Reale o Red King, Argentato, Rosso, Rosa e Keta. Comunque lo si scelga, il salmone selvaggio dell’Alaska è, in assoluto, il re delle fredde e incontaminate acque dell’oceano più grande del mondo. A renderlo speciale sono diverse peculiarità, prima fra tutte il fatto che, essendo un pesce che si muove continuamente attraverso fiumi e mari, si nutre esclusivamente di ciò che offre il suo territorio di caccia. Habitat e alimentazione, dunque, fanno sì che la sua carne muscolosa, oltre ad essere ricca di preziosi acidi polinsaturi, contenga altresì una limitata quantità di grassi e che il gusto risulti più naturale, con il classico sentore di mare.
La sostenibilità della pesca in Alaska è di straordinaria importanza, tanto che è stata introdotta nella Costituzione dello Stato nel 1959 che dispone che «il pescato deve essere sempre utilizzato e conservato in conformità con il principio dello sfruttamento sostenibile». Da qui la certificazione dei prodotti basata sul codice Fao.
Il salmone selvaggio è disponibile fresco nei mesi in cui avviene la pesca (tra maggio e settembre/ottobre). Per i rimanenti mesi dell’anno lo si trova surgelato ma le tecniche utilizzate non penalizzano assolutamente né la qualità né il sapore. Chi assaggia il salmone selvaggio, fresco, surgelato o affumicato, si rende immediatamente conto della superiorità del prodotto. Il mercato ittico dell’Alaska non offre solo salmone selvaggio.
Altrettanto prelibati e “sostenibili” sono i molluschi e i crostacei, dal granchio reale alla granceola artica, dai gamberi, alle vongole, ai ricci di mare, alle ostriche ecc. E anche l’ottimo pesce bianco, come il pollock, il merluzzo del Pacifico, il carbonaro, l’halibut, la limanda e il pesce pietra. Tante varietà che hanno conquistato non solo i mercati di tutto il mondo ma anche gli chef stellati che utilizzano il pescato dell’Alaska sicuri di offrire il meglio alla loro clientela.
«La nostra industria - spiega
David McClellan (
nella foto), rappresentante marketing di Alaska Seafood per il Sud Europa - dipende dal mantenere un sistema di pesca sostenibile per il salmone in particolare ma anche per merluzzo, pollock d’Alaska e granchi. Abbiamo lavorato per sviluppare uno dei sistemi di gestione della pesca più efficienti e strutturati e oggi l’Alaska è leader mondiale nella pesca sostenibile. Tutto il pesce pescato in Alaska è selvaggio e questo è importante per il salmone perché in Europa la gran parte del salmone è di allevamento. Un salmone selvaggio è fondamentalmente diverso da un salmone di allevamento. Parliamo di un pesce che ha vissuto ed è sopravvissuto nell’oceano dai 2 ai 7 anni e si è nutrito solo di gamberi, calamari e aringhe selvaggi. La struttura e la consistenza della carne è decisamente differente quindi quando lavoriamo con gli affumicatori qui in Italia o chef in Spagna è molto importante discutere su come lavorare la carne di un salmone selvaggio. Ha un contenuto di grassi inferiore e un contenuto di Omega 3 molto superiore e soprattutto ha un sapore diverso. E se uno chef è abituato a lavorare con salmone allevato che spesso è eccessivamente grasso tende a cuocerlo più del necessario per toglierne i grassi in eccesso mentre con il salmone selvaggio non c’è bisogno di fare ciò. Per questo la gran parte della nostra comunicazione è rivolta ai professionisti per spiegar loro come lavorare al meglio con il salmone selvaggio e trarne il miglior vantaggio possibile in termini di sapore e texture di un vero salmone selvaggio».
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