Il consumatore di pasta biologica guarda all’origine della materia prima, predilige prodotti locali come garanzia di qualità, apprezza i richiami alla tradizione e ai sapori antichi, desidera un packaging riciclabile ed ecologico.
Sono le principali indicazioni che arrivano da uno studio promosso dal Consorzio Marche Biologiche nell’ambito del progetto “Biodiversity2food” (sottomisura 16.2: Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie - PSR Marche 2014/2020) e realizzato dall’Università Politecnica delle Marche per aiutare le aziende del settore ad essere più competitive, rispondendo in modo efficace alle aspettative di chi sceglie il bio.
Il Consorzio riunisce le principali cooperative leader della filiera cerealicola biologica marchigiana (Gino Girolomoni, Montebello e La Terra e il Cielo) e rappresenta 300 imprese agricole del territorio regionale.
«Il mercato del biologico – dice Francesco Torriani, presidente del Consorzio Marche Biologiche – presenta oggi notevoli opportunità; per coglierle è fondamentale che come produttori riusciamo a far percepire meglio la grande qualità del biologico marchigiano. Per questo, come Consorzio, mettiamo in campo quegli strumenti che aiutano le nostre aziende ad arrivare al consumatore nel modo più efficace. Lo studio nasce con questi obiettivi».
Dalla ricerca, realizzata dal Laboratorio analisi del consumatore dell’Università Politecnica delle Marche, coordinato dal professor Zanoli e dalla professoressa Naspetti, emerge come la pasta di grano duro occupi un posto centrale nella dieta degli Italiani. Nello scegliere un pacco di pasta, il consumatore biologico dichiara di prestare attenzione all’origine del grano e della pasta; in particolare chiede che il grano abbia un’origine italiana e che la pasta sia anch’essa prodotta all’interno dei confini nazionali, meglio ancora se locale.
Francesco Torriani
Lo studio evidenzia che l’attributo locale è anche associato ad una percezione di qualità superiore. Rispetto alle informazioni presenti in confezione, il consumatore chiede etichette chiare e ben visibili; inoltre, c’è una preferenza per i pacchi che evocano la tradizione, l’artigianalità e i sapori antichi e genuini, mantenendo intatta la semplicità e l’estetica del design.
Chi compra pasta bio vuole anche poter vedere il prodotto all’interno, per questo apprezza la “finestra” nel pacco che permetta di vedere il contenuto. Inoltre, il consumatore si aspetta che la pasta biologica abbia un packaging che spicchi sullo scaffale e che sia di materiale “riciclabile e compostabile” o comunque preferibilmente senza (o con meno) plastica. Dal punto di vista della comunicazione, sono risultati i più votati gli slogan legati alla filiera corta e alla trafilatura al bronzo.
«Questi risultati – commenta il professor Zanoli dell’UNIVPM - forniscono ai pastifici biologici l’opportunità di identificare meglio i segmenti a cui puntare. Posizionare bene il prodotto potrebbe fornire a queste aziende l’opportunità di garantirsi una fetta nel mercato biologico della pasta ben più ampia incrementando i ricavi.»
Lo studio è stato realizzato su un campione molto profilato composto da consumatori biologici provenienti da tutte le regioni italiane, di età compresa tra i 16 e i 66 anni. Analisi preliminari sono state condotte anche attraverso focus group, in cui gli intervistati si sono confrontati sulle loro scelte di acquisto.
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