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Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Il caffè (espresso), di cui il 17 aprile si celebra la Giornata nazionale, è qualcosa di imprescindibile per tanti di noi, appuntamento fisso della mattina al bar, da soli o con amici. Ma in che stato è, oggi, il mondo dell'espresso in Italia qualità al bar? L'abbiamo chiesto ad alcuni addetti al settore, e proviamo anche a spiegare come riconoscere un buon prodotto

15 aprile 2024 | 18:37
Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita
Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Il caffè (espresso), di cui il 17 aprile si celebra la Giornata nazionale, è qualcosa di imprescindibile per tanti di noi, appuntamento fisso della mattina al bar, da soli o con amici. Ma in che stato è, oggi, il mondo dell'espresso in Italia qualità al bar? L'abbiamo chiesto ad alcuni addetti al settore, e proviamo anche a spiegare come riconoscere un buon prodotto

15 aprile 2024 | 18:37
 

La annoveriamo sicuramente tra le tradizioni che nell’immaginario collettivo sono tra le più consolidate, perlomeno a parole, della nostra cultura legata al mangiare e al bere. Guai a chi ci tocca il caffè espresso, e in particolar modo il caffè espresso del bar. Quello che incarna e rappresenta un’abitudine alla quale quasi nessuno di noi può rinunciare, magari nel nostro bar di fiducia, consumato solo per rispettare quella tradizione che al mattino corrisponde una tazzina fumante di quella bevanda nera che tanto amiamo. Ma di cui, allo stesso tempo, sappiamo così poco. E mercoledì 17 aprile in Italia si celebra anche l'Espresso day.

Espresso: un mondo tra criticità e crescita

Negli ultimi anni in verità si è creato, espandendosi, un movimento legato ai caffè di qualità, i cosiddetti specialty, serviti per lo più in locali specializzati in prodotti “non convenzionali”, diversi dal solito per così dire, difficilmente disponibili nel bar comunemente inteso in cui una tazzina la paghiamo sì e no un euro, un euro e venti. Gli specialty hanno un prezzo leggermente superiore, adeguato alla loro qualità, legata a una varietà poco nota e appositamente ricercata, lavorata e trattata così da preservarne le caratteristiche principali. Di profumo, aroma e sapore, con tutte le sfumature del caso sia a livello olfattivo sia gustativo. E il mondo dello specialty, negli ultimi anni, ha conosciuto una crescente diffusione tra i consumatori.

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Caffè di qualità: è così difficile trovarlo al bar?

Fatta questa doverosa digressione, comunque, qual è lo stato dell’arte del caffè espresso in Italia, e qual è lo stato dell’arte della sua considerazione e consapevolezza da parte dei consumatori? E come gli addetti al settore si stanno muovendo per cercare di elevare la cultura del caffè in un Paese, come il nostro, che fa del caffè stesso un suo vanto? Davvero solo in coffee shop specializzati si può bere un buon caffè o questo possiamo assaporarlo pure al bar? Abbiamo cercato di parlare del settore legato all'espresso italiano, tra punti di criticità, opportunità di crescita e possibili trend futuri, con alcuni esperti di questo mondo. 

Luigi Odello, (Centro studi assaggiatori): «Bisogna saper raccontare questo mondo»

«L’espresso italiano può vantare una storia di incredibile modernità. - ci dice Luigi Odello, presidente del Centro studi assaggiatori, professore di analisi sensoriale in università italiane e straniere - cerco di spiegare quella che pare una contraddizione in termini. L’espresso Italiano è figlio della povertà e dell’ingegno. Noi siamo storicamente poveri e nell’epoca in cui nasce lo eravamo un po’ di più, soprattutto se si trattava di importazioni. Così nacque la miscela, un espediente molto efficace per bilanciare le varie origini in modo tale che il risultato fosse superiore alla somma dei singoli. Quando arrivò la macchina per espresso che sottoponeva il panello a una pressione rilevante (9 bar, oggi), non solo la miscela consentiva una estrazione migliore, ma le due cose messe insieme permisero una forte riduzione delle quantità di caffè da utilizzare per ogni preparazione. Insomma, 7 grammi di caffè contro i 15/20 abituali. La questione ai nostri giorni, in cui cambiamenti climatici e sociali potranno incidere in modo pesante sul prezzo del caffè, determina un livello di sostenibilità che molte preparazioni non hanno. Ma soprattutto con 7 grammi di caffè in 25 ml di acqua noi otteniamo tutto il meglio dai chicchi tostati, e solo il meglio. Non siamo costretti a portarci in giro dei beveroni, perché li consumiamo in tre sorsi portandoci dietro per un’ora e anche più solo il buon aroma».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Luigi Odello, docente universitario e insegnante presso il Centro studi assaggiatori

