiusura delle stalle con perdite di posti di lavoro e di produzioni tradizionali, la cui distintività è componente strategica del Made in Italy nel mondo», ha spiegato il professore. Il tutto senza considerare che, soprattutto nelle aree interne del Paese, la zootecnia italiana è un modello di sostenibilità e tutela del paesaggio e dell'identità.

 

 

A rischio il patrimonio agroalimentare italiano

Il patrimonio agroalimentare della filiera zootecnica si fregia di grandi eccellenze alcune delle quali provenienti proprio dal mondo della lavorazione e trasformazione della carne che rischierebbero di sparire oppure, nella peggiore delle ipotesi, portare ancora di più a una intensificazione delle produzioni con sistemi di allevamento intensivi. L'unica certezza a difesa della tradizione nazionale resta il fatto che la maggior parte dei consumatori non ha gradito il lancio della “carne coltivata” e sicuramente accoglieranno con diffidenza l'eventuale novità, sperando intanto che la produzione convenzionale riveda la sua lavorazione riducendo il suo impatto su clima ed ambiente. «Ai cibi sintetici e a chi propone l'arrivo sulle nostre tavole della carne artificiale - ha aggiunto Peretti - mi piace rispondere: Mangiamo meno carne, di miglior qualità, difendiamo la biodiversità, l'origine ed il territorio, salvaguardiamo la tradizione e la tipicità, rispettiamo il benessere degli animali, sosteniamo l'allevamento sostenibile e promuoviamo il consumo responsabile».

 

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Alberto Lupini


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