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Al Portello-Piave l’ultima difesa Dopo Caporetto, Bertolaso-Diaz

La Lombardia sotto assedio a causa del coronavirus si ritira e affida al Generale Guido Bertolaso la guida di un esercito che rischia di soccombere. La speranza è di uscirne vittoriosi e più uniti.

di Alberto Lupini
direttore
 
17 marzo 2020 | 10:15

Al Portello-Piave l’ultima difesa Dopo Caporetto, Bertolaso-Diaz

La Lombardia sotto assedio a causa del coronavirus si ritira e affida al Generale Guido Bertolaso la guida di un esercito che rischia di soccombere. La speranza è di uscirne vittoriosi e più uniti.

di Alberto Lupini
direttore
17 marzo 2020 | 10:15
 

Bergamo e Brescia non hanno retto l’onda che sembra inarrestabile di questo nemico invisibile. In quelle terre ricche e produttive si combatte ogni giorno, ma l’idea di fermare lì questo nemico è come svanita. I più efficienti e funzionali ospedali italiani hanno alzato bandiera bianca: non hanno più letti a disposizione dei contagiati. E nelle strade delle due cittá le uniche colonne sono quelle dei carri funebri in coda verso i cimiteri coi troppi morti che non hanno nemmeno funzioni religiose. E gli unici suoni sono le sirene delle autoambulanze e le campane che suonano a morto.

Diaz, Bertolaso, Cadorna - Al Portello-Piave l’ultima difesa Dopo Caporetto, Bertolaso-Diaz

Diaz, Bertolaso, Cadorna

Non basta l’abnegazione di medici, infermieri, volontari, o di chi nelle retrovie si occupa di servizi essenziali o approvvigionamenti alimentari. Il nostro esercito sanitario, più che valoroso, non ce la fa a fermare il virus e come dopo la sconfitta militare dell’Italia a Caporetto, la Lombardia ora deve ripiegare. Nel 1917, in piena prima guerra mondiale, a costringere gli italiani ritirarsi a ovest, nell’ultima difesa possibile lungo il Piave, fu l’incapacità del comandante generale Cadorna nel capire l’accresciuta pericolositá del nemico che alle truppe austro-ungariche aveva sommato a quelle tedesche, ritirate dal fronte russo dopo la rivoluzione bolscevica che aveva abbattuto lo zar. Qui è come se non ci fosse colto fino in fondo la pericolosità di un nemico che si era installato subdolamente e nascosto dentro alcuni ospedali, trasformandoli da presidi difensivi in centri di attaccato. Più di secolo fa, la risposta italiana al crollo del fronte friulano fu peraltro straordinaria: un esercito demotivato e quasi allo sbando, sotto la guida del nuovo comandante generale Armando Diaz, prima fermó gli invasori sul Piave e poi ottenne la vittoria finale piantando il tricolore a Trento e a Trieste.

Oggi la Lombardia cerca il suo Piave e si affida a quello che sembra un novello Diaz, Guido Bertolaso, perché realizzi nei padiglioni dell’ex fiera di Milano al Portello un nuovo mega ospedale da 500 letti di terapia intensiva contro l’epidemia. Quella è la nuova linea difensiva contro il coronavirus perché non debba capitolare Milano. E dal Portello, magari con l’ausilio dei neo ragazzi del ’99 (i giovani medici e infermieri che si spera siano assunti e messi in campo al più presto dalla Regione Lombardia) che il “generale” Bertolaso potrebbe cercare di fermare l’avanzata in Lombardia di questo virus che ha messo in quarantena tutta l’Italia.

Non sarà facile. L’uomo è ritenuto dai sostenitori un po’ il Superman delle emergenze nazionali, ma dovrá confrontarsi con altri commissari nazionali e con le non sempre convergenti opinioni del Governo e della regione Lombardia che, soprattutto in questi giorni non hanno brillato per coerenza e concordia. Ma se il medico che in Africa si è impegnato a combattere l’Ebola (molto più pericolosa del coronavirus, ma non così contagiosa) avrà mano libera, forse potremmo cominciare a vedere una luce in fondo a quel tunnel che in questi giorni si era fatto sempre più fosco carico di paura.

E speriamo, per concludere un forse improprio paragone storico, che così come la prima guerra mondiale creò un’identità nazionale “mischiando” nelle trincee giovani delle diverse parti della penisola, che a malapena parlavano dialetti spesso incomprensibili, gli italiani di oggi, accomunati nella quarantena, ma collegati da internet, sappiano domani rifondare valori e regole di una comunitá che non potrà più essere come “avanti coronavirus”. La competenza, che oggi è rappresentata innanzitutto dai medici e dagli scienziati, dovrá essere riconosciuta come il valore fondante della società. Più dell’importante risultato economico. I doveri e l’etica non potranno non essere i parametri di una nuova classe dirigente che dovrà spazzare via gli avatar di una politica che, a destra come a sinistra, in vent’anni ha indebolito la nostra struttura sanitaria che, quasi per miracolo è ancora una delle più efficienti e preparate al mondo.

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