Ci facciamo un amaro? Riprende quota il piacere di gustarsi un amaro a fine pasto in Italia e all'estero dopo il periodo di lockdown con la chiusura dei locali e compatibilmente ai controlli alcol test: secondo rilevazioni Nielsen diffuse da Federvini l'affezione per uno prodotti portabandiera italiani, realizzato da Nord a Sud della penisola, è tornata a crescere nei primi tre mesi dell'anno con le vendite nella distribuzione che hanno segnato un +24,6% a volume e +24,4% a valore.
Ritorna il piacere per l'amaro, vendite in aumentoDal punto di vista della scelta di consumo del fuori casa avanza, in questo ultimo periodo, la richiesta dell'amaro forte rispetto alla tipologia del medio dolce o dell' agrumato, come certificato da Fabrizio Valeriani, bar manager de Il Marchese, locale romano accreditato come il primo Amaro Bar in Europa con in carta più di seicento etichette italiane ed estere.
Alla ribalta in particolare, oltre agli amari più insoliti come quello piccante (del Capo "red"), sono tornate, già dalla scorsa primavera, anche i drink miscelati con chinotto e cedrata, il Braulio e il Ferrochina, prodotto artigianale fatto dai monaci e che risale agli anni '40, quando l'amaro di china si miscelava con il citrato di ferro.
«C'è una vera e propria rinascita- commenta Micaela Pallini, presidente di Federvini e già presidente del Gruppo Spiriti- degli amari in Italia e all'estero, dove sono state riscoperte le radici come accade con il vermouth. Del resto, il gusto per gli amari in Italia è molto radicato. Una passione che abbiamo saputo esportare anche all'estero dopo che i dazi Usa, ora sospesi, nel 2020 sono costati il 40% in valore delle esportazioni di liquori italiani negli States».
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