L'allarme in città: negozi di prossimità e bancarelle del mercato prossimi all'estinzione senza misure in grado di invertire la tendenza che ha registrato in dieci anni la chiusura di più di 100mila attività in tutta Italia. Una serrata che senza sosta prosegue in tutto il Bel Paese, e che registra solo poche eccezioni che riguardano in particolare il settore della ristorazione e degli alloggi. Ma questo non basta certamente per guardare al futuro con più fiducia.
Il commercio che non c'è più
C'era una volta il commercio si potrebbe dire scorrendo i dati dell'analisi dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Dal 2012 al 2022 sono sparite infatti, quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre15mila imprese di commercio ambulante. Crescono invece gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio. «Complessivamente - sottolinea il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella - la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione».
Il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella
I dati nel dettaglio
Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila).
-16mila imprese di commercio ambulante
Le città: Sud più vivace del Nord
Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.
Il tessuto commerciale nei centri storici
Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali:
- libri e giocattoli -31,5%,
- mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%;
e sempre più servizi e tecnologia:
- farmacie +12,6%,
- computer e telefonia +10,8%,
- attività di alloggio (+43,3%)
- ristorazione (+4%).
Desertificazione commerciale: efficienza e produttività la soluzione
I calo registrato nei negozi di prossimità confina con il rischio di desertificazione commerciale delle città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti: un calo di quasi il 20%. Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.
L’analisi su 120 città medio-grandi
Sangalli: "Accelerare la riqualificazione urbana"
Riguardo i dati diffusi dalla Confcommercio, il presidente Carlo Sangalli, commenta: «La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Pnrr e il coinvolgimento delle parti sociali».
Carlo Sangalli, presidente Confcommercio
Il settore ristorativo con i dati delle Camere di Commercio
Stringendo l'analisi su un singolo settore, quello ristorativo, ulteriori dati giungono dalle Camere di Commercio che sottolineano come il 2022 sia stato un anno di record negativi per il comparto ma, contestualmente, di segnali incoraggianti: se da un lato sono stati registrati il saldo negativo più alto di sempre tra le attività iscritte all'ente camerale e quelle cessate, -17.168, e la storica diminuzione dell'1,40% delle imprese attive, che passano dalle 340.610 del 2021 a 335.817 invertendo un trend di crescita pluridecennale, dall'altro si stima una spesa alimentare fuori casa attorno agli 88 miliardi di euro, ovvero +3% sul 2019, anno del precedente record positivo con 86 miliardi di spesa.
Il Rapporto 2023 dell'Osservatorio Ristorazione
La fotografia è scattata dal Rapporto 2023 dell'Osservatorio Ristorazione, realizzato elaborando dati provenienti da diverse fonti, tra le quali gli istituti di ricerca Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe e Federalberghi, le banche dati di Infocamere e della web app per la ristorazione Plateform installata su oltre 1300 attività in Italia. Secondo quanto emerso dal report, lo scorso anno il 71% dei ristoratori ha dovuto compiere azioni impreviste per far fronte all'aumento delle spese di energia e materie prime, puntando, nell'82% dei casi, all'aumento dei prezzi finali al cliente. In linea con l'anno precedente, il 76% ha perso figure professionali in cucina o in sala e, ad inizio 2023, un ristoratore su due ha ancora problemi di personale.
«Il 2022 può essere visto con grande ottimismo - afferma Lorenzo Ferrari, presidente dell'Osservatorio Ristorazione - dato che a fronte dei record negativi sulle chiusure sono stati raccolti segnali più che incoraggianti per chi ha resistito negli ultimi anni. E' stata proprio la capacità di adattarsi ai cambiamenti messi in campo da fattori su cui non si ha controllo a determinare la sopravvivenza e la prosperità delle realtà ristorative attive, in una sorta di 'darwinismo ristorativo' che si è affacciato in Italia nello scorso anno e che promette di proseguire la sua strada nel corso del 2023».
Lorenzo Ferrari, presidente dell'Osservatorio Ristorazione | foto: LinkedIn