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Guerra e grano, +36% i prezzi negli ultimi tre mesi

24 maggio 2022 | 11:38
 

Guerra e grano, +36% i prezzi negli ultimi tre mesi

24 maggio 2022 | 11:38
 

Salgono del 36% negli ultimi tre mesi i prezzi del grano anche per effetto delle speculazioni e dei saccheggi nei territori occupati in Ucraina che riducono le scorte e aggravano l’allarme fame, con un effetto domino sui Paesi in crisi alimentare. È quanto emerge dal bilancio tracciato dalla Coldiretti sull’impatto dell’aumento dei prezzi dall’inizio del conflitto al Chicago Board of Trade, in riferimento alle accuse di furti di grano ucraino da parte della Russia.
Un duro colpo per l’economia dell’Ucraina dove il raccolto di grano è stimato quest’anno pari a 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti mentre in controtendenza sale la disponibilità in Russia dove la produzione aumenta del 2,6% per raggiungere 84,7 milioni di tonnellate delle quali circa la metà destinate all’esportazioni (39 milioni di tonnellate).


Il controllo delle scorte alimentari rischia di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali con Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.
Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione Europea nel suo insieme dove il livello di autosufficienza delle produzione comunitaria varia dall’82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% per i mais destinato all’alimentazione animale fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione secondo l’analisi della Coldiretti sull’ ultimo outlook della Commissione Europea che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari.


L’ emergenza mondiale colpisce l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti.


«L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati» afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
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