Il florovivaismo è un settore di nicchia, che poi tanto di nicchia non è. Lo ha ricordato Nada Forbici, presidente di Assofloro e coordinatore nazionale della Consulta florovivaisti della Coldiretti, che di recente è intervenuta al Parlamento europeo per dire "no" all'import dei fiori recisi e delle piante degli ortaggi coltivate con fitofarmaci nei Paesi extra-Ue.
Tutela dei consumatori: Coldiretti contro l'import di fiori nocivi
«Vanno imposte le stesse regole a tutela dei consumatori - ha rimarcato durante il suo intervento a Bruxelles, con a fianco il presidente della Coldiretti Liguria e vicepresidente del tavolo piante e fiori del Copa-Cogeca - previste per le nostre imprese». Il tema è tutt'altro che secondario visto che nelle nostre case, orti e giardini arrivano fiori recisi e piante di pomodori, cetrioli, insalate e zucchine dalla Cina per 3,4 milioni di euro di import, Thailandia (5,7 milioni di euro) e Kenya (3 milioni) coltivati con pesticidi e anticrittogamici pericolosi per la salute. «Non dovrebbero più entrare nelle nostre zone verdi e nelle mura domestiche - ha ribadito la Forbici - perché le leggi nazionali ed europee ne hanno vietato l'uso nella coltivazione di fiori, ortaggi e piante in genere».
E invece ci entrano comunque attraverso le coltivazioni a basso costo che l'Italia e altri paesi comunitari importano da Africa e Asia, dove questi veleni sono ancora liberi. Spesso sfruttando manodopera a basso costo di uomini e donne bisognosi e di bambini. A Bruxelles è stato presentato un manifesto in cui si chiede di imporre ai carichi che entrano in Europa ogni giorno le stesse regole ambientali e sanitarie previste per le nostre imprese. «Oggi questo non avviene - ha sottolineato la presidente - e il nostro mercato è invaso da prodotti coltivati con fitofarmaci e conservanti che l'Ue ha bandito da molti anni». Oltre al manifesto a difesa del comparto, gli operatori del settore chiedono l'introduzione di una etichettatura che riporti l'origine del prodotto, per rendere più consapevoli le persone di quello che acquistano. Insomma, prima di tutto la salute e poi regole chiare e uguali per tutti.
Di Renato Andreolassi
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