Il settore della ristorazione bergamasco è vivo e vegeto, nonostante gli ultimi tre anni dannatamente difficili a causa di Covid, restrizioni e crisi energetica. Lo dice il primo Osservatorio sui pubblici esercizi, monitoraggio realizzato da Ascom Confcommercio Bergamo in collaborazione con Fipe Confcommercio su elaborazione di dati Infocamere, che ha scattato una fotografia fedele del settore in provincia, dove, sommando imprese e unità locali, si arriva a contare più di 8.000 luoghi nei quali si svolgono servizi di ristorazione.
Bergamo: i dati sulle imprese della ristorazione
I numeri parlano chiaro: il settore della ristorazione bergamasco può guardare al futuro con ottimismo, nonostante il segno meno. Perché pur mettendo a referto un saldo negativo di 44 unità nel rapporto tra nuove aperture e chiusure, il calo che si registra è solo dello 0,2% (migliore della media lombarda, -1,1%, e nazionale, -0,8%) e, soprattutto, la crescita delle iscrizioni viaggia oltre il 18%, mentre le cessazioni fanno segnare un aumento contenuto, pari al 2%.
La tendenza, se rispettata, dice che il 2023 potrebbe essere l’anno del tanto atteso pareggio, che interromperebbe il turnover che negli ultimi tempi ha regalato alla categoria la ben poco positiva etichetta di “cagionevole”.
Una ditta su due è individuale
Un settore poliedrico e fortemente frazionato, nel quale quasi una ditta su due è una ditta individuale, una su tre è una società di persone e una su cinque una società di capitali. A caratterizzare però la realtà bergamasca è la dimensione di queste imprese: il 44% conta massimo tre addetti e dai 4 ai 9 si aggiunge un altro 23,7%. Solo il 9,6% ha una dimensione media fino a 49 addetti, più di cinquanta quasi una rarità, lo 0,4%.
Bergamo: cosa dice l'osservatorio sulle imprese ristorative
«Il settore sta subendo una trasformazione anche da questo punto di vista – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo - da una parte si nota una diminuzione delle dimensioni medie e dall’altra invece un allargamento delle imprese che invece contrano più locali, per fare economia di scala per l’acquisto di materie prime e per capacità di fare employer branding. Una tendenza accentuata nelle attività di banqueting e catering, dove il 60% delle imprese ha più di 50 dipendenti».
Tavole fredde, bar e catering: il 46% sono esercizi senza cucina
Il settore dei servizi della ristorazione è formato da tre macrocomparti: i bar e pubblici esercizi normalmente non hanno cucina e quindi non erogano pasti ma tavola fredda e bevande che sono 2.700 pari al 46,7% degli esercizi; le imprese che somministrano o vendono cibo sono 3.084, pari al 52,0%; gli esercizi del catering e delle mense sono 81 pari all’1,4%. Mentre il settore dei bar con licenza da pubblico esercizio, pur con caratteristiche e vocazioni diverse costituisce un unico comparto, quello del catering si compone di tre microsettori: 34 mense, 7 catering su base contrattuale e 40 imprese di catering per eventi e banqueting.
Il settore più frammentato è quello della ristorazione che è formato da 1.907 ristoranti con somministrazione (32,1%), 742 imprese senza somministrazione e di asporto (12,5%), 291 pasticcerie e gelaterie (4,9%), 100 imprese (1,7%) di ristorazione ambulante, pasticcerie ambulanti e ristorazione mobile più ulteriore 44 imprese (0,8%) di altri microsettori.
Il 32% sono imprese femminili
In provincia di Bergamo le imprese femminili dei servizi di ristorazione sono 1.872 e rappresentano il 32% del totale, percentuale più alta rispetto alla media lombarda (27%) e italiana (28%). Meno consistenti a livello numerico sono le imprese giovanili, pari all’11% con 619 attività e un saldo positivo tra aperture e chiusure di 7 unità: è però la nicchia più vivace, quella che già voleva mettersi in proprio prima della pandemia e che, dopo aver pagato forse un prezzo più alto di altri nell’ultimo triennio, ora è decisa a ripartire con maggiore intraprendenza, con una sua proposta e nuovi progetti.
Gli imprenditori stranieri i più resilienti
Chi invece ha resistito meglio di altri nell’ultimo anno di forte crisi legata ai costi dell’energia (addirittura crescendo dello 0,9%), è la fetta di imprenditoria straniera: in Bergamasca sono 1.071 le imprese (18% del totale), per la maggior parte individuali. Si è affermata ancora di più, invece, la tendenza del sushi, ormai entrata nella cultura culinaria dei bergamaschi con una penetrazione impensabile solo 20 anni fa, in qualsiasi categoria di prezzo.
«Nella ristorazione stiamo assistendo a un cambio di stili e di consumo – continua Fusini –. La gente va meno al bar per stare seduto, ma più fuori a mangiare e oggi le quote si sono sostanzialmente ribaltate rispetto agli anni ’90. La gente è sempre più attenta al rapporto qualità/prezzo: difficilmente si può speculare troppo. Sanno pesare l’offerta, c’è segmento ancora importante che lavora sul prezzo e cattura quella fetta di clientela che guarda agli all you can eat, ma a Bergamo c’è un segmento ancora più ampio di chi sta attento alla qualità del cibo».
Il personale resta insufficiente
Non è facile, invece, dare un numero preciso degli addetti del settore: l’ultima rilevazione, risalente al 2021, parlava di 22.126 occupati in provincia di Bergamo, un numero oggi sicuramente cresciuto ma comunque ampiamente insufficiente a coprire il fabbisogno delle imprese, che lamentano una mancanza di circa tremila operatori.
Imprese ristorative: la situazione legata al personale di sala
«La difficoltà è strutturale durante tutto l’anno, ma i mesi di maggio e giugno sono quelli di massima crisi – ammette il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo –. Per l’estate c’è invece una fortissima richiesta, con le imprese che riescono in qualche modo ad arrabattarsi, mentre a settembre il livello di allarme scende. Serve uno sforzo da parte di tutti: da un lato più flessibilità da parte dei ragazzi che entrano nel settore, ma dall’altro anche un’attenzione maggiore degli imprenditori alle esigenze delle nuove generazioni».
Tanti posti di lavoro vacanti
«Mi sento di rivolgere un appello ai giovani che escono in particolare dalle scuole Alberghiere – sottolinea Diego Rodeschini, presidente gruppo bar, gelaterie e pasticcerie di Ascom Confcommercio Bergamo –. Il settore della ristorazione ha bisogno di voi, c’è tantissima richiesta di personale per ogni figura».
Bergamo: quante imprese della ristorazione ci sono?
«E nelle nostre valli la situazione è ancora più critica, perché se durante la pandemia abbiamo rappresentato insieme ai negozi di paese dei presidi importanti, capaci di dare un servizio, oggi si dimentica anche in fretta. Serve un sostegno da parte delle istituzioni locali, anche per il ruolo sociale che queste attività rappresentano».