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Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Gabriele D'Annunzio, oltre ad essere un'icona del Decadentismo e della Prima Guerra Mondiale, fu un pioniere della pubblicità italiana. La sua influenza si estese anche al mondo del cibo e delle bevande, dove alcune sue invenzioni sono ancora utilizzate oggi. Degli esempi? La parola “tramezzino”, il marchio Saiwa e il “Liquore delle Virtudi” (l'Amaro Montenegro)

di Luca Bassi
12 marzo 2024 | 16:55
Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana
Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Gabriele D'Annunzio, oltre ad essere un'icona del Decadentismo e della Prima Guerra Mondiale, fu un pioniere della pubblicità italiana. La sua influenza si estese anche al mondo del cibo e delle bevande, dove alcune sue invenzioni sono ancora utilizzate oggi. Degli esempi? La parola “tramezzino”, il marchio Saiwa e il “Liquore delle Virtudi” (l'Amaro Montenegro)

di Luca Bassi
12 marzo 2024 | 16:55
 

Non solo uno scrittore, un poeta, un drammaturgo, un militare, un politico, un giornalista e un patriota italiano, simbolo del decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. Gabriele D'Annunzio, di cui martedì 12 marzo si celebra il 161esimo anniversario della nascita, è stato anche uno dei personaggi più influenti dei primi del Novecento anche nell'industria pubblicitaria ancor prima che essa iniziasse ad esistere per davvero. E - non tutti questo lo sanno - la sua inventiva ha portato alla nascita di nomi e tendenze (anche del mondo del cibo e del beverage) che oggi vengono usati quotidianamente.

D'Annunzio, un influencer senza social network

Una figura affascinante e geniale, quella di D'Annunzio, che rispecchiava in tutto e per tutto il suo genio. In un'epoca, tra Ottocento e Novecento, durante la quale artisti e scrittori vennero “chiamati alle armi” dal mondo del marketing pubblicitario quando il marketing pubblicitario ancora non esisteva a tutti gli effetti: se da una parte l'idea era quella di ricavarne un guadagno extra, dall'altra allettava loro la prospettiva di potersi confrontare con un linguaggio, quello della pubblicità, così moderno, polisemico e persuasivo. Figure foniche e retoriche, giochi metrici e ritmici, scioglilingua e filastrocche entrarono a far parte del linguaggio pubblicitario che riprendeva dalla letteratura stili, strategie retoriche e poetiche.

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Gabriele D'Annunzio (foto del 1922)

In questa fase della storia dell'adv assistiamo inoltre a un miglioramento estetico del prodotto pubblicitario: l'intento era quello di avvicinare la tecnicità dell'industria alla poeticità letteraria. A quei tempi non c'è ancora stata una professionalizzazione del settore pubblicitario e, quella funzione tecnica che consiste nella creazione di slogan e bodycopy (quello che sarà in poche parole il copywriter), veniva svolta interamente dai letterati.

In questa cornice, Gabriele D'Annunzio originò una vera e propria gamma di generi letterario-pubblicitari: era un tecnico della scrittura che metteva a disposizione della pubblicità aziendale la propria creatività e le proprie competenze realizzando slogan, dando nomi ai prodotti e cimentandosi in vere e proprie poesie pubblicitarie. Guardando nel complesso, però, il Vate poteva essere considerato un vero e proprio influencer ante litteram: la sua immagine personale, il suo vissuto e il suo stile di vita vennero spesso associati all'immagine dei prodotti che scelse di supportare e pubblicizzare. D'Annunzio intrattenne frequenti e regolari scambi epistolari con rappresentanti del mondo dell'industria e produttori, concedendo il permesso alla pubblicazione di lettere private che elogiavano i prodotti che egli stesso aveva la possibilità di sperimentare. Veniva inoltre pagato dalle aziende o remunerato tramite la fornitura dei prodotti stessi e in cambio si prodigava ad esaltarne le qualità e le caratteristiche.

Il tramezzino, la grande invenzione di D'Annunzio

Tra le più grandi invenzioni del D'Annunzio pubblicitario c'è senza ombra di dubbio quella del termine “tramezzino”, una risposta tutta italiana alla parola sandwich che veniva utilizzata quotidianamente anche nella Penisola. Se in Italia pare sia stata Torino la prima patria del tramezzino, c'è da dire come questo particolare panino sia stato importato nel nostro Paese da Oltreoceano. La storia narra di una donna, Angela Demichelis Nebiolo, divenuta proprietaria di un elegante locale nella città sabauda, il Caffè Mulassano di Piazza Castello. Un bar che la donna volle acquistare assieme a suo marito una volta ritornati in patria dopo anni trascorsi in America. E proprio in questo locale, nel 1926, decise di riproporre una preparazione osservata, vista e con tutta probabilità anche mangiata durante il suo soggiorno dall'altra parte del mondo. Si chiamava sandwich, o perlomeno così lo chiamavano gli americani, e pare come inizialmente fosse a base di pane tostato (di fatto, un toast).

