Dalle parole ai fatti. La ministra del Turismo Daniela Santanchè mantiene la promessa fatta all’assemblea annuale di Federalberghi, svoltasi a Bergamo a metà maggio, di una stretta sugli affitti brevi e Airbnb e sul proliferare dei B&B, che conti fatti fanno male al turismo (gli hotel creano, infatti, un giro d'affari che supera i 50 miliardi di euro mentre le abitazioni private si fermano a quota 6). È, infatti, pronta la bozza del disegno di legge condivisa con tutti gli operatori del settore con lo stop agli affitti brevi per meno di due notti. L’unica eccezione che gli affittuari non siano un «nucleo familiare numeroso composto da almeno un genitore e tre figli». Tutti gli altri, invece dovranno andare in albergo. Per il controllo, il ministero del Turismo assegnerà dietro richiesta un codice identificativo nazionale (Cin) «ad ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche». Ma non solo nel disegno di legge Santanchè si disciplina la figura dei property manager.
Nel Ddl affitti brev minimo due notti nei comuni turistici
Il codice identificativo nazionale per chi affitta
Nel dettaglio, come detto, con l’articolo il ddl Santanchè compare l’obbligo del Codice Identificativo Nazionale (Cin) rispetto ai venti Codici identificativi regionali (Cir) attualmente esistenti. Sarà obbligatorio anche per le Ota (online travel agency, le agenzie turistiche online) e sono definite delle sanzioni, con l’articolo 6, a carico di tutti i soggetti (Ota, proprietari e property manager) che lo disattendano. Per quanto riguarda le sanzioni previste dall’articolo 6 specifica che sono demandate ai Comuni e alle autorità di pubblica sicurezza, «ognuno per la propria competenza».
Affitti brevi, minimo due notti nei comuni turistici
Il nodo centrale è, come dicevamo, il numero delle notti, sancito nell’articolo 4 che, appunto, introduce un soggiorno minimo di due notti (minimum stay) per i Comuni ad alta densità turistica che, secondo Istat, sono poco meno di un migliaio sui 7.901 comuni italiani.
Ddl Santanchè: disciplinata la figura dei property manager
Ma non solo. Il ddl, con l’articolo 5, riconosce ufficialmente la figura del property manager. L’Istat stabilirà un Codice Ateco specifico per la categoria confermando l’obbligatorietà per i property manager di agire da sostituto d’imposta, raccogliendo e versando per conto dei proprietari la cedolare secca. Non solo, la nuova norma prevede espressamente che il property manager possa richiedere l’apertura della Scia- Segnalazione certificata di inizio attività in nome e per conto del proprietario, cosa non consentita, attualmente, ad esempio, dal Comune di Roma.
Come, specificato dall’Aigab (l’Associazione italiana gestori affitti brevi), si mantiene inalterato l’onere per l’intermediario o il gestore che incassa per conto del proprietario di raccolta e versamento della cedolare secca, come definito dal dl 50 del 2017 per il quale è ancora pendente la controversia presso la Corte di Giustizia europea con Airbnb». In ogni caso la strada per «fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali», ma anche per salvaguardare «la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento» è stata tracciata.