Dagli Uffizi di Firenze arriva una proposta che scuote il mondo dello street food fiorentino e non solo. In un’intervista a Qn, il direttore del museo toscano Eike Schmidt ha lanciato l’idea di una «tassazione aggiuntiva per i locali di street food, insomma quelli che non offrono ai propri clienti spazio e tavolini ma li costringono a mangiare per strada». Obiettivo: disincentivare il consumo da passeggio di hamburger e panini imbottiti con tanto di salse e condimenti che finiscono per imbrattare panchine storiche, come quelle del Vasari che circondano l'entrata degli Uffizi. Poche parole che hanno fatto scattare l’alzata di scudi della ristorazione.
Tassa sul panino? Firenze dice no! Meglio aree dedicate allo street food
Le proteste di associazioni di categoria ed esercenti
«Siamo
assolutamente contrari a questo ulteriore onere per le attività della città, su cui già pesano ingenti spese e tasse la crisi dovuta alla pandemia», ha affermato
Paolo Gori, presidente dell’area commercio e servizi di Confartigianato Imprese Firenze. «Il decoro va rispettato e fatto rispettare al pari dell’ordine pubblico. Ma
la risposta non può essere tassare il panino», ha detto
Franco Marinoni, direttore Confcommercio Toscana. «Decoro e turismo devono coesistere, per questo servono nuove regole, soprattutto nelle città d’arte. A partire da una
nuova legge del commercio che superi le anacronistiche liberalizzazioni della legge Bersani», ha rilanciato
Santino Cannamela, rappresentante locale di Confesercenti. Stessa cosa anche da parte degli esercenti.
«Non credo che la tassa sia la soluzione per combattere la sporcizia che c’è in centro. Non possiamo essere sempre e solo noi imprenditori a fare le spese del comportamento altrui. Si tratta di un problema di educazione e civiltà», ha affermato
Alfredo Ceccarelli titolare de I Pizzachhieri di San Niccolò a
La Nazione. Ben più drastica
Beatrice Trambusti della lampredottaia di via dell’Ariento, quartiere San Lorenzo: «Perdiamo l’80% degli incassi rispetto al periodo pre-Covid e le nostre strade sono vuote.
Un’altra tassa di ammazzerebbe». Sconcerto anche all’
Enoteca Bevovino: «Lo street food è un modello di business di successo. Assurdo identificare questa forma di consumo, che ha reso famosa la nostra città nel mondo, esclusivamente come qualcosa che leda il decoro e rovini l’immagine del patrimonio artistico fiorentino», ha sbottato la titolare
Vania Focardi. Più conciliante ma altrettanto realista è stato
Tommaso Mazzanti, titolare dell’Antico Vinaio: «Penso che la
provocazione del direttore degli Uffizi, una persona che stimo molto, sia
fuori luogo e arrivi
in un momento in cui Firenze è deserta e i turisti ancora non sono tornati».
Aldo Cursano (Fipe): «Il vero problema? La mancanza di spazi e il governo del territorio»
Eppure,
le scene di piazze, marciapiedi, scalinate e panchine utilizzati come punto d’appoggio per consumare il cibo d’asporto
non è una novità. E nemmeno un fenomeno legato solo alla città di Firenze. Basta scorrere le cronache dell’ultimo mese per trovare innumerevoli casi di questo genere che occupano uno spettro che va
dalla semplice maleducazione alla malamovida. Come risolvere tutto ciò?
«Il problema sono gli spazi di consumo e, di conseguenza, il governo del territorio. Detto altrimenti, si deve affermare il principio che il consumo deve avvenire nei luoghi predisposti a questa funzione per un tema di decoro, igiene e sicurezza», sintetizza
Aldo Cursano, fiorentino doc e vicepresidente nazionale Fipe.
La proposta alternativa: aree ad hoc per il consumo d'asporto e promozione dei locali con servizio al tavolo
Servono proposte e idee per andare verso un nuovo modello di sviluppo: «Piuttosto che una tassa sul panino, che rischia di perdersi nelle casse del Comune senza un reale seguito,
possiamo immaginare di far pagare il servizio di gestione di alcune aree attrezzate a quei locali che, per dimensione e business model,
non dispongono di posti a sedere. Qui i clienti potrebbero trovare un punto d’appoggio pulito, magari con dei servizi igienici, dove consumare in serenità il proprio pasto d’asporto. Allo stesso modo,
dovremmo però incentivare e valorizzare quei locali che offrono il servizio al tavolo. E per farlo, magari, devono far fronte a spese di affitto più alte, un maggior costo del personale, più attrezzature e, di questi tempi, necessità di sanificazione», propone Cursano.
La priorità rimane salvaguardare il cliente
Il tutto cercando di
salvaguardare il cliente su cui non può essere trasferito nello scontrino il balzello richiesto. Principalmente
per due motivi: il primo riguarda il rischio di
depotenziare l’offerta take away che, proprio sul prezzo, fonda la propria attrattività; il secondo il rischio di ottenere l’effetto contrario di quanto sperato.
«Introdurre una tassa sul panino significherebbe, sotto un certo punto di vista, legittimare il fenomeno con clienti che, disposti a pagare l’eventuale maggiorazione di prezzo, finirebbero per comportarsi come prima», conclude Cursano.