Il green pass sta entrando a pieno regime soprattutto in bar e ristoranti. Complice il clima estivo, controlli blandi e uno scenario epidemiologico che non preoccupa non si stanno registrando grosse difficoltà. Ma cosa succederà tra autunno e inverno con i numeri dei contagi che verosimilmente diventeranno preoccupanti? Una maggior diffusione del green pass e una stretta del governo verso l'obbligo vaccinale sembrano gli unici scenari possibili per non dover chiudere.
Cosa preoccupa oggi? La mancanza di un piano per l'autunno
Sono passati poco meno di venti giorni dall’introduzione del green pass obbligatorio per accedere a determinati luoghi e forse si iniziano a prendere le misure. Con fatica, a dire il vero, perché non tutti i clienti hanno ancora capito se, come e quando esibire il certificato, ma soprattutto ci sono anche quelli che avrebbero tutti i requisiti per possederlo, ma ne sono sprovvisti per gli elefanteschi sistemi tecnici italiani che lavorano a stento e i tempi si prolungano notevolmente.
Dal canto loro le attività che richiedono il pass per accedervi sono in imbarazzo. Le norme non sono chiarissime, controllare un documento ad ogni cliente non è esattamente un lavoro che spetta a qualcuno che non porta una divisa (che sia Carabiniere o poliziotto) e il timore di incappare in multe per distrazione o sana ignoranza è alto.
Ma se fino ad ora tutto può essere risolvibile, un po’ perché si conta sul buonsenso (e rarità…) dei controlli e un po’ perché il clima generale è ancora piuttosto rilassato visto che i numeri dei contagi e i bilanci degli esperti sono rassicuranti, tra poco più di un mese si entrerà nella solita fase bollente dell’anno, quella in cui la parola lockdown inizia ad intrufolarsi in ogni considerazione del Governo, fino a diventare una realtà.
L'attuale normalità
E, già lo sappiamo, si arriverà all’ultimo minuto, con l’acqua alla gola, per prendere decisioni con poco capo e magari nessuna coda, che scontentano tutti, che affossano ancora l’economia e che disorientano, mandando ko gli italiani. Già adesso è tardi per stilare una tabella di marcia, ma noi di Italia a Tavola ci proviamo comunque a delineare qualche scenario e le possibili soluzioni da adottare nei prossimi mesi con un solo obiettivo: evitare altri lockdown.
Italia in zona bianca, le regole di oggi per il green pass
La situazione di partenza è quella che stiamo imparando a conoscere. Attualmente il green pass è obbligatorio per sedersi ai tavoli di bar e ristoranti al chiuso e nelle mense aziendali, mentre non serve se ci si siede all’aperto. Si prevede l’impiego della certificazione verde anche per spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive; musei e altri istituti e luoghi di cultura; piscine, palestre, centri benessere - compresi quelli collocati all’interno di strutture ricettive - al chiuso; sagre, fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi e le relative attività di ristorazione; sale gioco, scommesse, bingo e casinò; concorsi pubblici. Rimangono senza obbligo di green pass le chiese e gli oratori, così come gli alberghi e i ristoranti al loro interno ai quali i clienti degli hotel possono accedere liberamente.
L’obbligo di green pass vige anche per cinema e teatri, ma aumenta il numero di spettatori ammessi ad assistervi. In zona gialla si entrerà con green pass, mascherina e distanziamento, ma gli spettatori potranno salire all’aperto dagli attuali 1000 a un massimo di 2500 e al chiuso da 500 a 1000. Mentre in zona bianca, dove ora sono fissati limiti di capienza, viene fissato un tetto all’aperto di 5000 persone e al chiuso di 2500 persone.
Per gli eventi e le competizioni sportive in zona bianca la capienza consentita non può essere superiore 50% di quella massima autorizzata all’aperto e al 25% al chiuso. In zona gialla la capienza consentita non può essere superiore al 25% e, comunque, il numero massimo di spettatori non può essere superiore a 2.500 per gli impianti all’aperto e a 1.000 per gli impianti al chiuso. Negli stadi verrà prevista l'occupazione dei posti disponibili "a scacchiera", di modo che nessuna persona sarà seduta accanto a un'altra.
