Nel cuore delle Alpi francesi, nel rustico villaggio di Le Fornet, per dodici anni lo chef Benoit Vidal ha guidato le sorti dell’omonimo ristorante, guadagnandosi due stelle Michelin per la sua cucina raffinata e il suo accurato utilizzo di prodotti locali. Ma nel 2023, questo sogno si è infranto in modo inaspettato. Il problema è sorto quando il proprietario del ristorante ha deciso di vendere il locale a degli imprenditori immobiliari, nonostante Vidal avesse manifestato l'intenzione di acquistarlo. A quanto pare, il proprietario gli aveva inizialmente promesso che avrebbe avuto la possibilità di diventare proprietario, ma poi ha ceduto alla pressione dei nuovi acquirenti che gli offrivano una somma considerevole per l'immobile. Vidal non ha potuto competere con l'offerta e, come risultato, ha dovuto lasciare il ristorante che portava il suo nome.
Benoit Vidal porta in tavola una cucina raffinata con attenta selezione degli ingredienti. Nella foto: capesante saltate, burro salato, brodo con pino e mele
Chef patron vs chef de cuisine: una distinzione cruciale
Ma come può accadere una cosa del genere? Per capirlo, dobbiamo fare una distinzione importante: quella tra lo chef patron e lo chef dipendente.
Nel mondo della ristorazione, i ruoli possono essere tanto complessi quanto i piatti serviti. Due figure fondamentali, in questo panorama, sono lo chef patron e lo chef dipendente. Lo chef patron è il cuoco proprietario del ristorante in cui lavora. Questo ruolo implica responsabilità che vanno oltre la cucina, includendo la gestione finanziaria e amministrativa dell'intero ristorante. Dall'altro lato, lo chef dipendente, o chef de cuisine, è il responsabile della cucina, dalla creazione del menu alla gestione del personale e al controllo della qualità dei piatti. Nonostante la posizione di prestigio, lo chef de cuisine non possiede necessariamente il ristorante in cui lavora.
Questa differenza, apparentemente sottile, può portare a conseguenze significative, specialmente quando si parla del legame tra lo chef e il ristorante. Questo legame è particolarmente forte quando lo chef dà il proprio nome al ristorante, a prescindere dalla proprietà del locale. Nel caso di Vidal, questi era lo chef patron, ma non era il proprietario: una differenza cruciale. Anche se Vidal era la forza trainante dietro il successo di Maison Benoit Vidal, non aveva il controllo totale sulla proprietà del ristorante stesso.
Il risvolto della medaglia: i rischi di prestare il proprio nome al ristorante
C'è un rischio intrinseco nel prestare il proprio nome a un ristorante, soprattutto se non si è proprietari. Il nome di uno chef può essere un potente strumento di marketing, capace di attrarre clienti e critici. Ma, come ha dimostrato la disavventura di Vidal, può anche essere una spada a doppio taglio.
Se il ristorante fallisce o viene venduto, lo chef può perdere non solo il suo posto di lavoro, ma anche il diritto di usare il suo nome in connessione con il ristorante. Inoltre, se il ristorante continua a operare sotto il suo nome dopo la sua partenza, lo chef può non avere alcun controllo sulla qualità del cibo o del servizio, il che potrebbe danneggiare la sua reputazione.
Quando lo chef Vidal ha perso il suo ristorante, ha perso molto più di un luogo di lavoro. Ha perso un pezzo della sua identità e della sua reputazione. Ma nonostante la perdita devastante, Vidal non si è lasciato abbattere. Ha promesso di tornare, e di costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che sarà veramente suo.
La realizzazione di un sogno: la casa di Benoit Vidal
Dopo la chiusura di Maison Benoit Vidal, lo chef si è messo alla ricerca di un nuovo luogo in cui esprimere il proprio talento culinario. Ha visitato vari luoghi in Savoia, alla ricerca di un posto dove poter finalmente sentirsi casa.
Ancora non sappiamo dove aprirà il suo prossimo ristorante, o come sarà. Ma una cosa è certa: non sarà in una stazione sciistica "troppo bling bling" (neologismo proveniente dalla cultura hip-hop che indica una ricchezza ostentata in maniera pacchiana). Queste sono le sue parole, e riflettono la sua scelta di preferire l'arte della cucina rispetto alla sua commercializzazione.