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Gabriele D'Annunzio è stato l'inventore della parola tramezzino

Dobbiamo poi al Vate il battesimo del ‘tramezzino'. Nei primi periodi infatti il panino continuò a essere chiamato sandwich, ma al poeta la forma a triangolo di quelle fette di pane ricordava i tramezzi (o intramezzi) in legno della sua casa in campagna, in Abruzzo. C'è però anche un altro motivo alla base di questo nome: tramezzino anche perché era solito consumarsi a metà tra la colazione e il pranzo, nel mezzo della mattinata insomma. "Tramezzino", in buona sostanza, nuovo vocabolo entrato nel lessico italiano.

D'Annunzio, un astemio influente

Nonostante fosse pressoché astemio, grazie alle sue geniali “incursioni pubblicitarie”, D'Annunzio contribuì al successo di numerosi liquori italiani come l'Aurum, il Select e l'Amaretto di Saronno ma, primo tra tutti, fu Amaro Montenegro a dovere parte del suo successo al Vate. Nel 1921 Stanislao Cobianchi, decise di omaggiare il Poeta, allora in esilio al Vittoriale, con alcune bottiglie del suo “elisir di lunga vita”.

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Il “Liquore delle Virtudi”, l‘Amaro Montenegro

D'Annunzio, per ringraziarlo dell'omaggio, scrisse di proprio pugno una lettera nella quale descriveva l'apprezzamento da parte di amici e legionari definendolo Liquore delle Virtudi”. Stanislao approfittò della popolarità del Poeta per trasformare la frase in uno slogan e pubblicò la citazione, con tanto di firma in calce, su tutte le pubblicità dell'Amaro Montenegro.

D'Annunzio: la brand identity e la nascita della Rinascente

Non solo prodotti e marchi, a D'Annunzio dobbiamo anche l'intuizione che ha portato all'invenzione del nome “la Rinascente”, uno dei luoghi più visitati dagli amanti dello shopping nel centro di Milano. Nel 1917, l'imprenditore e senatore Regio Giuseppe Cesare Borletti rilevò l'attività dei Fratelli Bocconi il grande magazzino chiamato ‘Alle città d'Italia'', aperto nel 1887 a due passi dalla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano. L'idea era quella di rinnovare completamente, diremmo oggi, la brand identity del luogo, donandogli lustro ed eleganza e per questo Berlotti si rivolse al Poeta per idearne il nuovo nome. Nacque così la Rinascente.

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

D'Annunzio e il naming della Rinascente in Piazza Duomo

Pochi giorni dopo l'inaugurazione nello stabile di Piazza del Duomo un incendio bruciò completamente l'edificio: il naming, coniato dal Vate, divenne quasi profetico perché ricordava il mitologico animale, la Fenice, che rinasceva dalle proprie ceneri. Per l'occasione, fu chiamato l'artista Aldo Mazza a realizzare il manifesto pubblicitario diventato celebre con l'immagine di un tronco di ulivo da cui sbocciavano nuovi rami, a simboleggiare, appunto, l'idea della ripresa e di un nuovo corso.

Saiwa, un biscotto tutto dannunziano

Come già visto per la Rinascente, le abilità dannunziane legate al naming erano davvero straordinarie. Alcune parole di uso comune sono infatti da attribuire a D'Annunzio: oltre a tramezzino, uscirono dal suo genio anche “scudetto”, “velivolo” e “vigili del fuoco”, restando nell'ambito del marketing e della pubblicità. E in pochi sanno che anche il marchio Saiwa, nome del famoso biscotto conosciuto ancora oggi, deve il suo nome a una felicissima intuizione del Vate. Nei primi del Novecento l'imprenditore genovese Pietro Marchese tornò da un viaggio in Inghilterra dove aveva scoperto gli “sugar wafer”, straordinari biscotti mai visti in Italia e ne intuì straordinarie possibilità di commercializzazione. Per dare un nome alla società, Marchese contattò D'Annunzio che coniò il termine “S.A.I.W.A.” (Società Accomandita Industria Wafer e Affini).

Dal tramezzino ai biscotti Saiwa: D'Annunzio, “il Vate” della pubblicità italiana

Saiwa, i biscotti pensati da Gabriele D‘Annunzio

Oltre a contribuire all'invenzione del nome D'Annunzio scrisse anche una lettera che si trovava nella confezione originale: «Queste vostre novissime scatole di biscotti fini superano in finezza e in bontà le migliori d'Inghilterra. Son troppo squisite per me. Vi ringrazio, Vi lodo. Vittoriale, 11 marzo 1929 - GdA - marinaio». Anche la scatola riportava la firma del poeta. Saiwa è l'esempio eclatante di almeno tre forme di collaborazione pubblicitaria dannunziana: una lettera elogiativa del prodotto, il naming e la firma a sottolineare l'importanza del suo ruolo di testimonial.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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