Dall’1 settembre, poi, il green pass sarà reso obbligatorio anche per chi viaggia in aereo e per i treni a lunga percorrenza (che torneranno all'80% di capienza) e per i traghetti. Non servirà il certificato verde invece per il trasporto pubblico locale e per i treni regionali che torneranno all'80% di capienza anche in zona gialla (come in zona bianca).
Il tutto quando in Italia si viaggia ad un ritmo di circa 6mila positivi al giorno (dati della settimana 14-20 agosto) con 455 posti occupati nelle terapie intensive e 271 decessi settimanali. Quanto ai vaccini, il 58,4% della popolazione vaccinabile ha effettuato entrambe le dosi (35,2 milioni di persone) ma c’è un 13% di popolazione vaccinabile che sembra molto restia a sottoporsi alle iniezioni e che si aggiunge a chi a queste non vi può accedere per motivi di salute.
Autunno, torna il virus?
Se il virus viaggia con l’andamento a cui ci ha abituato da un anno e mezzo a questa parte è lecito aspettarsi che i contagi esplodano di qui a poco. Perché il freddo inizierà ad irrompere fungendo da grande alleato per il Covid, perché si rientra dalle ferie portando tutto ciò che si è “respirato” in spiaggia, nei locali, nello struscio delle località turistiche, perché si tornerà al lavoro in massa, perché le aperture maggiori si prestano all’innalzamento degli infettati.
E quindi, a quel punto, come fare per scongiurare le chiusure che manderebbero ko bar, ristoranti, turismo e tutta la filiera ad essi associata? In principio erano l’unica soluzione, poi si è adottato il sistema dei colori, ma ora che il vaccino è diventata l’arma in più e che il green pass sembra essere lo strumento più sicuro e certificato si possono aprire diversi scenari e “giocare” con la certificazione.
Primo scenario: personale di bar, ristoranti e alberghi vaccinato e accesso solo col green pass
La prima ipotesi nel caso in cui la situazione dovesse precipitare: restano aperte solo le attività con il personale interamente vaccinato e vi si accede solo con il green pass, alberghi compresi. Una soluzione che non sconvolgerebbe i piani dei consumatori e degli imprenditori perché - ipotizzando di trovarci verso la fine di ottobre - il numero dei vaccinati sarà sicuramente aumentato (obiettivo 80% entro fine settembre) e con loro anche il numero dei guariti, per cui le persone in possesso di green pass saranno molte più di quelle di adesso. In più, le temperature non saranno più così gradevoli per cui quasi tutti vorranno sistemarsi all’interno, limando la percentuale dei potenziali consumatori esclusi. Mettiamoci pure che senza gli spazi esterni - o con spazi esterni poco occupati - occorrerebbe meno personale e quindi meno spese. Insomma, non male tutto sommato.
Clienti solo col green pass, lavoratori vaccinati
Gli alberghi disponibili al green pass, ma serve programmarlo per tempo
Sulla possibilità di includere gli alberghi in questa soluzione, il presidente di Confindustria alberghi, Maria Carmela Colaiacovo ha spiegato ad Italia a Tavola: «Obbligo di green pass negli alberghi? La questione non è tanto se sia giusto o meno, ma che una decisione va presa con anticipo, programmata e discussa. Se si porrà sul tavolo l’ipotesi noi ne discuteremo per trarne il meglio per la nostra categoria, ma bisogna agire in tempo. Ad oggi in ogni caso gli alberghi, che non hanno mai chiuso per decreto, hanno dimostrato di essere luoghi sicuri che applicano protocolli certificati i quali garantiscono massima sicurezza a dipendenti e clienti. È chiaro che una terza chiusura sarebbe fatale per tutti, l’annata non si salva certo con un’estate buona come quella che si sta concludendo. Intendiamo proseguire con questa politica alla quale aggiungere la sensibilizzazione in tema di vaccini».
