Contrastare i fenomeni di concorrenza sleale relativi al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (Ccnl), ma anche fare ancora una volta luce sull’annosa questione del dumping contrattuale, un fenomeno in preoccupante crescita, che si realizza attraverso l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali scarsamente rappresentative nel settore, che propongono contratti con offerte al ribasso per il lavoratore, ma anche con un massiccio ricorso al “nero”, pratica che consente alle imprese poco virtuose di rimanere nel mercato, danneggiandolo.
Questo l'obiettivo dell'incontro organizzato oggi a Roma dalla Federazione italiana pubblici esercenti, incontro dove è stato presentato uno studio ad hoc che confronta i vari Contratti di lavoro presenti oggi sul mercato, anche in vista del rinnovo dell'attuale, scaduto nel 2021. Oggi il Ccnl Fipe è leader nel settore dei pubblici esercizi e copre 58.395 aziende e quasi 400mila lavoratori.
Lo scopo dello studio? Garantire una gestione dei rapporti di lavoro funzionali al sistema e agli impiegati, a maggior ragione in un contesto di ripartenza come quello attuale.
Fipe e la lotta contro lavoro nero e dumping contrattuale
Per fare luce sui fenomeni di concorrenza sleale che vigono oggi fra i pubblici esercenti e in particolare nel settore della ristorazione, Fipe, la Federazione italiana pubblici esercenti ha pubblicato uno studio ad hoc.
È stato redatto insieme ad Adapt, l’associazione per gli studi internazionali e comparativi in materia di lavoro e relazioni industriali e dall’Ente bilaterale nazionale del turismo (Ebnt). Lo studio si pone come strumento prezioso per un settore laborioso come quello dei pubblici esercizi, dove le pressioni competitive sul costo del lavoro sono maggiori e il rischio della cosiddetta contrattazione collettiva pirata (contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali, con l'obiettivo di costituire un'alternativa ai contratti collettivi nazionali tradizionali e che propongono offerte al ribasso per il lavoratore).
Metronomo dello studio effettuato è il Ccnl sottoscritto proprio da Fipe a febbraio 2018, scaduto a dicembre 2021 e attualmente oggetto di rinnovo.
Nel manuale, il contratto - sottoscritto tra gli altri da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil – viene comparato a più livelli con quello di altre undici organizzazioni.
Questa attività, inoltre, si inserisce nel solco della riforma del tracciamento dei Ccnl, che da febbraio 2022 avviene esclusivamente attraverso un codice fornito dal Cnel (l'organo di consulenza delle Camere e del Governo, nato per esprimere pareri; promuovere iniziative legislative in materia economico-sociale), passaggio che, a detta dei relatori dello studio, consentirà la valorizzazione della contrattazione collettiva nazionale più rappresentativa.
Per Fipe le differenze tra diversi contratti di settore sono marcate
Lo studio presentato analizza le cause del fenomeno dei contratti pirata attraverso una comparizione dei contenuti economici e normativi dei Ccnl del settore, evidenziando le maggiori criticità tra il Ccnl Fipe e gli altri contratti firmati da organizzazioni concorrenti.
Oggetto della comparazione sono stati il trattamento economico minimo (maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo); il lavoro supplementare e la sua remunerazione, la durata del periodo di prova e quella del preavviso; la durata del periodo di comporto Rol (riduzione orario lavoro) e trattamento del 4 novembre. Altri punti hanno invece riguardato il numero di ferie, la malattia e trattamento economico della lavoratrice madre durante il congedo obbligatorio di maternità.
Secondo l’indagine le differenze tra diversi contratti di settore sono marcate. Se il contratto nazionale siglato nel 2018 da Fipe-Confcommercio, utilizzato dalla stragrande maggioranza delle imprese e dei lavoratori, prevede per un cameriere di sala una retribuzione minima di circa 1.500 euro al mese lordi per 8 ore, il secondo contratto censito per numero di lavoratori coinvolti, circa 11mila, si ferma a 1.300 euro mensili.
Non solo. La durata media del periodo di prova per un cameriere con contratto Fipe è di 30 giorni, mentre in altri casi si arriva addirittura a 140 giorni. Discorso analogo per quanto riguarda gli straordinari: il contratto Fipe-Confcommercio prevede una maggiorazione del 30%, mentre altri Contratti si fermano al 15%.
