A Napoli la "tazzulella 'e cafè" non è solo una bevanda, ma una religione, un rito identitario di tutta una città, e offrirlo è molto di più di un semplice gesto di cortesia. È nato qui, nei vicoli del rione Sanità, l'antica tradizione solidale del "caffè sospeso" offerto e pagato spontaneamente a chi neppure si conosce. Diffuso in tutto il mondo, la dice lunga sull'animo generoso dei napoletani. Non a caso la Giornata della cultura del caffè napoletano, istituita dal comune lo scorso anno per il 10 dicembre, coincide con quella Internazionale dei Diritti Umani, per celebrare anche quella piccola azione di amore per il prossimo.
Il rito del caffè napoletano
Il nuovo training center di Kimbo
Nell'occasione la Kimbo, storico brand napoletano del caffè, in occasione della Giornata e insieme per i 60 anni della sua nascita, ha inaugurato un training center a Scampia, nella periferia della città, dedicato alla cultura del caffè e alla formazione dei futuri giovani coffee maker.
L’obiettivo è quello di fornire un giusto livello di apprendimento a chi vuole affacciarsi alle professioni del caffè, sensibilizzandolo sul riconoscimento da parte del barista di un prodotto buono in termini di qualità della materia prima, sul rispetto dei processi di tostatura e sulle fasi di blending, conservazione ed estrazione.
«Abbiamo sempre investito nella ricerca – ha detto il presidente della Kimbo Mario Rubino - e riteniamo che sia il momento della diffusione di una vera cultura del caffè, come da tempo ormai si fa per il vino. Era un mio vecchio sogno quello di aprire un luogo in cui poterne parlare, in cui unire cultura e ricerca di nuove miscele e di migliori tostature. L'eccellenza del prodotto non basta più e i baristi devono finalmente offrire un'adeguata esperienza di degustazione di quella che oggi è forse la bevanda più amata. Vogliano lavorare proprio su quell'ultimo miglio dell'intero processo, impegnandoci da parte nostra a tutelarne la qualità nei passaggi della filiera».
Training Center Kimbo di Scampia
Caffè come il vino, bisogna diffonderne la cultura
Ma c'è di più: la cultura del caffè deve essere promossa come è stato fatto nel mondo del vino. Alla presentazione del progetto, con la vicepresidente del Consiglio Comunale di Napoli, Flavia Sorrentino, tra i sostenitori dell'istituzione della Giornata della Cultura del Caffè Napoletano, c'era infatti il presidente di Ais Campania, Tommaso Luongo, oltre a coffee expert come Mauro Illiano, Francesca Bieker e, in collegamento dall'Honduras, Andrej Godina.
«L’esperienza accademica del mondo del vino - ha spiegato Luongo- unitamente al suo approccio scientifico alla materia può rappresentare un grande valore aggiunto per la didattica e la cultura del caffè». I corsi cominceranno il 23 febbraio e ogni incontro sarà organizzato secondo una metodologia di insegnamento ispirata al modello dell’Associazione italiana sommelier, con sessioni formative in cui si alterneranno momenti teorici e pratici.
Il mondo del caffè tra criticità e cliché
Nell'occasione della presentazione del Centro è stato affrontato il tema delle criticità che a livello mondiale colpiscono anche questo settore perché la produzione del caffè nei Paesi di origine sta vivendo un cambiamento epocale, sia in termini di volumi di produzione che di qualità del prodotto. Inoltre, a regolare il mercato sono gli alti prezzi del caffè verde fissato dalle borse merci.
Tommaso Luongo, Mario Rubino e Mauro Illiano
Sono state anche evidenziate le differenze fisiche e sensoriali tra le due specie botaniche più diffuse, l'Arabica - a rischio di estinzione nei prossimi decenni- e la Canephora, da cui nasce la qualità Robusta. È fondamentale per tutto il settore - è stato sostenuto - distinguerle e valorizzarle per le loro singole qualità e proprietà sensoriali. Sono stati anche messi in risalto i cliché sul caffè napoletano, spesso oggetto di equivoci e fraintendimenti nel pubblico, come la tazza più o meno bollente e il dilemma del sì o no dello zucchero. Uno per tutti: è così buono per la qualità dell'acqua. Ma a dominare è sempre la "napoletanità".
«Noi - ha detto Rubino - abbiamo una papilla gustativa in più: quella “dell'arruscato” che non è la sensazione di bruciato. Siamo riusciti a creare quella condizione ottimale per cui il caffè viene cotto al massimo e ha le migliori caratteristiche sensoriali senza però prendere la tipicità negativa del bruciato. Solo in quel momento la migliore sensazione è sublimata».
Il vero segreto è piuttosto l'amore di Napoli per la sua aromatica tazzina frutto della procedura tradizionale, mirabilmente descritta dal monologo di Eduardo De Filippo in "Questi fantasmi".
Al training Center Kimbo il caffè nelle canzoni
Il caffè è la bevanda più diffusa nel mondo - seconda solo all'acqua - ma vanta anche un record musicale. Nessun altro prodotto è mai entrato in tanti testi. Cominciò Bach nella sua "Cantata del caffè" nel 1734, e la play list è lunga. L'hanno cantato i figli di Napoli come Roberto Murolo ('A tazza 'cafè) e Pino Daniele ('na tazzulella ' cafe'), così come molti altri, da Fred Bongusto a Riccardo De Turco, da Riccardo Cocciante a Fiorella Mannoia. Nel Don Rafaè (1990) Fabrizio De Andrè cantava "Ah, che bellu ccafè, sulo ìn carcere 'o sanno fà" e come dimenticare Bob Dylan in "One more cup of coffee" o Ella Fitzgerald in "Black coffee" oppure Frank Sinatra in Coffee Song?
Ora si possono ascoltare tutte nella sede del training Center Kimbo di Scampia con un prototipo di juke box d'annata ideato e realizzato dal musicologo e giornalista Ciro Cacciola. Il training Center è anche una sorta di museo, con le macchine del marchio, reperti, manifesti e video. I meno giovani ricorderanno il cartoon "Furia Cavallo del West" che per mantenere il suo pelo nero e lucido beveva solo caffè.
La Kimbo, azienda leader del caffè in Italia e nel mondo,è nata a Napoli, nel Rione Sanità, nel 1963 ed oggi presente in cento Paesi del mondo.