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Negozi a rischio fallimento: col lockdown spariscono in 60mila

Solo a Milano le perdite sono state da 150 milioni di euro al mese da maggio ad ottobre. Un’altra chiusura mettere a rischio le attività. Confcommercio lancia l’allarme. Una storia già vista con bar e ristoranti. Ora l'unica flebile speranza resta la prospettiva di Natale: ma riusciranno i consumi a ripartire per le feste?.

04 novembre 2020 | 12:28
Negozi a rischio fallimento: 
col lockdown spariscono in 60mila
Negozi a rischio fallimento: 
col lockdown spariscono in 60mila

Negozi a rischio fallimento: col lockdown spariscono in 60mila

Solo a Milano le perdite sono state da 150 milioni di euro al mese da maggio ad ottobre. Un’altra chiusura mettere a rischio le attività. Confcommercio lancia l’allarme. Una storia già vista con bar e ristoranti. Ora l'unica flebile speranza resta la prospettiva di Natale: ma riusciranno i consumi a ripartire per le feste?.

04 novembre 2020 | 12:28
 

Quel che più preoccupa i mercati è sempre l’incertezza e il balletto delle chiusure, dei lockdown, dei coprifuoco e delle zone rosse è la rappresentazione perfetta di cosa significhi “incertezza”. Gli imprenditori sono col fiato sospeso mentre attendono decisioni ufficiali del governo, ma le prospettive sono tutto fuorché rosee. Tra le categorie colpite dal primo lockdown e da quello che si sta paventando ora, ci sono i negozi. Sono 60mila (il 40% del totale) quelli che in Italia rischiano la chiusura per via delle restrizioni che si aggiungono ai 55mila bar e ristoranti che già stanno patendo con l'imposizione delle serrande abbassate alle 18.

60mila negozi a rischio fallimento - Negozi a rischio fallimento Col lockdown spariscono in 60mila

Sono 60mila i negozi a rischio fallimento

Chiudere o restare aperti? Questione di conti
I sentimenti nell’ambiente sono contrastanti: alcuni negozianti preferiscono avere la certezza della chiusura totale per poter sopravvivere con la cassa integrazione e sperare di ripartire magari sotto Natale, ma Confcommercio non è della stessa idea e punta a rimanere aperti il più possibile per evitare «un impatto devastante». Una scena già vista nel mondo dei pubblici esercizi, quando si trattava sulle riaperture e in molti erano convinti che non valesse la pena riaprire. I costi superavano di gran lunga le entrate, ma una questione teneva vivo il settore: essere un servizio per i cittadini, un segnale di ripartenza, una spinta alla speranza.

Prima dei negozi è toccato a bar e ristoranti
Forse per i negozi non è esattamente la stessa cosa, ma qualche ragionamento che segua questo filone lo si potrebbe anche fare. Ma il gioco vale la candela? Guardando all'orizzonte e riprendendo ciò che è successo appunto a bar e ristoranti sembrerebbe di no. Anche perché i ristoranti a maggio avevano davanti l'estate, della voglia di uscire, di far tardi e di mangiare fuori, mentre oggi ai negozianti spetta un cupo novembre che è persino un po' troppo lontano dal Natale per poter pensare di far affidamento su di esso. E poi, quale Natale? Con quale spirito?

Il lockdown è iniziato già da settimane
Il punto in comune tra negozianti e Confcommercio è comunque sempre relativo all’incertezza e ai timori generati dalle comunicazioni governative negli ultimi giorni, prima di queste ultime roventi ore. Morale: a forza di annunciare chiusure, curve epidemiologiche in esplosione e inviti a restare a casa, i consumatori se ne sono guardati bene dall’uscire per andare a fare shopping. Un lockdown anticipato che non ha fatto altro che scavare ancora più giù il solco del profondo rosso da mettere a bilancio.

Potere di spesa ridotto all'osso per gli italiani
Ora dunque la richiesta è sempre la stessa, quella che arriva da tutte le categorie: aiuti, aiuti e ancora aiuti che siano economici e strutturali perché la situazione è altamente preoccupante. A Milano la perdita stimata è di 150 milioni di euro al mese solo in città in queste settimane di ottobre e se si chiuderà la stima è che tutto si moltiplicherà per due o per tre. Anche perché, non lo si può negare, il potere di spesa degli italiani è sempre più ristretto, con le casse integrazioni che piovono (sulla carta, poi mica sempre arrivano), i posti di lavoro che sfumano dalla sera alla mattina e l'umore - che condiziona parecchio l'acquisto dei beni cosiddetti "non essenziali" - che è nero.

E quindi, cosa bisogna aspettarsi?
Va detto che poco può farci il governo in questo senso se a monte si decide per chiudere e tutelare la salute. Certo, forse qualche risorsa economica in più da destinare ad altre scelte e qualche passaggio parlamentare di troppo per l'approvazione di leggi farebbe anche bene. Per esempio, il cashback tanto sponsorizzato e pubblicizzato, acclamato ed esaltato, rischia di fare un buco nell'acqua considerando tutto quanto di cui sopra. A ogni modo, in ballo ci sono centinaia di miglia di lavoratori con famiglia che devono sopravvivere e, per quanto difficile, spetta al governo porvi rimedio. Nella tutela della salute deve rientrare anche un ragionamento su quanti la stanno perdendo a causa della crisi. Nella ristorazione qualcuno si è pure tolto la vita...

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