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Da Armani a Fendi, quando la moda sbarca in cucina

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di diversi ristoranti “marchiati” dai grandi brand del lusso, che hanno sposato progetti di famosi cuochi come Romito e Bottura. Connubi che si sono rivelati vincenti, intuizioni felici che hanno portato visibilità e riconoscimenti, stelle Michelin e forchette. Ma non sempre è andata bene, anzi

di Luca Bassi
12 febbraio 2022 | 05:00
L'interno di un Armani Hotel Da Armani a Fendi, quando il fashion sbarca in cucina
L'interno di un Armani Hotel Da Armani a Fendi, quando il fashion sbarca in cucina

Da Armani a Fendi, quando la moda sbarca in cucina

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di diversi ristoranti “marchiati” dai grandi brand del lusso, che hanno sposato progetti di famosi cuochi come Romito e Bottura. Connubi che si sono rivelati vincenti, intuizioni felici che hanno portato visibilità e riconoscimenti, stelle Michelin e forchette. Ma non sempre è andata bene, anzi

di Luca Bassi
12 febbraio 2022 | 05:00
 

In un mondo in cui l'esperienzialità è un obiettivo da raggiungere a tutti i costi, quella del connubio tra fashion e food è una strategia di comunicazione dell'identità di marca tra le più originali e convincenti. In tanti se lo sono chiesti negli ultimi anni: perché una grande azienda che fattura milioni di euro nel mondo della moda dovrebbe investire nella ristorazione? La risposta non sta tanto nel valore economico di queste attività, paragonabile - a volte - a una goccia d'acqua in un oceano rispetto ai volumi di fatturati che realizzano le grandi case di moda, piuttosto nella necessità di andare oltre la semplice vendita di un prodotto, per offrire un lusso esperienziale. Già, perché con i ristoranti arredati dall'architetto più in voga del momento e con i piatti pensati dallo chef di cui tanto parlano i giornali, il brand acquista una dimensione sociale e raggiunge i consumatori in modo diverso, offrendo un'esperienza a 360 gradi.

Ristorante Nobu Milano di Armani Da Armani a Fendi, quando il fashion sbarca in cucina

Ristorante Nobu Milano di Armani

In principio ci fu Giorgio Armani

Il primo stilista a tuffarsi nel mondo del food è stato Giorgio Armani a cavallo tra gli anni Novanta e il 2000 con Nobu Milano, ristorante di cucina giapponese con influenze peruviane e italiane in un ambiente di grande lusso. Un progetto vincente, attivo ancora oggi, con il quale Armani ha realizzato in maniera non convenzionale l'esigenza, tipica dei geni del fashion, di anticipare le tendenze. In quello stesso periodo è stato aperto anche Armani Hotel Milano, un cinque stelle lusso (con ristorante e cocktail bar) nel quale per dormire una notte servono come minimo 800 euro. Anche Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques Italia (l'associazione di categoria che raggruppa i cuochi di tutta Europa), già a capo delle cucine della Casa Bianca e della Regina Elisabetta d’Inghilterra, ha portato il brand Armani in Estremo Oriente, aprendo diversi ristoranti, tra cui il tra cui l’Armani Ginza Tower di Tokyo.

 

La storia d'amore tra Fendi e Roma

C'è poi Fendi, storico marchio di Roma che nella Capitale ha costruito il suo quartier generale, già da tempo integrato nel mondo dell’ospitalità e dell’alta cucina con l’Hotel Villa Laetitia e il ristorante (stellato) Enoteca La Torre. Nel 2004 è nato anche Palazzo Fendi, molto noto per la sua bellezza e per le boutique che lo abitano, diventato ancor più unico da quando nel 2015 ha accolto il giapponese Zuma nei piani alti. Il ristorante, appartenente alla catena londinese con sedi sparse nel mondo, ha dato alla regale location un plus che le mancava e oggi la sua terrazza è uno dei luoghi più ambiti per gli aperitivi della Capitale.

