È sull’incantevole Costa dei Trabocchi, fra Ortona e Fossacesia, che si concentra la produzione di agrumi abruzzesi. Questo tratto di costa, lungo circa 15 km, che comprende i comuni di Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni e Fossacesia, prende il nome dalle antiche e suggestive “macchine da pesca” citate spesso negli scritti di Gabriele d’Annunzio.

Tra gli agrumi coltivati, l’arancio è la specie prevalente ed è rappresentato da vecchie varietà sia a polpa pigmentata rossa (ottime per le spremute) che a polpa bionda. La vivace colorazione delle arance rosse, ricche di vitamina C, è assicurata dalle antocianine, che oltre a conferire colore e gusto possiedono proprietà terapeutiche e antiossidanti con effetti antistress e antinvecchiamento. Anche mandarino e limone sono presenti con diverse vecchie varietà di origine mediterranea. I terreni destinati alla coltivazione degli agrumi sono spesso in pendio e confinano con il mare. La raccolta viene fatta manualmente e si protrae per tutto l’inverno.
Ricerche storiche hanno evidenziato che a importare l’arancio in questo territorio furono dei profughi sefarditi (ebrei di origine iberica) rifugiatisi nel Regno di Napoli: essi, infatti, colonizzarono questi luoghi, rimasti semi abbandonati a seguito del terribile terremoto con conseguente maremoto che li aveva colpiti nel 1627. Lo storico del paesaggio agrario Aurelio Manzi attesta inoltre che queste arance sono probabilmente discendenti da quelle cinesi, importate in Europa dai portoghesi nel XVIII secolo; e in effetti nel dialetto della zona sono chiamate ancora ‘portuhalle’.
La presenza del mandarino e del limone, invece, viene fatta risalire all’inizio del secolo scorso. Tra l’800 e il 900, il commercio degli agrumi era fiorente e fondamentale per l’economia locale, la frutta partiva dalla stazione ferroviaria di San Vito per il Nord Europa e il Nord America, ed enormi quantitativi venivano commercializzati anche sui frequentatissimi mercati di Lanciano. Le superfici a coltura erano consistenti e per questo i proprietari dei giardini venivano considerati benestanti.
Oggi, invece, si stima una superficie residua di poche decine di ettari, che comunque consente il sussistere di un piccolo commercio locale effettuato in varie forme: mercatini di prossimità o vendita diretta presso le stesse aziende di produzione. Attualmente la massima valorizzazione delle arance si ottiene con la loro trasformazione in ottime confetture.
Le tecniche colturali sono ancora di tipo estensivo. I terreni destinati alla coltivazione degli agrumi (lu ciardine) sono di medio impasto, non soggetti a ristagni di acqua, molti sono in pendio e confinano direttamente con il mare. La zona, caratterizzata da un clima temperato-caldo con estati asciutte, ha due problemi ai quali fare attenzione durante la coltivazione degli agrumi: i freddi venti balcanici invernali e la salsedine.
Infatti i cosiddetti “ciardinire” difendevano le coltivazioni con appositi frangivento protettivi, ai quali le vecchie generazioni di agricoltori dedicavano molte energie sia nella realizzazione che nella manutenzione. Molto importante risulta la presenza di sorgive di acqua accumulate nelle cosiddette “peschiere”, utilissime per l’irrigazione estiva che viene ancora effettuata per scorrimento tramite apposite canalizzazioni. La raccolta viene fatta manualmente raccogliendo con delicatezza uno a uno i frutti e si protrae per tutto l’inverno.
Locali di lavorazione, conservazione e stagionatura: la maggior parte del prodotto viene venduto appena dopo la raccolta. I frutti in attesa di vendita vengono conservati naturalmente in cantine arieggiate e al riparo dalla luce diretta.
Fonte: AA.VV., Atlante dei prodotti tradizionali d’Abruzzo, Arssa - Agenzia regionale per i servizi di sviluppo agricolo, Regione Abruzzo.