«Detto ciò, comunque, il settore presenta delle criticità. Il barista deve imparare a narrare il prodotto e le aziende devono imparare a comunicare con i giovani. E su questo stiamo lavorando. Moltissimo. Quando nel 1993 abbiamo fondato l’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè in bibliografia abbiamo trovato quasi nulla. Tutta la parte sensoriale è stata costruita attingendo dai lavori scientifici di altre merceologie. Oggi non solo ci sono organizzazioni globali come noi ma le imprese si sono dotate di academy per formare le maestranze, i clienti e, qualcuna, anche i consumatori. Le componeti della miscela sono rimaste un tabù solo per qualche azienda e stanno fiorendo i cantori del caffè, un po’ come è stato fatto per il vino nell’ultimo mezzo secolo. Alla luce di ciò comunque il futuro lo vedo roseo: nelle 250 aziende torrefatrici che fanno davvero il mercato, scorgo più di 100 academy che lavorano per elevare la cultura dei clienti e un nugolo di imprese volte alla qualità, nonché la conversione verso una produzione di eccellenza anche di grandi aziende che un tempo proprio attente non erano. Ovviamente chi lavora male esiste, ma è forse più presente nel mercato del porzionato che in quello del bar. Poi abbiamo il settore delle macchine e dei macinadosatori che è leader a livello mondiale e infine il settore dei bar, grande elemento strutturale del nostro settore sociale che si sta affacciando a una nuova professionalità. L’insieme è una macchina fantastica, sta a noi farla funzionare».

Marco Bazzara (torrefazione Bazzara): «Fare rete per educare il cliente»

«Per quanto riguarda le criticità all’interno della nostra filiera caffeicola - ci spiega, come referente della Torrefazione artigianale Bazzara di Trieste, Marco Bazzara Quality Manager e Academy Director dell'azienda - e più precisamente nel proporre al bar un caffè che rispetti dei canoni qualitativi minimi ad un prezzo equo, non possiamo fare altro che continuare a fare rete per stimolare sempre di più una maggior consapevolezza lungo tutto il nostro sistema nazionale; il che presuppone non solamente una presa di coscienza da parte del torrefattore, che deve adattarsi ad una nuova visione globale di caffè di qualità, ma anche una necessaria predisposizione del consumatore a riscoprire e affinare i propri sensi per apprezzare un prodotto, poiché in realtà egli ha tutti gli strumenti per essere obiettivo e migliorare così la propria esperienza di consumo».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Marco Bazzara, Quality Manager e Bazzara Academy Director

Francesco Sanapo (Ditta Artigianale): «Formazione per rilanciare il settore»

«La tradizione del caffè italiano è fatta di eccellenze che dobbiamo raccontare - dice invece Francesco Sanapo, fondatore di Ditta Artigianale e pluripremiato campione baristi e assaggiatori di caffè - senza inseguire le mode che arrivano dall’estero, ma aggiornandoci alla contemporaneità per garantire l’alta qualità del prodotto e rendere la nostra tazzina nuovamente inimitabile. Non dobbiamo nascondere le criticità, che comunque ci sono e derivano spesso da logiche legate ai prezzi e alla scarsa consapevolezza ma non dobbiamo neanche dimenticarci che i nostri predecessori hanno reso il caffè italiano famoso in tutto il mondo e questo ci impone di guardare al futuro in modo nuovo, per continuare a scrivere la storia del nostro amato espresso. Lo specialty coffee e il caffè italiano devono essere la stessa cosa. Oggi il nostro caffè ha bisogno di essere aggiornato, affinché torni ad avere quelle caratteristiche eccelse universalmente riconosciute e riscontrabili in una perfetta armonia tra acidità, dolcezza, amarezza e corposità. Per tornare a distinguerci dobbiamo puntare sull’alta qualità della materia prima, come già molte aziende fanno, ma anche lavorare sulla formazione. Solo così saremo in grado di raccontare uno storytelling diverso, informando il consumatore sulla provenienza del caffè, la filiera che gli ruota attorno e i processi di lavorazione, offrirgli un’esperienza veramente appagante».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Francesco Sanapo, fondatore di Ditta Artigianale

