Il via libera dell’Unione Europea alla commercializzazione di alcune varietà di insetti sta scatenando la reazione del mondo della ristorazione, tra chi assolutamente rifiuta il loro utilizzo in cucina, e chi invece è più possibilista, come lo chef Loris Caporizzi, esperto in entomofagia, ritiene che "individuare fonti alimentari alternative non è una scelta, è una necessità", e da tempo propone piatti a base d'insetti.
Derflingher: «Ho mangiato gli insetti in Cina, ma in Italia non entrano nella mia cucina»
Per lo chef Enrico Derflingher, presidente di Euro Toques Italia e International, e dal 2014 Ambasciatore della Cucina italiana è una questione di cultura. Derflingher, lecchese d’origine, ha girato il mondo molto per la sua professione, trascorrendo anche numerosi anni in Giappone e in Cina: «In tanti anni di lavoro in Asia ho provato a mangiare api, serpenti, e molti altri insetti. I grilli li ho provati 15 anni fa fritti: come li cucinano loro, al palato sono digeribili e anche buoni, ho provato tutte le cucine del mondo per lavoro e curiosità e posso dire che non hanno nulla a che fare con la nostra storia, cucina e tradizione: non è giusto usare i grilli in Italia per altro come ingredienti scritti sulle confezioni con nomi tecnici non identificabili come permesso dalla legge europea, non è corretto».
Chef Enrico Derflingher, presidente di Euro Toques Italia e International
«Ho studiato questi alimenti in Cina, ho visto nei laboratori come vengono preparati, è vero: c’è scarto zero e non inquinano. Ma resta che sicuramente non possiamo accettare una situazione di questo genere, io sono uno dei due ambasciatori della cucina italiana nel mondo e assolutamente escludo di utilizzare gli insetti nella mia cucina».
Euro Toques – ricorda Derflingher – è nata 40 anni fa proprio per tutelare la cucia italiana nel mondo: «In Cina – conclude il presidente - ci sono 52 tipologie diverse di cucine, alcune molto buone. Inoltre, è giusto dire che l’immagine della cultura e della cucina cinese che hanno le persone non è assolutamente quella reale, ma nulla hanno a che vedere con i nostri prodotti italiani, gli insetti non entreranno nella mia cucina».
Fusco: «Mangiamo le lumache, perché non i grilli?»
A differenza di chef Derflingher, Andrea Fusco, chef del ristorante fusion Taki Off di Roma è più aperto alla possibilità di introdurre piatti a base di insetti: «Se ne parla da diversi anni degli insetti delle loro qualità. In Italia non mi è mai capitato di mangiarli, mentre in Sud America alcuni chef stellati li stanno già sperimentando. Voglio provarli e credo che il futuro sarà questo, ma ci vorrà del tempo nel nostro Paese. Rimpiazzare la dieta Mediterranea non credo che sia una possibilità imminente, ci vorranno molti anni, piuttosto penso che possa essere qualcosa che si può integrare nella nostra cucina, come già accaduto. Io sono pronto ad inserire gli insetti nel mio menu. Del resto sono importanti per l’ecosistema, sono ricchi di proteine è hanno un impatto ambientale minore rispetto ad esempio, agli allevamenti. Ci vuole del tempo. Mangiamo le lumache perché non una cavalletta o un verme? Poi la differenza la facciamo noi: come renderli particolari, attraenti e con la voglia di essere mangiati.
Andrea Fusco, chef del ristorante fusion Taki Off di Roma
Castellani: «Piuttosto ridurre gli scarti, tornerei a mangiare la trippa»
Anche Vittorio Castellani, chef Kumalè, nella sua vita ha girato il mondo, ha provato 70 tipi di insetti, ma ne salverebbe solo 4: «Le popolazioni asiatiche sono popolazioni che da secoli si nutrono e hanno abitudini entomofoghe. Ad esempio, in Thailandia, area molto povera, gli abitanti li mangiano per supplire ad alcune carenze alimentari, per loro è importante mangiare insetti. Non è comunque una novità, sono molto scettico sul fatto che in occidente si debba arrivare a mangiare gli insetti, meglio tornare a mangiare cibi poveri come il quinto quarto, le frattaglie, le parti scartate degli animali, quelle che i nostri nonni mangiavano. Allora piuttosto che alghe, insetti e bistecche stampate in 3D, meglio mangiare gli scarti e molto più i legumi. Ho mangiato 70 varietà di insetti, ne farei a meno, a parte 4, tornerai invece a mangiare un buon piatto di trippa», commenta Fusco che sottolinea come in questo gli scarti delle lavorazioni animali sarebbero sicuramente meno, «Dovremmo fare una lotta agli sprechi piuttosto: buttiamo troppo, come accade anche al supermercato, è necessario un lavoro sull’educazione ai consumi anche a scuola», conclude.
Vittorio Castellani, chef Kumalè - Foto: Michele D'Ottavio
Capaccioli: «Presto ristoranti “Grilli Free”»
Sull’argomento interviene anche Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert -ente di certificazione, ispezione e valutazione ideatore del Protocollo di certificazione ITA0039 per la certificazione degli autentici ristoranti italiani all’estero- anche per lui è un netto "no": «Per noi è aberrante solo il pensiero, è impossibile accettare quella che non stento a definire una vera e propria aggressione alla dieta mediterranea, di cui questo Paese è il fondatore. La nostra è un’alimentazione sana, fatta di cibi prodotti dai nostri agricoltori, allevatori e produttori, forti fatto di essere frutto di un percorso produttivo sostenibile. È impensabile che nei nostri alimenti possano essere utilizzate farine di insetti: lo riteniamo un attacco per chi – come noi - ha nel proprio patrimonio alimentare le sue radici culturali. Per noi è inimmaginabile un cambiamento del genere, non appartiene alla nostra tradizione. Questo tipo di alimentazione può sconvolgere le nostre abitudini alimentari e la nostra dieta e impattare sulla salute pubblica, in nome di interessi economici, che nulla hanno a che vedere con la tollerabilità e la salubrità. Stiamo provando a capire - in osservanza delle leggi - quali potranno essere le linee di azione per contrastare questa decisione dell’Unione Europea che permette l’inserimento nel mercato degli insetti. Non appena reperiremo e avremo chiare quali saranno le linee dell’attuale governo, che sembrano convergere con quanto sosteniamo anche noi, saremo pronti a qualsiasi iniziativa per contrastare questo fenomeno. Abbiamo intenzione di creare una certificazione, come azienda, in modo da distinguere quali ristoranti non fanno uso di queste farine: una sorta di ‘Grilli free’» spiega l’amministratore delegato di Asacert.
Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert
L’impegno della società nel tutelare il Made in Italy non si limita ai confini nazionali, «In un momento storico in cui viene sdoganato l’utilizzo di farine di insetti - aggiunge Capaccioli - ITA0039 by Asacert, il protocollo a cui hanno aderito partner importanti come Coldiretti ed Euro Toques, certifica gli autentici ristoranti italiani all’estero. Siamo sempre in prima linea per la tutela e la valorizzazione dei prodotti della nostra tradizione gastronomica, che rappresentano un pezzo importante della nostra cultura, anche all’estero. La tutela che introduciamo è concreta e digitale, grazie all’App gratuita ITA0039, che consente a tutti i consumatori del mondo di scoprire se il prodotto che stanno acquistando è veramente italiano. I dati che stiamo raccogliendo daranno vita ad un Osservatorio ed un rapporto annuale sull’Italian Sounding», conclude Capaccioli.