Secondo scenario: green pass più diffuso se peggiorano i colori delle regioni
La seconda ipotesi: restrizioni calibrate a seconda dei contagi. L’ipotesi è stata avanzata dalla Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) proprio nei giorni scorsi con il contenuto che è stato l’oggetto di una lettera inviata al premier, Mario Draghi. Fipe ritiene che al peggiorare della situazione epidemiologica si possa aumentare il campo d’azione del green pass obbligatorio, ovvero: se una regione si trova in zona bianca, restano le regole di ora, se dovesse “cadere” in un colore più negativo (giallo, arancione, rosso) l’obbligo del green pass verrebbe ampliato ad altri settori che potrebbero essere trasporti locali, uffici pubblici, negozi, centri commerciali a seconda della gravità della situazione.
Lockdown totale
Una proposta valida ed equa che premierebbe i vaccinati e consentirebbe alle attività di continuare a lavorare, certo non al 100% ma nemmeno rimanendo fermi totalmente. Su questa scia si inserisce la proposta del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa che nei giorni scorsi ha parlato di obbligatorietà del passaporto verde «per tutte quelle attività dove c'è da garantire la continuità di un servizio, per esempio gli operatori del Trasporto pubblico locale, i dipendenti dei supermarket e dei servizi essenziali, ovvero quelli sono stati operativi durante il lockdown. Ma - insiste - anche i dipendenti degli uffici comunali e pubblici dovranno tornare alla normalità e in presenza: hanno la responsabilità di garantire un servizio al Paese e a contatto con il pubblico. Non è possibile che in alcuni territori siano ancora chiusi e in smartworking».
Anche il ministro agli Affari regionali, Maria Stella Gelmini si è allineata ipotizzando l'ampliamento dell'utilizzo del green pass e spiegando: «Concordo con il ministro Brunetta - ha detto al Corriere della Sera - il vaccino sarebbe indispensabile per chi fa front office nella pubblica amministrazione e per chi lavora nei servizi pubblici. Del resto l’obbligo vaccinale non è un’eresia: esiste già per alcune malattie. Una decisione del genere però spetta al Parlamento. La mia opinione è che occorre attendere i dati: se dovessimo giudicare irraggiungibile la copertura dell’80% della popolazione non vedrei alternative».
Fipe: Il green pass deve servire per determinare i colori
«Nel momento in cui si è pensato all’introduzione di quei cerchi infernali colorati per classificare la situazione epidemiologica - spiega il vicepresidente vicario di Fipe, Aldo Cursano - il green pass non esisteva. Ora che c’è noi riteniamo che sia doveroso sfruttarlo perché non possiamo pensare di vivere in costante emergenza prendendo decisioni d’urgenza. Come? Introducendolo nel meccanismo dei colori con l’obiettivo di fermare le persone che non lo possiedono per accedere a determinati luoghi, non per fermare le imprese come accaduto fino ad ora. Bisogna tornare urgentemente alla normalità e per farlo serve responsabilità e anche scelte forti: se la situazione lo richiede noi crediamo che la via obbligata sia quella di introdurre l’obbligo del vaccino perché non si può pensare di vivere senza lavorare. Ad oggi la situazione dei vaccinati tra il personale dei pubblici esercizi è in linea con quello che accade in tutta Italia: la maggioranza si è sottoposta alla doppia dose, solo una piccola fetta non è disposta a vaccinarsi. Questo non significa che chi lavora oggi nei pubblici esercizi e non è vaccinato rappresenta un pericolo perché tutti i protocolli che rispettiamo garantiscono sicurezza massima».
Cursano poi conferma un fenomeno che è divampato dal 6 agosto, giorno in cui è scattato l’obbligo di green pass all’interno dei pubblici esercizi: «I ristoratori, soprattutto nelle città d’arte dove gli spazi sono risicati, stanno tendendo a sistemare nei tavoli all’interno chi possiede il green pass in modo da lasciare liberi all’esterno i posti per chi invece non ce l’ha e accontentare tutti. È un problema che sta creando tensioni tra ristoratori e clienti e in cui sono tutte vittime di una disposizione con molte ombre. Soprattutto è difficile far comprendere agli stranieri questi sistemi che solo in Italia sono così intricati; loro hanno la sensazione di non essere accolti al meglio». Una spia d’allarme per il turismo di domani.
