Grano pasta, origine in etichetta Barilla: Il decreto confonde i consumatori

20 dicembre 2016 | 15:13
Lo schema di decreto, voluto dal Governo Renzi, che introduce l'obbligo di indicare l’origine del grano-pasta in etichetta è giunto a Bruxelles per la prima verifica. Il testo è stato condiviso dai ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Peccato che a non essere d'accordo con la decisione del Governo siano alcuni tra i massimi esponenti del settore: Barilla e Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane).

«Il gruppo nutre forti dubbi e perplessità sul decreto per l’origine della materia prima in etichetta della pasta - commenta Luca Virginio, responsabile relazioni esterne di Barilla - che, nella sua versione attuale, confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera della pasta. L’origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Il consumatore potrebbe addirittura arrivare a pagare di più una pasta meno buona».



Anche Aidepi esprime un giudizio fortemente critico verso la dicitura scelta dal Governo. Secondo Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Aidepi e ceo di Monograno Felicetti, «la formula scelta non ha alcun valore aggiunto per il consumatore. L'origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano di qualità con gli standard richiesti dai pastai».

Sul fronte opposto, il Ministro Maurizio Martina: «Puntiamo a dare - ha dichiarato - massima trasparenza delle informazioni al consumatore, tutelare i produttori e rafforzare i rapporti di una filiera strategica per il made in Italy agroalimentare. Con questo provvedimento l’Italia vuole sperimentare per prima un nuovo sistema di etichettatura che valorizzi le nostre produzioni di grano e pasta, come abbiamo fatto con quelle lattiero casearie. Allo stesso continueremo a spingere a Bruxelles per avere un avanzamento su questo fronte a livello europeo».

Il Ministro Carlo Calenda aggiunge: «La filiera della pasta è uno dei maggiori protagonisti del Made in Italy perché testimonia la capacità dei nostri pastai di miscelare grani di origine diversa, così da raggiungere gli alti livelli qualità che caratterizzano la pasta italiana. Il provvedimento, che risponde ad una crescente esigenza di trasparenza e informazione verso il consumatore, consentirà di fare maggiore chiarezza sull'origine del grano e delle semole che caratterizzano la qualità della pasta made in Italy nell'ottica di rafforzare la filiera produttiva e competere con la concorrenza straniera».



Ma come sostengono i pastai d'Italia e Barilla stessa, l’origine del grano non è sinonimo di qualità della pasta; la qualità del grano non conosce frontiere. L’etichetta scelta invece dà informazioni poco chiare e, invece di aiutare il consumatore a fare scelte consapevoli, lo disorienta e confonde. Si vuole far credere che la pasta italiana è solo quella fatta con il grano italiano o che la pasta è di buona qualità solo se viene prodotta utilizzando nazionale. Non è vero. La qualità del grano si può e si deve misurare attraverso la verifica della conformità a specifici requisiti e parametri che dipendono da condizioni del terreno, quelle climatiche, pratiche agronomiche adottate, etc.

Questa etichetta “nata male” - come sostiene Aidepi - potrebbe compromettere la competitività dell’intera filiera della pasta sul mercato nazionale e internazionale. Non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano con standard di qualità richiesti dai pastai. Che rischierebbero così di lavorare un grano scadente acquistato a prezzi più alti. La conseguenza è che il consumatore potrebbe arrivare a pagare di più una pasta meno buona… e l’industria della pasta, con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato soprattutto all’estero.



Resta il fatto che oltre l’85% degli italiani considera importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta. Sono questi i dati emersi dalla consultazione pubblica online sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a cui hanno partecipato oltre 26mila cittadini.

In ogni caso l’etichetta da sola non risolve i problemi della filiera della pasta: non aumenta la qualità del grano o la sostenibilità delle pratiche agricole. Né aiuta la competitività del settore pastario. Bisogna invece avviare con urgenza percorsi di valorizzazione del frumento duro nazionale di qualità. Quello italiano è oggi ancora insufficiente (per quantità e qualità complessive) a soddisfare le esigenze dei pastai. Solo una maggiore disponibilità di grano italiano di qualità farà crescere la percentuale di grano nazionale nella pasta a discapito di quello estero.

«Noi pastai italiani - ricorda il presidente Aidepi Riccardo Felicetti - siamo da sempre a favore della trasparenza nei confronti del consumatore. Produciamo pasta con le migliori semole ottenute da grani duri di elevata qualità italiani ed esteri. Comunicarlo è una scelta all’insegna della trasparenza nei confronti del consumatore che, in questo modo, potrà verificare come dietro la qualità della pasta italiana a volte ci sono ottimi grani duri nazionali, altre volte eccellenti grani duri stranieri».

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Alberto Lupini


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