Non nasce in Italia, ma è comunque uno dei simboli del Made in Italy nel mondo. Così magico come lo è la leggenda della sua origine. Il Cappuccino deve il suo nome tendenzialmente alla somiglianza con il color marrone del saio dei frati minori cappuccini. Le sue origini, infatti, sono strettamente correlate alla diffusione dello stesso caffè in Europa e, in particolare, nell'Impero austriaco del 17°-18° secolo. Una leggenda molto diffusa lega il suo nome alla vicenda di un frate cappuccino, tal padre Marco d'Aviano, un presbitero friulano inviato nel settembre 1683 da papa Innocenzo 11° a Vienna, con l'obiettivo di convincere le potenze europee a una coalizione contro gli Ottomani musulmani che la stavano assediando. Questi, in una caffetteria viennese, avrebbe "corretto" per la prima volta il gusto troppo forte del caffè con del latte, e la nuova bevanda sarebbe stata soprannominata kapuziner, ovvero «cappuccino» in tedesco.
La ricetta certificata per il cappuccino tradizionale
Secondo l’Istituto Espresso Italiano (Iei) alla base del cappuccino ci deve sempre essere un espresso di qualità secondo i canoni definiti dalla certificazione sensoriale. Il Cappuccino italiano certificato si presenta quindi con un colore bianco, ornato da bordo marrone più o meno spesso nel cappuccino classico, con disegni che vanno dal marrone al nocciola nel cappuccino decorato. La crema ha maglie strette con occhiatura molto fine o assente. L’aroma è intenso in cui ai soffusi sentori di fiori e di frutta si aggiungono quelli più prestanti di latte, di tostato (cereali, caramello), cioccolato (cacao, vaniglia), e frutta secca. Sono assenti odori empireumatici e biochimici negativi. Il corpo è importante e si esprime con una sensazione suadente, di panna e di elevata percezione sferica, supportato da un rapporto bilanciato tra un amaro e un’acidità quasi impercettibili.
Dal latte vaccino a quello di soia
Il latte fresco intero vaccino è quello prediletto dai baristi, ma c’è anche la variante del “parzialmente scremato”, mentre tra le nuove tendenze ci sono quelli di origine vegetali, come la soia, o il cocco, già più utilizzati all’estero, ma in crescita anche in Italia. Quello del latte è in realtà uno degli elementi fondamentali, non solo per la riuscita sensoriale della tazza, ma anche per venire incontro a eventuali intolleranze nei confronti del lattosio. «Eppure il cappuccino è una magia, una bevanda polifasica in cui convivono miriadi di molecole in un sistema instabile e quindi dinamico e sul suo rapporto con la nostra salute è stato scritto di tutto e il contrario di tutto - spiega Luigi Odello, presidente del comitato scientifico Iei - In realtà i principi nutrizionali sono quelli apportati dai due componenti di base: l’espresso e il latte, quindi polifenoli, proteine, grassi, zuccheri, acidi, sali minerali, alcaloidi e via discorrendo, dunque, per persone che non hanno intolleranze specifiche, non può fare altro che bene. Il problema può nascere dalla qualità delle materie prime impiegate e dalla sua esecuzione».
Per quanto riguarda il caffè, secondo Luigi Odello, eccessi di composti fenolici rilevabili in prodotti di basso prezzo possono portare a un aumento esponenziale di matrimoni con la caseina del latte rendendo meno digeribile il cappuccino. A questo contribuirebbe anche una cattiva preparazione, come il riscaldamento reiterato del latte o temperature troppo alte. «È proprio il caso di dire che la sostenibilità nutrizionale va di pari passo con quella sensoriale, perché, non dimentichiamolo, il cappuccino fa bene soprattutto per il piacere che è in grado di donare», conclude Luigi Odello.
Latte art, traino o moda?
Uno dei fenomeni che negli ultimi anni hanno reso ancora più “appetibile” il cappuccino è quello della Latte Art, l’arte di decorare con dei pattern la crema del cappuccino, per esempio partendo da figure come cuore, tulip e rosetta. «Nella nostra esperienza la Latte Art ha dimostrato come in un semplice bar di quartiere si possano attirare tanti appassionati che finalmente prestano attenzione al tema della qualità del cappuccino – spiega la campionessa mondiale di Latte Art, Manuela Fensore – non solo, ma è un modo per ispirare tanti giovani che grazie a questa disciplina si formano e magari aprono dei locali propri, o vanno a lavorare in bar di tendenza». Latte Art inoltre non significa perdita di qualità del prodotto finale, continua infatti Manuela Fensore: «Decorare un buon cappuccino pensando a chi lo berrà è un modo per fidelizzare il nostro consumatore che a quel punto è anche disposto a pagare un prezzo superiore, il nostro compito è anche quello di valorizzare la qualità che mettiamo nella tazza».
Manuela Fensore
L’Istituto Espresso Italiano
L'Istituto Espresso Italiano (IEI), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.
Per informazioni: www.inei.coffee