Sempre più difficile fare il ristoratore fra nuove norme e cuochi-contadini
Finora abbiamo avuto polemiche sempre a posteriori. Dei distretti del cibo si parlava già da ottobre, ma nessuno è intervenuto. Forse è il caso che i sindacati di categoria si muovano per tempo
08 gennaio 2018 | 16:01
di Alberto Lupini
Eppure si tratta di un tema centrale perché introduce una liberalizzazione senza se e senza ma, che apre la strada a quelli che qualcuno già identifica come gli agri-chef (ci piacerebbe di più il termine cuochi-contadini), che va ben oltre le già larghe maglie che hanno fatto crescere gli agriturismi, spesso in assenza di controlli sulla somministrazione di cibo prodotto nelle campagne circostanti. Basterebbe forse controllare quante sanzioni della Finanza sono state fatte per l’eccesso di prodotti comprati nella grande distribuzione...
Ma se da una parte si allarga la platea delle imprese che potranno somministrare cibo (e sono già oltre 300mila in Italia...), dall’altra si profilano percorsi ancora più complicati per la Ristorazione più tipica (quella per intenderci che è soggetta ai controlli di almeno una ventina di enti diversi e che paga le tasse come attività commerciale). Nei giorni scorsi abbiamo segnalato alcuni episodi che indicano forse una tendenza di maggiore rigidità nell’applicazione delle normative europee (dal salmone affumicato che è da considerare pesce crudo e quindi da sottoporre a procedure di abbattimento a freddo, al caso delle mancanze di etichettature in alcuni preparati nel ristorante di Cannavacciuolo a Torino), ma sono davvero tante le novità che renderanno sempre più complicato gestire correttamente un esercizio pubblico regolare. Visto il proliferare di Sushi e Sashimi e della moda di mangiare pesce crudo, spesso a basso costo, va ricordato che il ministero della Salute sta per emettere un nuovo decreto che regolerà la vendita, l’acquisto e la conservazione di pesce non cotto...
A breve ci saranno anche novità magari apparentemente banali, come le nuove etichette sugli alimenti (dopo che da aprile erano entrate in vigore quelle su formaggi e derivati del latte, ora toccherà a riso, pasta e pomodori) o il nuovo regolamento Ue che porterà sulle nostre tavole cibi prima vietati, fra cui alghe e insetti, sia pure solo se allevati. I rischi di sbagliare non saranno pochi... anche perché non è chiaro se ad esempio chi utilizzerà pasta in cui è presente grano canadese trattato in pre-raccolta con il glifosato, proibito sul grano italiano, lo dovrà indicare in menu o meno.
Ma la novità più importante sarà ad aprile, quando scatterà la norma europea 2018 sull’Acrilammide, cioè il risultato della cottura degli amidacei ad alta temperatura: pane, pizza, biscotti, patatine, caffè, fritti e tanti altri piatti. È una norma tesa ad abbassare i valori di questa sostanza pericolosa (la parte nera della pizza, bruciata, valga come esempio) che rischia di mandare in tilt tutta la filiera perché chiunque somministri alimenti e bevande è alla fine del tracciato di distribuzione degli stessi. E il cuoco è l’ultimo della filiera alimentare che maneggia e trasforma il cibo.
Ma di questi temi, che sono poi la questione vera di chi fa ristorazione seriamente, chi se ne occupa? Finora abbiamo avuto polemiche sempre a posteriori. Dei distretti del cibo si parlava già da ottobre, ma nessuno era intervenuto, e le centinaia di multe sulle etichette saltate fuori prima del caso Cannavacciuolo erano rimaste senza difese. Forse è il caso che i sindacati di categoria si muovano per tempo, non ci sono solo TheFork o TripAdvisor su cui fare aggiornamento...
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Alberto Lupini