Il pregiato pesce lavorato in Norvegia è protagonista sulle tavole italiane, in particolare in alcune regioni in cui ormai fa parte della tradizione. È un prodotto apprezzato per il gusto e i benefici per la salute.
Il Norwegian Seafood Council - l’ente nato con lo scopo di vegliare sulla commercializzazione dei prodotti ittici norvegesi - ha condotto con Kantar TNS tra luglio e agosto 2018 una ricerca dedicata all’uso e al consumo dello
stoccafisso norvegese in tre regioni italiane dove si registrano tra i più alti consumi di questo prodotto: Veneto, Liguria e Campania. Inoltre, nei giorni precedenti il
seminario interamente dedicato allo stoccafisso svoltosi a Napoli lo scorso settembre, è stato realizzato uno specifico focus group per l’area della città partenopea con al centro le stesse tematiche dello studio.
Se in passato lo stoccafisso veniva associato solamente a una concezione di cucina tradizionale e prevalentemente legata ai piatti della domenica “della nonna”, oggi il termine scatena nella mente dei consumatori tante altre sfumature di significati e percezioni, tema affrontato proprio all’interno della ricerca. Tra le diverse associazioni liberate elementi come i
benefici del prodotto per la salute, il suo gusto, il legame con la tradizione regionale e nazionale e il vantaggio di essere una fonte di proteine, adatto alla preparazione di piatti per la famiglia.
Benessere (45%), gusto (38%) e il fatto che sia un pesce magro (27%), in grado di soddisfare i gusti di tutta la famiglia, sono invece i primi elementi che emergono in risposta alle domande sulle ragioni di acquisto e consumo. Inoltre, resta importante il fattore legato alla tradizione e alla cultura dello stoccafisso e il buon rapporto qualità/prezzo (25%).
Nella tradizione italiana, lo stoccafisso è da sempre un prodotto principe delle tavole casalinghe, che ha fatto parte di pranzi e cene in famiglia di tante generazioni. Anche oggi, nonostante i rapidi cambiamenti e l’evoluzione del mondo della cucina, gli italiani continuano ad apprezzare lo stoccafisso e a consumarlo soprattutto a casa, con una percentuale che arriva oltre l’80% nelle tre regioni considerate (87% in Veneto, 86% in Campania, 83% in Liguria).
Per quanto riguarda, invece, la frequenza di consumo nelle tre regioni italiane sottoposte alla ricerca, lo stoccafisso entra a far parte della dieta delle famiglie soprattutto durante i giorni della settimana, grazie alla sua versatilità e alla sua capacità di adattarsi alla preparazione di piatti facili e veloci da preparare.
Un caso particolare è il Veneto, dove oltre al consumo infrasettimanale lo stoccafisso viene utilizzato anche per la preparazione di piatti per i fine settimana, feste e occasioni speciali. Il consumo di stoccafisso varia nelle tre regioni e la Campania si attesta come la regione dove lo stoccafisso viene consumato maggiormente: il 40% ha dichiarato di mangiarlo almeno una volta a settimana.
La ricerca, che ha coinvolto soggetti, uomini e donne, appartenenti alla fascia di età compresa tra i 20 e i 50 anni, indipendenti dai genitori, ha permesso di realizzare 500 interviste in ciascuna delle regioni scelte, consentendo anche a coloro che non consumano stoccafisso di contribuire con le proprie risposte.
Tanti nomi, un unico prodottoLo stoccafisso, storicamente prodotto in Norvegia e divenuto simbolo della tradizione italiana, ha acquisito con il passare dei secoli tante diciture diverse a seconda della regione e del contesto geografico. Il nostro Paese, come noto, è infatti tra i più ricchi a livello di dialetti esistenti e questo grande patrimonio linguistico si è tradotto anche nell’ambito culinario: un prodotto come lo stoccafisso, ad esempio, possiede un gran numero di denominazioni differenti a seconda del contesto territoriale in cui è inserito: “Stuccafisce” in Liguria, “Stoccafissu” nelle Marche, “Stocc’” in Campania, “Stoccapesce” in Puglia, “Stocco” in Calabria, “Piscistoccu” in Sicilia e “Bacalà” in Veneto.
Proprio quest’ultima denominazione ha dato origine a una sorta di malinteso linguistico: i termini stoccafisso e baccalà (entrambi realizzati con merluzzo) vengono in italiano molto spesso confusi e considerati come sinonimi. In realtà, il primo indica il prodotto esclusivamente essiccato, mentre il secondo si caratterizza per essere sottoposto anche a un processo di salatura.