Il dopo Expo fra carne rossa e insetti
02 novembre 2015 | 16:43
di Alberto Lupini
Il rischio più grande è che dopo sei mesi di annunci, dibattiti o impegni solenni, come la Carta di Milano, la questione di una sana e corretta alimentazione per tutti gli abitanti della Terra - a partire da noi italiani - venga un po’ messa da parte: tanto se ne è parlato a Expo... Ai milioni di italiani che hanno varcato i tornelli dell’Esposizione universale si deve invece dare la conferma che l’impegno in campo alimentare non era un’opportunità per fare un po’ di business per i soliti furbi, o per distrarre l’attenzione dalla crisi con una mega fiera di menu internazionali.
Proprio l’attenzione dimostrata su questi temi ci conferma che il Paese è “più avanti” delle istituzioni, della politica o dei sindacati. Gli italiani si aspettano chiarezza e certezze in campo alimentare. A partire da subito e dalle non poche novità che - non inaspettate, in verità - ci sono giunte giusto in chiusura di Expo. Nessun tempismo poteva essere migliore.
Pensiamo solo al rischio di tumore che si porterebbe dietro il consumo di salumi (alto) e di carni rosse (più moderato). Senza mettere in dubbio il valore scientifico delle ricerche dell’Oms (peraltro vecchie e molto legate agli stili di vita americani...), suona almeno un po’ strano che un prosciutto di cinta senese o un patanegra possano fare più male di un hamburger di vacca ingrassata ad anabolizzanti e antibiotici e cotto sulla carbonella con additivi petroliferi. C’è qualcosa che non convince, pur essendo fra i primi che invitano da sempre a moderare i consumi di carne rossa. Francamente ci viene il dubbio che in vista della firma del Ttip (il trattato di libero scambio fra Usa e Ue) gli statunitensi abbiano voluto alzare nuove barriere contro i salumi europei che stanno invadendo il loro mercato, dopo che dal 2013 è stato allentato il blocco all’importazione. Ecco perché un salame italiano può diventare più cancerogeno di una steak con due dita di grasso rancido. E attenzione perché non è ancora finita. Mentre Starbucks si appresta ad invadere l’Italia col suo surrogato di caffè, sempre in America si preannunciano rischi di tumore anche per il consumo di caffè, o mentre l’Italia si vuole impegnare a tutelare la “vera pizza” si parla di dipendenze pericolose create dal nostro piatto nazionale.
Ma le stupidità e i pericoli sono anche interni. Dopo che gli italiani hanno fatto 8 ore di fila per visitare il padiglione del Giappone in Expo e poco meno per quello della Malesia, come è possibile che qualche politico si indigni perché il Parlamento europeo (coi voti dei politici italiani) ha finalmente messo delle regole su come commercializzare correttamente alghe, insetti e nuovi prodotti per l’alimentazione? Da anni ne mangiamo di ogni genere nella più totale assenza di norme precise (se non forse quella di non raccogliere le alghe in spiaggia) e ora che ci sono regole ci lamentiamo? Ma andiamo, cerchiamo di essere seri ed evitiamo di raccontare idiozie come quella che Bruxelles ci vorrebbe imporre una dieta a base di locuste. Come pensiamo di poter vendere Grana Padano o Prosciutto di Parma in Cina se non apriamo i nostri mercati (fissando regole precise di garanzia) ai loro prodotti?
La nuova sfida è appena cominciata, sfamare il Pianeta non è uno slogan elettorale.
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Alberto Lupini