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Il Primo paese in Europa per aziende agricole giovani? L’Italia!

30 ottobre 2021 | 17:17

Il Primo paese in Europa per aziende agricole giovani? L’Italia!

30 ottobre 2021 | 17:17

Dal 27 al 29 ottobre si sono tenuti ad Alba, capitale della cultura d’impresa 2021, gli Stati Generali Mondo Lavoro Agrifood. Un settore importante per il Paese che, stando all’ultimo rapporto del Centro Studi Divulga-Coldiretti, mostra uno straordinario incremento di aziende giovani, rette da imprenditori sotto i 35 anni: una media di 17 imprese agricole nate ogni giorno nell’anno della pandemia, il 30% delle nuove iscrizioni. Il tema, nell’ambito della manifestazione, viene lanciato da Fabiano Porcu, direttore Coldiretti Piemonte, facendo riferimento al report 2021 sulla svolta green delle nuove generazioni.

L’agricoltura tradizionale evolve in digital farming  Italia Primo paese in Europa per aziende agricole giovani? L’Italia!

L’agricoltura tradizionale evolve in digital farming

Secondo il rapporto, l’Italia è il primo paese europeo per aziende agricole a conduzione under 35, con una resa per ettaro quasi doppia rispetto al resto di Europa. Queste nuove energie e questa capacità di innovazione portano a svecchiare il tradizionale concetto di imprenditore agricolo, anche grazie a una maggioranza di diplomati e laureati che scelgono di investire nella campagna.
Il settore dell’Agrifood mostra fondamentali molto robusti, secondo Lucio Fumagalli, Presidente INSOR -Istituto Nazionale di Sociologia Rurale e, qualità rara in Italia, un’ottima capacità di fare sistema. Uno dei settori più importanti per l’eccellenza made in Italy dimostra grande capacità di coniugare tradizione e innovazione, di fare ricchezza delle proprie diversità e tipicità contro la tendenza dilagante alla standardizzazione.


Gli Stati Generali Mondo Lavoro Agrifood hanno posto l’attenzione anche sugli enormi sviluppi dell’agricoltura di precisione e del digital farming, cioè dell’applicazione delle nuove tecnologie all’agricoltura: tecnologie digitali, IOT e intelligenza artificiale per la raccolta e gestione dei dati che consentono rapporti consuntivi e previsionali metro quadro per metro quadro, pianta per pianta, minuto per minuto, in tempo reale. Obiettivo: aumentare la produzione, migliorare la qualità del prodotto e diminuire l’impatto ambientale, rendendo quella che era l’arte più variabile del mondo, preda di eventi atmosferici e aggressioni fitopatogene, una produzione di precisione.


Il territorio trattato con tecniche di agricoltura di precisione è ancora molto residuale in Italia (3-4%), ma la prevalenza di giovani imprenditori, più consapevoli delle potenzialità del digital farming, fa pensare che il settore abbia tutte le carte in regola per abbracciare l’evoluzione dell’agricoltura tout court in agricoltura di precisione. Certo, con riferimento a tutto il comparto Agrifood, occorre segnalare lo stesso mismatch tra professionalità richieste dalle aziende e professionalità offerte dal mercato che contraddistingue tutte le industrie del Paese, specie nell’indirizzo di competenze tecnologiche ma non solo. Manca la manodopera stagionale. Mancano cuochi e camerieri. Mancano, secondo Vincenzo Gerbi, professore del settore Scienze e Tecnologie alimentari, Università di Torino, figure di ricercatori che fungano da ponte tra ricerca universitaria e imprese per portare le innovazioni in chiave di sostenibilità dove possano essere messe a frutto in tempi brevi e non restare parcheggiate nelle riviste scientifiche a uso della sola comunità accademica.
Secondo Alberto Tealdi, revisore legale del settore agricolo, e Francesco Montanari, professore associato di Diritto Tributario e revisore legale Università di Chieti-Pescara, manca anche un adeguamento della normativa agli sviluppi della realtà, per riconoscere anche a nuove forme di zootecnia, come l’allevamento di lombrichi, lo stesso statuto di agricoltore fiscalmente agevolato di un allevatore di api. La domanda è: “Perché chi alleva api è un agricoltore e chi alleva insetti e lombrichi è un’impresa a tutti gli effetti, fiscalmente equiparata, ad esempio, a Lamborghini?”. L’appello è rivolto al legislatore in primis, ma anche alle associazioni di categoria, perché facciano massa critica sul tema, obbligando chi ne ha il potere ad agire di conseguenza.


Non ultimo, a detta di tutti, si chiede agli amministratori una grande attenzione a come verranno investiti i soldi previsti per il settore dal PNRR, vincolandone una parte a investimenti legati alla sostenibilità: tema a lungo dibattuto agli Stati Generali Mondo del Lavoro Agrifood, con esempi straordinari di ciò che la ricerca e l’implementazione possono fare in questo senso. Forte il richiamo degli esperti a non credere che l’80% delle PMI che, secondo i dati Istat, fanno azioni volte alla sostenibilità significhi che abbiamo un milione di PMI sostenibili.


Due le raccomandazioni: non confondere sostenibilità con ecologia, perché la sostenibilità riguarda l’ambiente, ma anche gli aspetti economici, sociali e di governance delle imprese, e comprendere che la sostenibilità è un percorso che nasce da una consapevolezza profonda dell’imprenditore e con il tempo si estende a tutti i dipendenti e gli stakeholder dell’azienda. Come dice Marco Piccolo, CEO Reynaldi e delegato CSR Confindustria Piemonte, la sostenibilità non è un lusso né un obbligo, è semplicemente conveniente, per risultati economici e la reputazione presso i consumatori e i finanziatori. Le aziende non sostenibili nel futuro non avranno accesso al credito e a bandi pubblici, come già accada in alcuni paesi nordici.

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