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Coronavirus, Usa tra soldi e politica Le elezioni influenzano ogni mossa

Oliviero Bergamini, giornalista Rai noto per la profonda conoscenza delle dinamiche americane, approfondisce le dinamiche sanitarie, economiche, politiche e sociali attuali negli States. «C’è confusione, ma Trump sa che si gioca una fetta importante di credibilità in vista delle elezioni di novembre».

di Federico Biffignandi
27 marzo 2020 | 08:33
Coronavirus, Usa tra soldi e politica 
Le elezioni influenzano ogni mossa
Coronavirus, Usa tra soldi e politica 
Le elezioni influenzano ogni mossa

Coronavirus, Usa tra soldi e politica Le elezioni influenzano ogni mossa

Oliviero Bergamini, giornalista Rai noto per la profonda conoscenza delle dinamiche americane, approfondisce le dinamiche sanitarie, economiche, politiche e sociali attuali negli States. «C’è confusione, ma Trump sa che si gioca una fetta importante di credibilità in vista delle elezioni di novembre».

di Federico Biffignandi
27 marzo 2020 | 08:33
 

La Cina non ha potuto fare a meno di esporsi. La Russia ha agito come sua usanza mantenendo il massimo riserbo praticamente fino a oggi. Le superpotenze europee hanno tergiversato. E gli Stati Uniti, come si stanno comportando in questa epoca di coronavirus? Il giornalista Rai Oliviero Bergamini conosce bene le dinamiche americane sotto tutti i punti di vista e a Italia a Tavola descrive l’attuale situazione provando a fare chiarezza.

Donald Trump - Coronavirus, Usa tra soldi e politica Le elezioni influenzano ogni mossa

Donald Trump

La sensazione, osservando la situazione dall’Italia, è che ci sia molta confusione negli Stati Uniti. Come se anche loro volessero sminuire la situazione, ma non potessero farlo perché è già esplosa una bomba. Quale è la verità?
Avere la sensazione che ci sia confusione è corretto perché questo è. Al momento sono stati accertati 70mila casi, più di mille morti di cui quasi la metà a New York (inteso come stato). Quanto alle dinamiche: fino a tre settimane fa Trump tendeva a minimizzare la questione sostenendo che non bisognasse fare un granchè, anzi aveva anche avanzato l’ipotesi che il coronavirus fosse una truffa. Ora però la questione si è fatto più preoccupante e le autorità stesse sono state prese in contropiede. Il problema è che le autorità in America si dividono su più livelli: a S.Francisco ad esempio si erano prese un mese fa misure molto drastiche, a New York il governatore Cuomo aveva preso anch’esso provvedimenti rigidi, simili a quelli italiani con la chiusura di locali pubblici. Ma non esiste una direttiva nazionale e dunque non è facile avere un quadro chiaro.

Come in Italia, esistono dunque anche lì dei bisticci da politica interna tutti da tenere in considerazione?
Trump ha detto che spera di riaprire tutto entro Pasqua e il responsabile delle Autorità delle malattie infettive ha detto che si potrebbe aprire in alcune zone e in altre no. La sensazione di confusione è accertata ed è tipica del Governo americano. La questione sì, è anche politica perché New York e California hanno governatori democratici avversari di Trump e reagire in modo esattamente opposto al suo è piuttosto automatico.

La preoccupazione è che la sanità americana, molto diversa da quella italiana, possa influire notevolmente sul diffondersi del virus, sulla qualità delle cure e quindi anche sui potenziali decessi.
Di base in America non esiste una sanità pubblica per tutti come in Italia. Si stima che 20-30 milioni di persone non abbiano un’assicurazione e che 80 milioni ne abbiano una che copre tuttavia poche prestazioni. Esistono in ogni caso alcune forme di assicurazione sanitaria pubblica che sono gratuite per i poveri o che tutelano gli anziani con più di 62 o 65 anni (ogni Stato ha i suoi limiti). C’è dunque una vasta sanità pubblica, basti pensare che gli Usa spendono per questo settore - in proporzione - quanto l’Italia. Detto questo, va detto che la sanità pubblica c’è, ma è organizzata male e copre la metà del fabbisogno reale.