«Tutto però deve partire dal prezzo - conclude Sanapo - Certe volte vediamo prevalere la logica del prezzo, con caffè che vanno dai 10 ai 16 euro al Kg nel canale Ho.Re.Ca. Con questi costi l’eccellenza viene per forza sacrificata. Invece, se ognuno di noi riuscisse nel suo piccolo ma fare un passo in più verso la qualità del prodotto offerto sono sicuro che la nostra tazzina tornerebbe nuovamente inimitabile».

Aldo Cursano, Caffè le Rose Firenze - Fipe: «Creare consapevolezza»

«Da addetto ai lavori e rappresentante del settore posso dire come sia sempre l’occasione buona per accendere i riflettori su questo mondo, fin troppo dato per scontato e poco conosciuto - ci dice invece Aldo Cursano,  vice presidente vicario nazionale e presidente regionale toscano di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), nonché proprietario del Caffè Le Rose di Firenze - Quindi è sempre utile fare cultura e fare conoscenza, creando consapevolezza. Parlare di caffè generalizzando lo ritengo un errore, fa male al settore, fa male a chi opera sul mercato con professionalità e competenza, e che fa del caffè un elemento fondamentale nei luoghi di socialità. E in non pochi casi questi addetti ai lavori la cultura del caffè la insegnano, cercano di divulgarla. Poi senza ombra di dubbio ci sono molti improvvisati in questo settore, e a questo punto la palla passa al consumatore, che può scegliere, selezionare, valutare ciò che beve. Sicuramente il cliente va educato ad andare in quei luoghi dove la miscela, il servizio, il prodotto, il contesto sono di qualità e all’altezza delle aspettative. Importante saper riconoscere i luoghi dove il caffè viene ritenuto accessorio, per poter poi scegliere di conseguenza. Dietro al caffè c’è un mondo, che va oltre la semplice varietà o miscela. Una parte altrettanto fondamentale parte è la competenza di chi il caffè lo lavora e lo serve, la conoscenza del barista, la sua formazione. Noi a Firenze come Confcommercio-Fipe abbiamo aperto una scuola di caffetteria, perché percepivamo la grande improvvisazione che c’è in questo mondo. E fortunatamente i nostri corsi sono molto frequentati. Ricordiamoci però che alla fine chi premia o penalizza è sempre il consumatore, che certamente da parte nostra va responsabilizzato e formato. Si tratta di un sistema fortemente collegato».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Aldo Cursano, Vice Presidente Vicario nazionale e Presidente Regionale toscano di Fipe

Marco Simonetti, Caffè Toraldo: «Cresciuta la consapevolezza del cliente»

«C'è stato un incremento negli ultimi anni, post Covid, del monoporzionato - afferma invece Marco Simonetti, amministratore T. Corporation di Caffè Toraldo -  La gente si è abituata a bere il caffè a casa, e devo dire c'è un po' più di ricerca di qualità rispetto a prima, perchè comunque non consumando solo al bar l'espresso la gente va a scegliere, selezionare, informarsi. La recente nascita della guida dei caffè, edita da Mondadori, rappresenta un bene per tutto il settore. Quindi a noi fa piacere di come si sta evolvendo il mondo del caffè espresso. Per quanto riguarda il mondo dei bar la consapevolezza sull'espresso l'ho vista in aumento negli ultimi anni, anche se non proprio in tutti i punti vendita. Viviamo in un momento di recessione, dove c'è un problema di inflazione importante e impattante, quindi purtroppo questo devo dire che ricade anche sulla qualità del caffè che beviamo e prendiamo al bar. Tuttavia ci sono tanti bar che lavorano diversamente, che hanno evoluto il modo di fare il servizio nel suo complesso, non solamente legato al caffè, che riescono a scegliere delle miscele particolari, varie e variegate, anche monorigine che riescono a proporre tutti i giorni. Sicuramente quella è una bella cosa. Il margine di crescita che vediamo noi comunque, secondo me, è importante: credo che ci possa essere in generale un riposizionamento in Italia e anche all'estero del modello e dell'espresso all'italiana, e in particolare vedo nei giovani molta più curiosità a scoprire questo mondo e ad approfondirlo».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Marco Simonetti, amministratore T. Corporation di Caffè Toraldo

