La Sardegna sfonda i confini della sua isola… attraverso una pallina di pasta! È ufficiale, la fregula (o fregola), piatto tipico della cucina sarda, ha fatto il suo ingresso trionfale nella versione digitale 2025 dello Zingarelli. Ora, capiamoci: stiamo parlando di una pasta di semola a forma di minuscole palline. Una cosa apparentemente semplice, ma che ha deciso di spiccare il volo e diventare ambasciatrice di un’intera cultura. Perché, ammettiamolo, fregula non è solo un piatto, è un vero e proprio simbolo culinario che racconta storie di nonne sarde, pranzi in famiglia e profumi di mare e terra. E ora, grazie allo Zingarelli, tutti gli italiani potranno nominare con orgoglio e precisione la pasta "a pallini" che avevano sempre e solo descritto come "quella cosa buonissima che ho mangiato in vacanza in Sardegna".
Fregula si unisce ad altri vocaboli della cultura sarda già da tempo presenti ne lo Zingarelli. Foto: shutterstock
Zanichelli non si accontenta di catalogare parole mainstream. No, si avventura nei meandri delle tradizioni locali, esplora i confini dialettali e riesce a scovare tesori come la fregula. Ma non finisce qui! La fregula non è la prima parola sarda a finire sotto i riflettori del dizionario. Già da tempo altre prelibatezze e simboli culturali dell'isola sono entrati nel lessico nazionale. Diamo uno sguardo agli altri tesori sardi che già brillano nelle pagine dello Zingarelli. Prendiamo la burrida: un piatto che sembra uscito da un incantesimo culinario, con filetti di pesce gattuccio (o palombo, per i meno coraggiosi) bolliti e marinati in un condimento a base di olio, aceto, noci e fegatini. Ti fa venire fame solo a leggerne la definizione. E poi c’è il famosissimo carasau, quel disco sottilissimo di pane croccante che ha la capacità di trasformarsi in mille varianti, dalle zuppe al pane guttiau. Hai mai provato a masticarne uno? Il rumore che fa mentre lo sgranocchi è quasi poetico, e ora tutti possono pronunciarne il nome senza inciampare in tentativi goffi. Ma attenzione, non dimentichiamo i malloreddus, quei deliziosi gnocchetti a forma di conchiglia, il cui nome suona già come un invito a pranzo. Ogni volta che un italiano li chiama "gnocchetti sardi", un malloreddu si nasconde offeso. Ora, grazie al dizionario, possiamo usare il termine corretto e guadagnarci il rispetto dei veri intenditori.
E se pensavi che i piatti salati fossero tutto, ecco il porceddu, il maialino arrosto che sembra venuto direttamente dall'Olimpo dei buongustai. Cotto lentamente sulla brace, è il re delle grigliate sarde. L’unica pecca? Una volta assaggiato, non riesci più a tornare indietro. Per chiudere in dolcezza, ecco le seadas: un dolcetto fritto ripieno di pecorino e ricoperto da miele caldo. Un capolavoro che unisce dolce e salato, morbido e croccante, il sogno di chiunque abbia un’anima golosa. Pensavi che il contributo sardo si fermasse alla cucina? Ebbene no. Anche la cultura materiale dell’isola è entrata di diritto nel linguaggio italiano, grazie a parole come launeddas, il celebre strumento musicale a fiato con tre canne, che fa ballare i pastori e vibrare i cuori. O le ragas, il tradizionale gonnellino maschile sardo, un indumento che fa sembrare chi lo indossa uscito da una saga epica di guerrieri e pastori.
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