Terzo scenario: lockdown nelle regioni con ospedali pieni e pochi vaccinati
Terza ipotesi: lockdown per le Regioni con gli ospedali in tilt. Sempre differenziando le situazioni da regione a regione, la terza ipotesi che vira verso una scelta più drastica è quella di mandare in lockdown le regioni dove la situazione ospedaliera è critica. Ad oggi Sicilia, Calabria e Sardegna sono le regioni che più di tutte rischiano di cambiare colore passando dal bianco al giallo. Un passaggio che non creerebbe troppi dolori, soprattutto perché la stagione estiva volge al termine, ma che di certo rappresenterebbe un caso scuola da tenere ben chiaro in mente. Le tre regioni infatti sono quelle che presentano dati tra i peggiori come numero di vaccinati e dove i sistemi ospedalieri, bisogna ammetterlo, non sono tra i più eccellenti. Chiudere quelle regioni potrebbe in primis salvaguardare la salute di siciliani, calabresi e sardi (per rimanere nell’esempio attuale) e poi potrebbe anche servire come monito per il resto degli italiani, un tassello decisivo in una campagna di comunicazione e sensibilizzazione che fino ad ora ha fatto un po’ di acqua.
Lockdown nelle regioni con ospedali in tilt
Due scenari se i dati continueranno a peggiorare: green pass solo a vaccinati o lockdown
E se anche applicando queste soluzioni, la situazione non dovesse migliorare?
Due le ipotesi. La prima: obbligo di green pass esteso al maggior numero di attività possibili, ma con certificazione rilasciata solo ai vaccinati. Una soluzione che sgombrerebbe il campo da possibili casi eccezionali, ovvero di guariti che non hanno più anticorpi a sufficienza o di “tamponati” negativi su segnalazione di test rapidi che, in alcuni casi, lasciano il tempo che trovano. Una soluzione che andrebbe verso l'obbligo del vaccino da destinare, in primis, a tutti i lavoratori pubblici.
Green pass solo ai vaccinati
La seconda: chiusura totale, ancora. Se nessuna delle soluzioni strategiche dovesse funzionare, non resta che un altro lockdown. A quel punto però un altro 30% dei locali potrebbe chiudere aggiungendosi ai 50mila che hanno già abbassato la saracinesca per sempre da febbraio 2020 ad oggi lasciando senza lavoro 254mila lavoratori, ovvero 254mila famiglie. In soldoni, chiuderebbe altri 80mila locali circa. Un disastro colossale anche per il futuro del turismo.
La Cisl: Sì all'obbligo di vaccino
Ma tra green pass e obblighi vaccinali c'è da sfondare il muro che spesso di alza tra sindacati e lavoratori, tra sindacati e Governo. Tutelare i diritti di tutti non è affatto semplice, ma il punto è sempre un solo: un altro anno e mezzo di chiusure non è più accettabile. Lo ribadisce a gran voce, intervistato da Italia a Tavola, Fabrizio Ferrari segretario nazionale di Fisascat Cisl il sindacato che tutela il mondo dell'accoglienza. «Come Cisl lo abbiamo detto e lo ripetiamo: siamo per l'obbligo vaccinale - spiega - perchè un altro anno e mezzo di chiusure è insostenibile. Questo però è un tema che spetta al Governo, è solo esso che può decretare o meno una linea del genere. Certo, ci vuole coraggio e non è semplice visto che siamo anche in campagna elettorale, ma è doveroso. Tutti sappiamo che bisogna ripartire, che i fondi europei non possono più essere utilizzati per tappare buchi, ma per rilanciarsi. Insieme a questo bisogna lavorare su altre problematiche, come quella di porre un limite allo smartworking per riportare i lavoratori nei ristoranti in pausa pranzo, oppure il destinare fondi di sostegno anche alle imprese oltre che ai lavoratori. Bisogna decidere e decidersi, anche per dare benefici a chi il vaccino l'ha fatto, senza porsi traguardi come quello dell'80% di immunizzati entro settembre».