Il balzo dei beni energetici oltre a spingere l’inflazione si trasferisce a valanga sui bilanci delle imprese agricole strozzate da aumenti dei costi non compensati da prezzi di vendita adeguati. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi a novembre 2021 che su base annuale evidenziano un aumento dei prezzi alimentari pari all’1,7%; meno della metà dell’inflazione che è salita al 3,8%. Molte imprese agricole stanno vendendo sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali.
Con l’avvio delle operazioni colturali gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi
Con l’avvio delle operazioni colturali gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%).
L’aumento dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Il rincaro dell’energia si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.
Il tutto mentre a novembre, secondo l'Istat, l'inflazione in Italia ha toccato un nuovo record da 13 anni a questa parte: +0,7% su base mensile per un totale di +3,8% su base annua. Sorte simile tocca anche all'Eurozona. Secondo la stima di Eurostat, il tasso di inflazione atteso a novembre è del 4,9% su base annua. A pesare è soprattutto l'energia (27,4%, rispetto al 23,7% di ottobre), seguita dai servizi (2,7%, rispetto al 2,1% di ottobre), prodotti industriali non energetici (2,4%, rispetto al 2,0% di ottobre) e cibo, alcol e tabacco (2,2%, rispetto all'1,9% di ottobre).
Sul tema e i dati di Istat ed Eurostat si è espressa anche Confcommercio: «Il fenomeno (l'inflazione, ndr), che molti avevano visto come temporaneo, sta assumendo connotati che difficilmente potranno essere riassorbiti nel breve periodo. Le famiglie, di fronte a una ridimensionamento del reddito disponibile reale, potrebbero modificare quell’atteggiamento favorevole verso il consumo che ha spinto, come confermato anche nel terzo trimestre, il recupero dell’attività economica. Ridimensionamento della domanda che potrebbe interessare principalmente i beni ed i servizi commercializzabili, quelli che hanno sofferto in misura più evidente delle limitazioni imposte dalla pandemia».
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