«Vogliamo le regole date a Venezia» (tetto di giorni 120 di affitti brevi dopo il quale l’attività diventa di impresa, con regole diverse e più tasse, ndr). Tuonano i sindaci di Milano, Beppe Sala, e di Firenze Dario Nardella alla ministra del Turismo Danila Santanchè. In pratica e giustamente, equiparare tutte le città d’arte con l’obiettivo di regolare il far west degli affitti brevi (e spesso abusivi) che negli ultimi anni sta diventando un’arma a doppio taglio per la salute del turismo italiano. Una richiesta emersa chiara e fortenell’incontro tra la ministra e sindaci interessati dalla bozza di legge sugli affitti brevi. Un ddl così così blando da aver fatto storcere il naso a tutti. Federlaberghi in primis alla vista della bozza aveva espresso senza mezzi termini la delusione. Infatti, la bozza semplicemente uniforma la normativa nazionale e introduce il “limite” che nelle piattaforme come AirBnB non si potrà alloggiare per meno di due notti nelle 14 città metropolitane ad alta densità turistica, anzi nei centri storici di queste città. Per il resto, il ddl si concentra sul definire cosa sia una locazione turistica, introdurre un codice identificativo nazionale e prevedere un simile obbligo per chi svolge “attività di locazione di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche” a livello imprenditoriale, con uno specifico codice Ateco. Da qui comprensibile l’ira dei sindaci che sin dall’inizio hanno chiesto poteri reali per limitare la crescita degli affitti turistici e delle case che finiscono sui portali come Booking e Airbnb, togliendo metri quadri agli affitti residenziali di lungo periodo, e facendo concorrenza spesso sleale agli alberghi. E sindaci e assessori lo hanno ribadito alla ministra Santanchè, bocciando la sua bozza di disegno di legge sul settore e chiedendole di correggerla. Ma se la ministra si dichiara soddisfatta dall’incontro, i sindaci, in particolare, quello di Firenze e di Milano, non sono d’accordo. Anzi Nardella post confronto con la Santanchè ha ribadito senza mezzi termini che manterrà «in piedi il nostro pacchetto di misure urbanistiche tese a favorire la residenza, a limitare la rendita parassitaria, soprattutto quando si configura come una concorrenza sleale verso le imprese, ed equilibrare il fenomeno degli affitti turistici brevi». Se poi la norma corretta dalla ministra «soddisferà le nostre esigenze, pronti a ritirare i provvedimenti».
I sindaci di Milano e Firenze, Beppe Sala e Dario Nardella in prima linea contro gli affitti brevi
Firenze, Nardella deluso dalla ministra Santanchè va avanti con il suo pacchetto sugli affitti brevi
Nel mentre Nardella tira dritto con il suo pacchetto di misure per limitare i nuovi affitti brevi nell’area Unesco ed azzerare l’Imu per tre anni a chi si converte ad affitti più lunghi. Bene, invece per Nardella la novità del codice identificativo per chi affitta, ma la richiesta è di «lasciare le amministrazioni libere di decidere in quali zone della città poter limitare o vietare gli affitti turistici brevi».
Per quando riguarda il numero di notti, Nardella afferma, appunto, che è stata presentata «la proposta di sostituire al criterio delle notti minime il criterio del numero massimo di appartamenti che un soggetto può affittare senza essere impresa, numero che oggi è quattro e che vorremmo abbassare a due». Oltre questi numeri, specifica il sindaco, «riteniamo non ci sia più il caso di una famiglia che affitta la propria seconda casa ma si configuri una realtà imprenditoriale».
Milano, Sala chiede le regole di Venezia per gli affitti brevi
Anche Milano, insiste il sindaco Sala, vuole «le regole date a Venezia». «Ad oggi la proposta del governo è per noi certamente insufficiente e la questione del numero di notti minime è ininfluente per le città», hanno commentato dopo l'incontro Sala e l'assessore alla Casa Pierfrancesco Maran.
