Mense scolastiche, servono educazione e prodotti di qualità

27 giugno 2016 | 15:56
di Alberto Lupini
Non servivano certo i controlli a tappeto dei Nas per capire che la situazione delle mense scolastiche italiane crea preoccupazione nella maggior parte delle famiglie. In una struttura su 4 di quelle controllate sono state scoperte irregolarità gravi, da falsi certificati a cibi vecchi, scaduti, alterati o di incerta origine, congelati e spacciati per freschi. Spesso prodotti di qualità inferiore o che di biologico avevano solo il nome. Per non parlare di mense con incrostazioni, muffe, piani di lavoro sudici e strutture in cui non era rispettato il divieto di fumo o l’abbigliamento del personale.
Insomma una situazione veramente degradata che ha fatto scattare, finalmente, un campanello d’allarme per cui è scesa in campo anche la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin.

La questione non è di poco conto perché dietro gli appalti delle mense c’è un giro vorticoso di imprese, spesso improvvisate, soprattutto al sud, e un atteggiamento che parte dal presupposto che i giovani utenti non siano in grado di distinguere cosa viene loro proposto. Altro che educazione alimentare o Dieta mediterranea di cui si parla in ogni convegno. Spesso non si tiene nemmeno conto dei rischi che corre la salute dei bambini e dei ragazzi con il tipo di alimentazione proposta in certe mense.

Eppure stiamo parlando di cittadini italiani nella fascia di età più delicata, dove una sana alimentazione (magari accompagnata da attività fisica ben guidata) è fondamentale. Per molti versi si tratta di una questione strategica se vogliamo fare crescere consumatori consapevoli e capaci di scegliere la qualità, valorizzando così tutta la filiera agroalimentare italiana. Tenere delle mense in questo stato è un comportamento che richiama quello dei cittadini britannici che invece di pensare al futuro delle nuove generazioni hanno votato per la Brexit pensando al loro status.

Ai bambini in particolare si deve invece prestare attenzione, ma non può essere solo la scuola a farlo. Un compito importante spetta anche alle famiglie e un aiuto in questa direzione viene da una recente sentenza della Corte d’appello del Tribunale di Torino che ha ordinato a Comune e ministero dell’Istruzione di organizzare un servizio ristorazione per consentire di nutrirsi a scuola anche a chi si porta il pranzo da casa. Lo stesso obiettivo che in Lombardia sta cercando di ottenere il Movimento 5 Stelle attraverso una raccolta firme avviata lo scorso settembre.

L’iniziativa torinese partiva dalla volontà di alcuni genitori di sottrarsi all’aumento ritenuto ingiustificato delle tariffe delle mense, ma di fatto apre la strada ad un ripensamento delle mense, in cui gusti, educazione e magari intolleranze, vengono considerate in una prospettiva in cui i genitori svolgono un ruolo attivo nella scelta di diete giuste.

E a proposito di una maggiore responsabilizzazione di tutti i soggetti, bisognerebbe affrontare una volta per tutte anche il tema dei distributori automatici nelle scuole, tenendo conto di ciò che viene proposto, spesso dannoso e magari da confinare fra i cibi spazzatura per i livelli di zuccheri o di olio di palma presenti.

Quel che serve, in sostanza, è una nuova politica per l’alimentazione dei più giovani. Fondamentale in questa direzione, come ricorda da anni anche la Fipe, è una riformulazione dei bandi di gara dando molto più peso, come in verità avviene in molti Comuni virtuosi, alla qualità dei prodotti utilizzati, del servizio, della professionalità. Il prezzo poi ne consegue.

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