I numeri sui contagi possono risentire anche negli Stati Uniti di un utilizzo diverso dei test?
Sì, c’è stato un problema iniziale con i test, da una parte perché erano difettosi, dall’altra perché costavano attorno ai 3.700 dollari e va da sé che in pochi potevano permetterseli. Ora però, anche grazie al fatto che a New York sono gratuiti, i test si stanno facendo e i numeri stanno inevitabilmente cambiando. Per chiudere la questione sanitaria ci tengo a dire che la situazione è e sarà sicuramente complicata, ma non bisogna eccedere né da una parte pensando che chi non ha assicurazione certamente morirà di virus, né dall’altra pensando che tutti possano curarsi come in Italia o nel resto d’Europa.

Oliviero Bergamini - Coronavirus, Usa tra soldi e politica Le elezioni influenzano ogni mossa
Oliviero Bergamini

La sensazione tuttavia è che - da buon americano fino al midollo - Trump stia puntando fortissimo sull’economia e sul dio denaro piuttosto che su una strategia sanitaria con la quale calmare i cittadini. Lo si può sostenere?
Trump - come tutta la politica - è in anno elettorale. A novembre si vota e quindi tanto di quello che si dedice e progetta di questi tempi - coronavirus in testa - ha a che fare con le elzioni. Trump puntava moltissimo sull’economia, sul fatto che con lui l’America è cresciuta come Pil e borsa e chiaramente se il coronavirus blocca l’America il discorso viene meno. A sfavore di Trump c’è soprattutto il capitolo disoccupazioni che sono schizzate a 3,3 milioni nel giro di pochissimo tempo. La preoccupazione del Taycoon è che a novembre il Pil si sia contratto fortemente e la disoccupazione sia salita ulteriormente. Trump dunque vorrebbe che la crisi passasse in fretta per presentarsi a novembre, non con dati positivi perché sarà impossibile, ma con l’etichetta di colui il quale è stato capace di gestire la crisi da coronavirus.

Il pacchetto finanziario proposto dallo stesso Trump sembra straordinario. Come si può giudicare?
Come detto, anche questa decisione, risente molto della scadenza di novembre. In America si definisce “elycopter money”, perché i soldi sono davvero stanziati diffusamente per permettere ai cittadini di curarsi ma ancor di più per fare in modo che la vita economica non si congeli. Questo impegno finanziario enorme tuttavia lascia anche intendere che la Casa Bianca sia davvero preoccupata per gli effetti del virus sul territorio.

Al di là della politica interna, il coronavirus sta delineando anche situazioni di politica estera particolari, quasi da schieramenti di guerra. Gli Usa come si pongono in questo nuovo scacchiere? E quale è il rapporto con l’Italia?
Gli Usa non stanno facendo quasi nulla per l’Italia. Basti pensare - al di là delle frecciatine di Trump - che le tratte aeree sono subito state chiuse in nome di quell’American First che è il caposaldo della politica del Presidente. Tuttavia non ritengo che altri Paesi stiano dando una mano così concreta all’Italia. Penso alla Cina e alla Russia che, al di là di alcuni medici e un po’ di strumentazioni base, non si sono esposte più di tanto. Anzi, non è da scartare l’ipotesi che gli aiuti - soprattutto di stampo russo - abbiano addirittura un secondo fine meno nobile, uno sbarco in Italia per carpirci informazioni. Per cui dico che se gli Stati Uniti è vero che non hanno mosso un dito, neanche simbolico, è anche vero che non c’è stata una grande differenza con le altre super potenze mondiali.

In ultimo è interessante analizzare la questione più sociale. Come si stanno comportando gli americani di fronte a questa emergenza? Rispettano le buone norme di stare in casa? Il clima in Europa è quasi di guerra e gli americani non sono abituati ad avercela in casa…
C’è schizofrenia anche nei cittadini americani così come in quelli italiani ed europei. Nelle zone più colpite come New York, i cittadini so che sono stati a casa, Time Square è deserta e la città ha cambiato volto. A fronte di questo c’è però la gente che fa feste in Florida. Gli americani del resto hanno la forte idea della libertà individuale per la quale sostengono di sapersi autoregolare e non aver bisogno del Governo che dica cosa fare; questo comporta maggiori difficoltà nell’imporre regole ferree a livello nazionale rispetto a quanto accade in Europa.

La notizia della corsa all’acquisto di armi da parte di un grosso numero di cittadini ha avuto una grossa risonanza. Come la si può leggere?
Non lo ritengo un segnale così significativo, ammesso che la notizia sia vera e comprovata. Non si può negare che ci sia un settore di popolazione amante delle armi ma io credo che in questo momento sia questa stessa che magari si è comprata un fucile in più, non clienti nuovi. Francamente mi sembra esagerato pensare che gli americani si stiano attrezzando per una sommossa, non vedo rischi di guerre civili.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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