«Ci siamo lasciati con un approfondimento sulla possibilità di normare il numero di licenze per persona - ha poi spiegato Maran - su cui la ministra era possibilista, e la richiesta dei comuni di applicare delle zonizzazioni per ridurre la pressione in alcune zone a rischio di sostituzione abitativa, su cui non ci sono state aperture». E per Sala il punto centrale è che «si debba essere liberisti finché si vuole seguendo le logiche di mercato, certamente a una famiglia che ha un appartamento e lo toglie dal mercato dell'affitto a lungo termine per metterlo in quello degli affitti brevi non le si può dire niente, ma a chi in questo momento si sta accaparrando appartamenti medio-piccoli, ne ha dieci o venti, intere case che al 50% ormai non sono più consegnate alla possibilità di avere affitti a lungo termine ma sono tutte orientate a affitti brevi, è un problema. Lo si può riconoscere o no, dopodiché qui c'è la politica, si può dividere su questo, ma rimane il fatto che è un tema».
Ddl Santanchè e il nodo del minimo di notti che non piace a nessuno
Un tema affrontato anche nell’altro vertice organizzato dal ministro Santanchè con i rappresentanti degli albergatori, degli host, dei property manager (che a differenza degli host gestiscono case di proprietà altrui) e dei proprietari. Gli albergatori hanno ribadito che le norme e la bozza nel suo complesso sono «insufficienti». Non convince nemmeno il limite di due di due notti per poter soggiornare negli Airbnb dei centri storici che è stato chiesto di aumentare. Contrari, come prevedibile, il mondo delle locazioni brevi per il quale lo stop ai pernottamenti di una notte significa uccidere il settore. La soluzione? Per Marco Celani, presidente di Aigab, l’Associazione italiana gestori affitti brevi, e amministratore delegato di Italian Way, una sorta di portale Airbnb per i viaggi d’affari, è il codice identificativo: «In molti non colgono l’importanza in termini di contrasto agli abusivi del codice identificativo senza il quale non si potrà essere prenotabili online. In Grecia, quando l’hanno introdotto hanno cancellato in un istante 17mila annunci».
Il nodo della durata del pernottamento è centrale anche per il presidente di Aigo (Associazione gestori ospitalità e ricettività diffusa della Provincia di Roma) Confesercenti, Claudio Cuomo che sottolinea «l’inadeguatezza della limitazione temporale e dimensionale dell’articolo 4 del testo, che a nostro giudizio va eliminato. Abbiamo, infatti, gestori che operano sia in località dove ci sono stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, sia in comuni con più o meno di 5mila abitanti, ospitando con frequenza clienti business di una notte e che sarebbero limitati. Inoltre, si creerebbe confusione tra comuni: immaginiamo un comune confinante con un altro, dove la densità abitativa è differente, ed un gestore a pochi metri dall’altro possa, differentemente, ospitare un cliente per una notte. Si tratta, di fatto, di un limite alla libera concorrenza: Antitrust, normativa europea, Tar regionali, non ultimo quello del Lazio, hanno unanimemente sancito il principio di non limitare la libera concorrenza. Per questo invieremo, come richiesto dal ministero, un documento emendativo volto a superare il limite delle due notti. Infine, riguardo al Codice Identificativo Nazionale, siamo ansiosi di vederlo all’opera: ci chiediamo infatti se queste leggi varranno anche per le Ota che hanno sede all’estero, su cui transitano il 90% delle prenotazioni, e se le sanzioni saranno efficaci».
La patata bollente ritorna alla ministra Santanchè, che dovrà mettere mano alla bozza del ddl sugli affitti brevi. E stavolta dovrà prestare maggior attenzione per gli occhi di tutti rappresentanti delle Città Metropolitane (Milano, Torino, Genova, Bologna, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Cagliari, Palermo, Messina e Catania), degli albergatori, dalle associazioni degli inquilini, dei sindacati di questi ultimi sono puntati su di lei. E di certo non gliene faranno passare una. La posta in gioco è davvero troppo alta. Forse nemmeno quantificabile. Ricordiamo però che gli hotel creano un giro d'affari che supera i 50 miliardi di euro mentre le abitazioni private si fermano a quota 6)…