«Queste distorsioni, economiche e normative generano fenomeni dannosi di concorrenza sleale tra le imprese e non premiano la professionalità che i migliori imprenditori del settore, giustamente, ricercano e favoriscono, anche favorendo motivazioni e prospettive professionali», ha sottolineato il presidente di Fipe Lino Stoppani.
«Dire basta al dumping contrattuale significa dire basta alla concorrenza sleale a danno di imprese e dei lavoratori. Per porre fine a questo fenomeno, i Contratti nazionali di lavoro delle organizzazioni più rappresentative devono costituire il riferimento per determinare le migliori condizioni di lavoro all’interno dei settori economici, contrastando la proliferazione dei Contratti sottoscritti con il criterio della sottrazione, che tolgono dignità al lavoro e impediscono la crescita delle competenze».
Il presidente del Cnel Tiziano Treu ha invece confermat l'impegno del Consiglio confermando che solo una minima parte dei contratti sono firmati da organizzazioni di lavoratori e dei datori di lavoro. «Molti contratti portano la firma di sindacati minori con caratteristiche di multisettorialità - ha spiegato - Per questo gli accordi sono applicabili trasversalmente e in diversi ambiti produttivi. Al 2020 risultano depositati al Cnel 834 tipologie di contratti per il settore privato e 19 per il pubblico».
Silvia Cucciovino, professore ordinario di Diritto del lavoro dell'Università di Roma 3, è invece andata controcorrente. Ha dichiarato che il pluralismo sindacale è «una ricchezza del sistema. Del resto un Contratto unico non sarebbe in gradi di gestire le varie realtà che fanno parte del mondo della ristorazione. L'unico modo per contrastare i fenomeni di dumping è la misurazione della effettiva rappresentatività sindacale. Quello che occorre quindi è una normativa di sostegno che garantisca maggiore vigilanza sulla bontà dei contratti che vengono firmati dalle varie associazioni sindacali coi lavoratori del settore».
Gli esperti sull'introduzione del salario minimo: «Non risolverà le situazioni di illegalità»
L'incontro di Fipe è servito anche per parlare di Salario minimo, un provvedimento ancora al vaglio del Governo, che al momento ha generato scetticiscmo tra i relatori del convegno. In particolare il presidente di Fipe Lino Stoppani. Voerrebbe anzitutto che le istituzioni tutelassero e facessero rispettatare il Contratto collettivo nazionale dei lavoratori.
«La realtà che emerge dal rapporto commissionato all'Adapt e illustrato dal suo presidente Emmanuele Massagli dimostra come è più che mai urgente una riflessione sulle tante questioni aperte economiche, sociali e culturali legate al Contratto nazionale ancora da rinnovare - ha premesso Stoppani - È urgente trovare soluzioni perchè il dumping contrattuale fa male ai lavoratori, ma anche alle imprese. I contratti stipulati con il concetto della sottrazione producono danni, distorsioni e concorrenza sleale in un mondo tanto competitivo come il nostro e inoltre demoliscono gli obiettivi di crescita del lavoratore. Non sarà quindi il ricorso al salario minimo a risolvere del tutto le situazioni di illegalità. Sarebbe un depotenziamento della contrattazione collettiva e una fuga dai contratti collettivi e quindi dall'economia collettiva.Il Contratto collettivo non è solo un presidio economico, ma è un insieme di istituti, relazioni e regole che nobilitano la relazione tra impresa e lavoratore. Importante è partire da nuovi criteri di misurazione e di trasparenza della rappresentanza sindacale. Siamo consapevoli degli attuali grandi cambiamenti sociali ed è importante l'attività di monitoraggio del Cnel» .
Alle sue parole sono seguite quelle di Michele Faioli, professore di Diritto del lavoro dell'Università Cattolica di Milano. «L'introduzione del salario minimo non risolverà il problema legato ai contratti nella ristorazione, un settore dominato da irregolarità e sommerso. Questo dipende in generale da tre fattori: il mancato rinnovo dei contratti, la fuga dai contratti collettivi e la loro mancata applicazione»