«Bisogna che la gente si informi di quello che succede e che non legga soltanto i titoli, e questo non vale solo per il mondo della cucina», Paolo Griffa, classe 1991 di Carmagnola (TO) chef del Paolo Griffa al Caffè Nazionale di Aosta dice la sua sul momento che sta vivendo l’Alta Cucina. Stella Michelin a 28 anni, come molti suoi giovani colleghi sta seguendo con attenzione quello che sta accadendo al settore, tra chiusure inaspettate di celebri stellati, bilanci in rosso e voci di fine dining è una stella cadente, una moda passata? Provate a dirglielo.
Chef Paolo Griffa con la sua brigata - Paolo Griffa al Caffè Nazionale
«In tutte le professioni ci sono delle mode che vengono cavalcate, ma come tutte le mode passano, invece chi lavora in modo professionale, in modo continuo, come scelta di ristorazione, chi lo fa in modo consapevole va avanti. Le mode passano ma la consapevolezza resta - sottolinea Griffa -. Tutto si basa sulla cultura che ogni cuoco ha: fare questo tipo di cucina è una nostra identità, questa rimane».
Le mode passano, «La mia cucina è riconosciuta dai miei clienti»
«C’è voluto tempo a costruire il nostro stile di cucina e non può cambiare così soltanto perché una moda è passata» continua il giovane chef: «Siamo arrivati a questo punto, c’è stato un processo di crescita, è una nostra identità, rimane. Io penso che i miei piatti vengano riconosciuti ormai sia visivamente che “gustativamente” dai miei clienti. Noi abbiamo scelto di fare questo stile di cucina perché siamo convinti che sia buona e di livello. Lo dimostrano le persone quando vengono a provarla dopo aver perso il pregiudizio del “chissà cosa faranno mai di strano”: in realtà noi cuciniamo, siamo dei cuochi, lavoriamo la materia prima e cerchiamo di selezionarla al meglio possibile».
Paolo Griffa al Caffe Nazionale di Aosta
Meno gente al ristorante, ma l’interesse verso il fine dining è sempre alto
Lo chef piemontese torna poi sulle difficoltà che stanno interessando l’Alta Cucina: «Quello che sta accadendo al fine dining andrebbe raccontato a 360°, dando tutte le informazioni del caso perché non basta far soltanto articoli per far parlare, ma bisogna raccontare esattamente tutto quello che c’è dietro a un ristorante. Un ristorante non è solo una cucina che serve ai propri clienti; dietro spesso ci sono eventi, consulenze, ci sono tantissime attività parallele; quindi, ci sono anche tanti introiti che ne derivano, anche perché se non avessi un ristorante dove far provare la mia cucina, tutto questo non potrebbero esistere».
Questo momento per lo chef andrebbe valutato anche in base a queste variabili: «Nonostante sia calata la clientela dei fine dining, non è calato l’interesse per l’alta cucina. Anzi, ne parliamo sempre, in continuo e in diversi contesti, la gente vuole conoscere le ultime novità e non perde la passione per la buona cucina. Poi ognuno ha il suo stile: abbiamo la fortuna di avere tanti tipi diversi di cucina, ogni regione ha la sua cultura, con approcci agli ingredienti differenti. Poi sarà il cliente a scegliere cosa vuole mangiare, perché spesso oltre al cibo lo storytelling è parte fondamentale dell’esperienza. Noi abbiamo la fortuna di non mangiare per doverci sfamare, ma scegliamo di andare a ristorante per piacere; quindi, ci orientiamo verso ristoranti che soddisfano i nostri gusti».
Storione alla mugnaia con Vin Claire e salsa al levistico
La ricaduta sui giovani chef: la gente ha pregiudizi
Questa situazione, continua Griffa: «Gira a nostro svantaggio perché la gente adesso ha dei pregiudizi, è sempre tutta una questione di informazione e disinformazione. La gente adesso sembra che debba venire spaventata dal fine dining dalla ristorazione creativa e di ricerca, ma in realtà non è così: perché comunque ci sono tantissimi giovani che sono sempre più informati e propongono delle cucine, per quanto differenti, di altissimo livello. Io ho mangiato benissimo da colleghi miei coetanei, ma anche più giovani, e questo fa molto piacere perché comunque vuol dire che c’è una ricerca consapevole dei prodotti e di come servirli, di come proporli al cliente», innovazione e ricerca dunque continuano oltre le parole dei giornali.
Griffa: «Il mio fine dining racconta il territorio»
Paolo Griffa si è già distinto tra le stelle della cucina italiana e internazionale, ma quale chiave ha scelto per i suoi piatti? «Noi facciamo un fine dining che racconta il territorio Valdostano che, nonostante non sia il mio di origine, io sono piemontese, ho prima di tutto imparato a conoscerlo e adesso lo racconto con i miei occhi, come lo vedo io, con le forme, con i colori, con un’armonia che è personale» sottolinea Griffa che mostra grande attenzione verso i suoi ospiti e le loro aspettative: «Se un cliente viaggia e raggiunge Aosta per arrivare fino a noi, e quindi ha fatto un’ora, mezz’ora o due di strada, oppure un turista che ha fatto molti chilometri ed è arrivato ad Aosta, io voglio che trovi qualcosa che può trovare soltanto qui, che qui sia autentico. Infatti, noi non utilizziamo pesce di mare, non utilizziamo dei prodotti importati, per quanto buoni essi possano essere: non metto in discussione la qualità dei prodotti, ma semplicemente che non saranno mai buoni come mangiati nel paese di produzione. Un gambero di San Remo da me non sarà mai buono come mangiarlo a San Remo» spiega Griffa.
Babà alle erbe di montagna, gel al limone e gelato alla mandorla
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Viola (patata, cavolo e fiori) zenitale
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Porcino arrosto, tuorlo d'uovo, lievito e sambuco
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Animella di vitello laccata al melograno, ibisco e timut, crema di pastinaca e barbabietola
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E il futuro? «Basta essere presi in giro, ci vuole concretezza»
Lo scenario attuale dell’Alta Cucina come inciderà sul futuro? «Siamo in una fase di passaggio, quello di sicuro - commenta lo chef -, dove la gente ha molta consapevolezza adesso. Dopo diversi anni di sovrapposizione mediatica, la gente si è acculturata molto, ha tutte le carte per poter decidere consapevolmente dove andare a mangiare», spiega Griffa facendo chiaro riferimento alle numerose trasmissioni televisive che imperversano in tv, dove però manca una componente fondamentale: la conoscenza della materia prima da parte dei partecipanti. «Ovviamente siamo stufi di essere presi in giro, quello un po’ tutti quanti, nel senso che non basta soltanto fare show, ma ci vuole concretezza, ci vuole una conoscenza vera del prodotto, così come ce l’hanno adesso i clienti per poterla apprezzare, non basta più fare qualcosa dove stupisci per rendere contento un cliente, ci vuole veramente concretezza. Io voglio uscire dal ristorante che ho mangiato e ho mangiato bene. Ho trascorso del tempo al ristorante dove sono stato “coccolato”, dove ho “investito” del tempo e ho passato un bel momento in compagnia», conclude lo chef.
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Paolo Griffa al Caffè Nazionale
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Tel 0165525356