L’indotto delle lavanderie industriali che operano con il settore alberghiero e della ristorazione non reggerà al nuovo Decreto e alle nuove restrizioni in arrivo senza ulteriori Ristori. A dichiararlo è l’associazione di categoria, Assosistema Confindustria, con il presidente Egidio Paoletti: «L’Osservatorio che monitora l’andamento dell’attività delle lavanderie industriali per il comparto turistico e ristorativo ha registrato la chiusura del 2020 con un -60% di fatturato rispetto al 2019 con una perdita, quindi, di 396 milioni di fatturato. Il Dl Ristori Bis non ha colmato ad oggi in nessun modo tale perdita, in quanto ha rappresentato solo circa il 5% di quanto richiesto per la sopravvivenza del settore, ovvero almeno 158 milioni nel 2020».
Turismo a picco, crisi delle lavanderie
«Se non interverrà un aumento del Ristoro anche per lavanderie industriali - continua Paoletti - a rischio sono più di 5mila lavoratori, di cui una grande parte composta da donne, con le loro famiglie e abbiamo stimato che almeno circa il 20% delle lavanderie del settore non possa farcela a riaprire l’attività».
«Chiediamo, quindi, al governo - prosegue Paoletti - che, qualora il sistema dei Ristori rimanga quello utilizzato sino a ora, si passi per il comparto lavanderie industriali (codice Ateco 96.01.10) almeno a una percentuale del 200% delle perdite subite, insieme a un pacchetto di misure che favorisca la tenuta occupazionale, come la proroga degli ammortizzatori sociali per causa Covid. Auspichiamo, inoltre, che il modello dei Ristori venga proporzionato alle perdite complessive nel 2020 e non più a singoli mesi di riferimento».
«L’intento di Assosistema Confindustria - conclude Paoletti - è quello di limitare al massimo l’impatto e le ripercussioni della crisi sul settore sia in termini di aziende che di lavoratori. Ci tengo a sottolineare che, non a caso, il 2021 è iniziato proprio con la firma dell’accordo di rinnovo del Ccnl per le lavanderie industriali. L’associazione e le parti sociali hanno voluto dare un segnale di stabilità e di programmazione almeno fino al 2023, a un settore che subirà più di tutti l’indecisione dei mercati, l’incertezza dell’evoluzione della pandemia e della gestione dei vaccini a livello globale».
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