Il binomio Bulgari-Niko Romito

Bulgari invece ha scelto di legarsi a uno dei migliori cuochi italiani degli ultimi anni, Niko Romito, titolare del tristellato Reale di Castel di Sangro. Con lo chef abruzzese il brand di lusso ha instaurato un rapporto che dura da tempo, da quando nel 2018 è stato inaugurato il ristorante Niko Romito nell'hotel Bulgari di Milano. Da lì è nata una collaborazione vincente e fruttuosa che negli anni ha visto nascere, con la stessa tipologia, altri ristoranti dello chef abruzzese negli alberghi di Bulgari nel mondo: a Dubai, a Pechino, a Shanghai e, nel dicembre scorso, a Parigi. Presto dovrebbero arrivare anche le nuove aperture di Roma e Mosca.

Hotel Bulgari Parigi Da Armani a Fendi, quando il fashion sbarca in cucina

Hotel Bulgari Parigi

Le lussuose osterie di Massimo Bottura e Gucci

Con questo connubio spesso vincente oggi le firme top, oltre ad essere indossate, diventano un simbolo di appartenenza a qualcosa di esclusivo. La chiave del successo, oltre al grande gusto che hanno gli artisti della moda, è il fiuto imprenditoriale e la capacita di rendere trendy tutto ciò che propongono. E spesso, per i più scaltri, anche l’affiancamento a nomi della ristorazione già affermati, come è successo per Gucci. L’azienda toscana, per il suo ingresso nel mondo del food, si è affidata a uno dei nomi più forti e importanti: Massimo Bottura, lo chef più famoso del mondo. Il binomio, che ha dato vita a L’Osteria Gucci da Massimo Bottura a Firenze, si è rivelato un successo travolgente che negli ultimi tempi è stato esportato anche a Tokyo e Beverly Hills.

 

Ristorazione e brand di lusso, una vetrina per due

Ma a questo punto potrebbe sorgere una seconda domanda, contraria: perché un cuoco famoso e affermato dovrebbe collaborare con un marchio invece di investire per conto suo sfruttando il proprio nome? In questo caso va detto che lo sposare un progetto in condivisione con un luxury brand porta con sé il vantaggio di usufruire del posizionamento, fisico e sociale, del marchio. Si tratta, in altre parole, di una vetrina naturale che non ha eguali. Un’altra caratteristica di questi spazi è quello di riuscire a diventare meta di riferimento a prescindere dalla specifica posizione geografica. Questo è possibile proprio grazie a quella forte scelta identitaria di cui abbiamo parlato poco fa: questo tipo di locale ci parla del brand, che è omogeneo e continuativo ovunque si trovi, a Roma come a Tokyo.

Ma non tutti i progetti funzionano

Finora abbiamo parlato dei connubi che sono stati vincenti, di intuizioni felici che hanno portato visibilità e riconoscimenti, stelle Michelin e forchette. Ma non tutti i progetti che hanno unito fashion e ristorazioni sono stati prolifici. O almeno, non sempre sono continuati. Come successo a Milano con il Gold di Dolce&Gabbana, venduto nel 2016, dieci anni dopo l'apertura, allo chef Filippo La Mantia. Allora i protagonisti dell'affare si sono affrettati a sottolineare che si trattava di una scelta di mercato, che i due stilisti preferivano concentrare forze e attenzioni al Martini Bar Bistrot Dolce&Gabbana. Poco fortunata è stata pure l'avventura nel mondo della ristorazione della stilista Tiziana Fausti, che a Bergamo ha provato a investire nel cuore della città con Terrazza Fausti: aperta nella tarda primavera del 2019, doveva essere un lussuosissimo lounge bar che non ha mai spiccato il volo per davvero. Nell'estate del 2020 è così subentrato lo chef Roberto Proto che ha portato (temporaneamente) il suo Saraceno sul Sentierone di Bergamo per tre mesi, prima dell'avvento dell'ex calciatore juventino Claudio Marchisio con Legami, Sushi & More, ancora attivo oggi.

Terrazza Fausti Bergamo Da Armani a Fendi, quando il fashion sbarca in cucina

Terrazza Fausti Bergamo

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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