Il caro prezzi taglia del 4,2% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani nel 2022 che sono però costretti però a spendere comunque il 4,7% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica. Questi i dati Istat relativi al commercio al dettaglio nel 2022 rispetto all’anno precedente che evidenzia l’impatto del caro prezzi sul carrello della spesa, dove i volumi di cibo acquistato sono diminuiti di oltre cinque volte rispetto al dato generale (-0,8%). Nel dettaglio tutti i trimestri dello scorso anno hanno visto incrementi congiunturali nel valore complessivo delle vendite, associati a una diminuzione dei relativi volumi. Nella media del 2022 la crescita in valore delle vendite ha caratterizzato tutte le forme distributive, seppure in misura molto differenziata, con gli aumenti maggiori registrati per la grande distribuzione specializzata e per i discount.
La situazione di difficoltà è resa evidente dal fatto che volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,9% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio.
Il cibo è la principale vittima dell’inflazione
Il risultato dei discount evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità.
Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa con il 72% degli italiani che si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie, infatti, vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.
«Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni» ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Per Confcommercio il dato peggiore delle attese che indica un chiaro sintomo delle difficoltà che cominciano ad avere le famiglie nel mantenere i livelli di benessere economico. Infatti, al netto degli importanti aiuti che continuano a sostenere soprattutto le fasce più deboli della popolazione, le pressioni determinate dall’elevata inflazione sul reddito disponibile e sulla ricchezza detenuta in forma liquida continuano a comprimere i consumi.
I prezzi relativi, in peggioramento per i beni agevolano lo spostamento verso i servizi, soprattutto turistici. Anche su questo versante, tuttavia, è lecito prevedere un rallentamento nell’orizzonte del primo semestre dell’anno in corso. Tutto ciò si potrebbe tradurre in un primo quarto del 2023 caratterizzato da una moderata riduzione del prodotto in termini congiunturali. In un contesto che vede quasi tutte le tipologie distributive evidenziare, al netto della componente relativa al prezzo, andamenti non positivi delle vendite, i piccoli negozi continuano a essere particolarmente penalizzati. Nella media dello scorso anno le vendite di prodotti alimentari erogate dagli esercizi di minori dimensioni sono cresciute a valore dell’1%, implicando una forte riduzione dei volumi distribuiti a causa di una crescita dei prezzi della categoria pari all’8,8%. L’equilibrio di molte piccole imprese è, quindi, già molto fragile e non si può escludere una riduzione dei livelli di servizio commerciale in molte città italiane.
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