Il timore di un’impennata dei prezzi del caffè al bar, alimentato da notizie allarmistiche degli ultimi giorni, trova una parziale smentita nei dati ufficiali di Fipe-Confcommercio. Nonostante l'aumento dei costi delle materie prime a livello mondiale, dovuto a fattori come la crisi climatica, le tensioni geopolitiche e l'inflazione, i prezzi al banco bar in Italia sono cresciuti in misura inferiore rispetto ad altri beni e servizi.
Caffè, il ruolo di contenimento dei pubblici esercizi
«Condividiamo - ha detto Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - le preoccupazioni che riguardano un probabile ulteriore forte aumento della tazzina del caffè al bar, aumento finora contenuto dalla responsabilità dei pubblici esercizi italiani che stanno assorbendo i fortissimi aumenti delle miscele causati dagli incrementi dei prezzi all'origine. La crisi climatica che ha devastato i raccolti nei Paesi produttori, Vietnam in particolare, le tensioni geopolitiche che stanno cambiando le tradizionali rotte alle forniture, l'esplosione dei noli marittimi, sono le cause principali che stanno determinando i rialzi dei prezzi all'origine alle borse merci di Londra e New York, con l'Arabica che ha avuto in un anno incrementi superiori al 60% e la Robusta di oltre il 90%. In queste condizioni gli aumenti diventano inevitabili, nonostante le attenzioni, la responsabilità e l'interesse dei pubblici esercizi di proteggere i consumi della tazzina di caffè, simbolo anche della identità e dei valori della socialità italiana».
L'aumento del costo del caffè finora è stato contenuto dalla responsabilità dei pubblici esercizi italiani (Shutterstock)
Anche perché l’analisi Fipe rivela differenze significative tra le città: a Bolzano, ad esempio, l'aumento è stato del 6% rispetto al 2022, mentre a Pescara del 13%. Queste cifre smentiscono alcune stime allarmistiche circolate di recente. Tuttavia, il settore dei bar sta affrontando sfide importanti: negli ultimi dieci anni, oltre 22mila attività hanno chiuso i battenti. L'aumento dei costi delle materie prime, unito alla crescente concorrenza, sta mettendo a dura prova i gestori.
Caffè, l’impatto del cambiamento climatico
In una situazione del genere, a giocare un ruolo chiave sono anche i cambiamenti climatici. «Oggi il caffè verde costa 245 cent per libbra, il 66% in più dell'anno scorso, oltre il doppio rispetto a 3 anni fa», spiega Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè. Le cause sono molteplici: «La prima è sicuramente il cambiamento climatico che potrebbe dimezzare i terreni coltivati entro il 2050. Basti pensare a quanto sta succedendo in questi mesi: si passa dalle piogge torrenziali in Brasile alla siccità in Vietnam. Ma nel breve e medio termine la filiera è sotto pressione anche a causa del problema legato al canale di Suez, che ha fatto lievitare i costi e allungato i tempi, e a causa delle speculazioni che riguardano più in generale le soft commodities».
Caffè, il prezzo è giusto?
Mentre molti esperti sostengono che un espresso di eccellenza dovrebbe costare almeno 2-2,50€, la realtà dei mercati spesso impone prezzi più contenuti. Un caffè di qualità si riconosce da dettagli apparentemente semplici. La crema, di un bel nocciola chiaro con leggere striature, è fondamentale per trattenere gli aromi e rilasciarli gradualmente al palato. Un naso allenato percepirà note floreali o fruttate, segno di un prodotto pregiato. Al contrario, sentori troppo marcati di tostatura o, peggio ancora, di muffa, indicano un caffè difettoso. Al palato, un espresso di qualità offre un'esplosione di sapori: dal fruttato agrumato al rosso maturo, fino a note speziate. Queste sfumature sono il risultato di un complesso intreccio tra terroir, clima e lavorazione, che conferisce a ogni caffè un'identità unica.
Il settore del caffè italiano genera un giro d'affari di oltre 5 miliardi di euro all'anno (Shutterstock)
In questo senso, Aldo Cursano, vicepresidente vicario nazionale della Fipe, aveva ricordato come «il caffè viene venduto sottocosto in Italia, se consideriamo che non si vende solo la miscela, ma si offre un sistema di ospitalità». «Quando vedo aumenti che sono ben al di sotto dell'inflazione - aveva aggiunto Cursano - significa che chi come noi opera sul mercato, si muove con grande senso di responsabilità, consapevole della situazione economica delle famiglie, ma anche del fatto che se non si vuole fallire alla fine si deve intervenire anche sulla leva dei prezzi anche se il prezzo è il risultato di ogni fonte di costo alla quale va aggiunto quel servizio e quel personale che danno il piacere dei piccoli e grandi momenti che andiamo a vivere in questi locali».
Caffè, il momento del settore
Con oltre mille aziende e circa 7.000 addetti, il settore del caffè italiano genera un giro d'affari di oltre 5 miliardi di euro all'anno. L'Italia è il terzo importatore mondiale di caffè verde e il secondo esportatore di caffè torrefatto nell'Unione Europea. Tuttavia, anche questo comaprto ha risentito degli effetti della crisi. Le importazioni di caffè verde sono diminuite nel 2023, a causa dell'aumento dei prezzi e della conseguente riduzione dei consumi. Anche le esportazioni hanno subito un leggero calo. Nonostante le difficoltà, gli italiani continuano a bere il loro caffè. In media, ogni cittadino consuma circa 5,5 kg di caffè all'anno, confermando la profonda radice di questa bevanda nella nostra cultura. Tuttavia, l'inflazione ha spinto molti a ridurre i consumi, soprattutto fuori casa.
In questo contesto il caffè italiano rimane un prodotto di eccellenza apprezzato in tutto il mondo. L’Italia è al settimo posto per consumo interno, mentre la quota di export di caffè torrefatto è aumentata del 12,9%, confermando la qualità e il prestigio del nostro prodotto, secondo i dati presentati a Rimini durante l’ultima edizione di Sigep. Il mercato italiano è molto variegato: cialde e capsule rappresentano il 40% delle vendite, ma la moka rimane la regina con 640 milioni di euro di fatturato. In ogni caso, gli italiani sono dei consumatori appassionati, con oltre 95 milioni di tazzine di caffè consumate ogni giorno.