Simone Amenini, Ditta Artigianale e Scuola del Caffè: «Il settore è a un bivio»

«Il settore legato al bar e all'epresso all'italiana lo vedo un po' al bivio - afferma invece Simone Amenini, resposanbile al controllo qualità di Ditta Artigianale e trainer di Scuola del Caffè a Firenze - Tutto ciò che abbiamo inteso fino a oggi come caffetteria e servizio all'espresso sta subendo un decadimento. Il bar tipico italiano sta andando incontro a un'aspra battaglia per stare dentro i margini, e anche dal punto di vista della clientela ci si gode il caffè al bar sempre meno. Stanno aprendo sempre meno bar, è un settore che negli ultimi tempi è stato molto inflazionato quindi ora siamo di fronte a un naturale regresso. Dall'altro lato stiamo vedendo una bella ascesa dello specialty: stiamo inziando a vedere un trend che considera l'espresso non un qualcosa da bere 5-6 volte al giorno, ma di cui la fruizione e consumo è figlio di una scelta consapevole, oculata, selezionata della caffetteria. Anche a costo di non andare al bar sotto casa e farsi quattro passi in più, pure spendendo magari due euro, due euro e mezzo, ma per un prodotto di qualità invece di una generica bevanda calda, spesso bruciata, che si paga 1 euro o un euro e venti. Il numero dei clienti consapevoli fortunatamente sta aumentando e questo è molto importante, quelli meno consapevoli anche per una questione di semplice economia si orientano, a livello domestico, anche verso capsule e cialde che permettono una fruizione veloce e pulita. Per le strade, e anche negli uffici, vedo poi sempre più distributori automatici di caffè, e questo a discapito del classico bar che propone l'espresso a un euro». 

«Da parte dei baristi, a livello generale, purtroppo c'è la convinzione di credere come il caffè che si è sempre servito sia buono, considerando invece lo specialty, che è un caffè selezionato e risultato di tostature attente e ponderate, un prodotto difettato. Quindi quando lo si assaggia, se il metro di paragone è il classico espresso, ecco come lo specialty non viene apprezzato dovutamente. Ma, come detto, è tutta questione di abitudine a un prodotto che in realtà non è di qualità. E i training di alcune torrefazioni non formano nemmeno in modo adeguato. Oggi il mondo dell'espresso lo vedo a un bivio: le nuove generazioni, la Gen Z in particolar modo, non lo beve: ci si è allontanati drasticamente poi dal gusto amaro dell'espresso, che in purezza lo vedo sempre meno consumato. Vedo in crescita invece bevande come il ginseng, per quei pochi che vanno al bar, e molti credo vadano da catene come Starbucks più che per la qualità dei prodotti perché rappresentano una sorta di status symbol, qualcosa da poter mostrare sui social».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Simone Amenini, trainer di Scuola del Caffè e responsabile qualità di Ditta Artigianale

Federico Pinna, miglior barista d'Italia: «Retaggio sbagliato del caffè»

«Il mondo dell'espresso e dell'espresso di qualità in Italia sta crescendo - ci dice Federico Pinna, recentemente eletto miglior barista d'Italia - ma clienti apprezzano se vengono istruiti, guidati. Se il barista non istruisce il cliente è difficile da far capire questo mondo, anche perché noi veniamo da una cultura completamente diversa, da una concezione sbagliata del caffè, inteso comunemente come bevanda amara, da zuccherare e da bere poi in modo sbrigativo e senza dargli la dovuta attenzione. Quindi bisogna prima di tutto formare i baristi, che poi sono chiamati a compiere questa opera di divulgazione nei confronti dei clienti. Purtroppo è predominante oggi una considerazione errata del caffè espresso, una cultura che si tramanda da tempo assorbendo anche tante false credenze e molte scorie. Partendo dallo zucchero, che in realtà non dovrebbe essere utilizzato perché va a coprire i difetti. Un espresso di qualità non ha bisogno di essere zuccherato. Idem per i sentori amari, tipici di un prodotto “bruciato”, quindi rovinato. Va spiegato per bene come si beve un espresso, e questo è il compito di un barista adeguatamente formato, per cambiare la cultura e la considerazione del cliente rispetto al prodotto».

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Federico Pinna, eletto allo scorso Sigep il miglior barista d'Italia

Come riconoscere un caffè di qualità?

Il caffè, spesso malinteso come una bevanda amara da tracannare velocemente, si svela come un mondo affascinante e ricco di sfumature quando analizzato con attenzione. Il presupposto fondamentale è che il caffè proviene da un frutto e dovrebbe, quindi, presentare note aromatiche e sentori tipici della suo origine. Sicuramente non l’amaro, sapore che se predominante è sinonimo di una serie di difetti presenti nei chicchi di bassa qualità, come sentori astringenti.

L'industria, per correggere questi difetti, ricorre a una tostatura intensa che conferisce al caffè un sapore amaro, mascherando i difetti ma perdendo la dolcezza naturale del caffè. Un buon caffè di qualità, quindi, dovrebbe avvicinarsi al dolce, con un sentore amaro simile a una barretta di cioccolato ad alta percentuale di cacao. Tuttavia buona parte dei bar si rifornisce dalle grandi industrie che privilegiano la quantità rispetto qualità, e il prezzo basso per il cliente ne è la logica conseguenza. La cultura legata al caffè che dovrebbe costare 1 euro non facilita di certo la ricerca, e la diffusione, di un prodotto di eccellenza.

Espresso: qual è lo stato dell'arte in Italia? Il settore tra criticità e crescita

Come poter riconoscere un buon caffè?

Il prezzo minimo e giusto per un caffè di qualità? A detta anche di non pochi esperti del settore dovrebbe aggirarsi, perlomeno, intorno ai 2€ o 2,50€, ma molte caffetterie sono costrette a venderlo a prezzi più bassi per restare competitive. L'analisi multisensoriale è fondamentale per riconoscere un caffè di qualità. Visivamente, un espresso di ottima fattura presenta una crema tendente al nocciola chiaro, zebrata con striature più scure. La crema, con il suo spessore, svolge un ruolo cruciale nel trattenere gli aromi, rilasciando un bouquet di note aromatiche quando viene spezzata. Se al naso percepiamo note floreali o fruttate, siamo di fronte a un caffè eccellente. Al contrario, un intenso sentore di tostatura indica un caffè difettato, e in casi estremi, potrebbe essere avvertibile un odore di muffa. Infine, al palato, il caffè dovrebbe offrire una varietà di sfumature fruttate, dalle note agrumate a quelle di frutta rossa matura, fino a sentori speziati come cannella o pepe nero. Queste sfumature dipendono dal terroir e dalle condizioni climatiche in cui la pianta cresce, oltre ai processi di lavorazione successivi.

Caffè espresso, aumenta la consapevolezza dei consumatori

Dati e consigli a parte, sembra che il mondo del caffè negli ultimi tempi abbia intrapreso un percorso molto simile a quello che sta interessando anche l'olio, altro prodotto della nostra quotidianità fin troppo spesso (ed erroneamente) dato per scontato. Per raggiungerei livelli di interesse e consapevolezza, soprattutto da parte dei clienti, tipici invece del mondo vino la strada sembra ancora lunga, con tanto lavoro davanti da fare da parte di tutti. Quella stessa strada, però, è stata intrapresa: sempre più gente si interessa al caffè di qualità, quello meno mainstream, come ci hanno detto gli esperti gli stessi clienti spesso si ritrovano a ricercare e selezionare direttamente i prodotti, anche per un uso domestico. E allora solo tramite una maggior consapevolezza e informazione sul settore il caffè espresso può diventare davvero, non solo a parole e non solo nell'immaginario collettivo, un prodotto identitario del nostro Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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