La questione della grappa "fai da te" continua a tener banco tra i produttori e le associazioni di degustatori che tutelano il distillato made in Italy per eccellenza. Pubblichiamo le riflessioni e i consigli di Silvano Facchinetti (nella foto) presidente dell'Anag, Associazione nazionale assaggiatori grappa, che invita a riflettere sulla proposta avanzata dai senatori leghisti di libelralizzare la produzione casalinga di grappa (in allegato il disegno di legge).
Fare grappa pulita? Non basta distillare occorre depurare
L'alambicco semplice discontinuo a fuoco diretto è oggi usato dai contadini a scopo amatoriale e dagli appassionati che hanno a disposizione scarti della vinificazione o vinacce da destinare alla preparazione di acquaviti. Tra questi c'è anche chi lavora bene e con passione e che riesce a ottenere un'acquavite aggressiva per palati forti. Non è così, invece, per la maggior parte dei produttori 'fai da te” che lavorano al risparmio di tempo ed economia nella produzione. Qualcuno addirittura fa un impasto di sterco di mucca con cenere per usarlo come guarnizione sigillante ai punti d'unione tra caldaia, duomo, collo di cigno e refrigerante.
è molto difficile riuscire a carpire i vari produttori 'fai da te”, perché sembra tutto avvolto in un'aria di mistero che li porta a credere di essere i più bravi o addirittura degli alchimisti. Attorno al 'fai da te” c'è molta disinformazione: qualcuno non sa del rischio di presenza nel distillato delle teste, che spappolano il fegato, e delle code, che sono male odoranti e di difficile digestione. E spesso chi sa della presenza di teste e code, non sa però come procedere alla loro separazione dal distillato.
Per ottenere un buon prodotto dal sapore deciso e intenso, la materia deve essere distillata una prima volta per ottenere la 'flemma”: bassa gradazione, teste, cuore, code e diverse impurità; di seguito si procede a un secondo passaggio di rettifica per ottenere un prodotto d'alta gradazione e igienicamente pulito, in altre parole per ottenere il cuore senza le teste, le code e le altre impurità.
Alla domanda quanti passaggi fanno? Qualcuno afferma uno solo, altri due, altri ancora affermano che il distillato ottenuto all'inizio del primo passaggio ha alta gradazione e che è già grappa e la separano mettendola assieme al prodotto finito. è un grosso errore perché la parte centrale della materia che è contenuta nella caldaia, per effetto della trasmissione del calore, è l'ultima parte a distillare e di conseguenza continuano ad arrivare le teste. Oltre a quanto detto sopra, nel primo passaggio l'alcol pulisce la caldaia, il collo di cigno e il serpentino, portando con sé il rame e il verderame disciolto. Nella coltivazione della vite, il contadino esegue dei trattamenti con solfato di rame che si appiccica alla vinaccia. La sua presenza nella caldaia con il calore si trasforma in anidride solforosa che a contatto con il rame del duomo, collo di cigno e serpentino, fa reazione e si trasforma in cristalli di solforosa che vanno a finire nella flemma.
Come fanno i distillatori 'fai da te” a separe teste e code? C'è chi non lo fa, chi toglie pochi cc mentre i più prudenti fino a un bottiglione per cotta. La prima testa che scende dall'alambicco ha un'alta gradazione e molti la usavano d'inverno per fare dei massaggi contro i dolori reumatici. Gravissimo errore, perché l'alcol metilico contenuto nelle teste, attraverso i pori della pelle, va direttamente nel sangue.
L'alambicco discontinuo a fuoco diretto
Gli alambicchi discontinui, una volta esaurito il liquido da distillare contenuto nella caldaia, devono essere svuotati da tutte le sostanze non volatili prima di iniziare una nuova distillazione. Operazione che costringe a interrompere il processo di distillazione, da qui il nome 'discontinuo”. Nell'alambicco a fuoco diretto in figura, la caldaia (C) è inserita in un fornello dove il fuoco vivo (F) surriscalda il fermentato. I vapori generati salgono verso il duomo (D) e vengono convogliati, attraverso il collo di cigno (C1), all'interno del refrigerante a serpentino (R) che li condensa raffreddandoli con un ricambio di acqua fredda.
Grappa nostrana. Occhio ai trucchi del mestiere
Tutta l'enfasi di mistero che avvolge la produzione 'fai da te” è esaltata dalle abituali risposte: questa grappa è nostrana e ha 53°. La parola nostrana oggi è interpretata come prodotto sano, di qualità e fatto in casa ma purtroppo non tutti sanno che in questo caso non sempre si tratta di un prodotto igienicamente sano (pulito dalle teste, code e impurità).
I 'fai da te” si appellano all'alta gradazione affermando che ha più valore. Per far vedere che il loro prodotto ha alta gradazione agitano la bottiglia facendo apparire la corona di bollicine che l'alcol produce ai bordi della bottiglia. In passato per far aumentare la corona si aggiungevano addirittura piccole parti di detersivo 'Olà”. Per fortuna è da tempo che non arrivano più notizie simili.
Ma perché non fare grappa a 45°? Secondo i 'fai da te” quella ad alta gradazione è più buona ma in realtà va a coprire i profumi e le puzze delle code. La verità è infatti un'altra: per il taglio nella riduzione del grado i produttori usano l'acqua del rubinetto e con quel taglio, eseguito al di sotto dei 50°, il prodotto diventa torbido. Per ridurre la gradazione c'è chi prende il cuore fino ai 40° alcolici o addirittura al di sotto e lascia il prodotto con una gradazione alta senza aggiungere acqua (ma questo significa che il prodotto finito contiene le code).
Con la gradazione alta, inoltre, il distillato rimane limpido e la maggior parte non fa la filtrazione o la esegue in modo leggero per togliere gli eventuali moscerini dell'alcol presenti durante la fermentazione.
I sedimenti
Nelle bottiglie di grappa nostrana 'fai da te”, produzione dell'anno antecedente, è facile trovare sul fondo dei sedimenti: se sono rosa sono particelle di rame che si è disciolto e depositato; se sono sedimenti azzurri sono particelle di verde rame disciolto e depositato, mentre se sembrano brillantini possono essere cristalli di solforosa e altre impurità che si sono depositate a causa della mancata filtrazione o rettificazione.
A volte, mi capita d'incontrare i produttori 'fai da te” che mi offrono i loro prodotti. Confesso che devo arrampicarmi sui vetri per rifiutare senza offendere il produttore, ma di solito riesco a trovare la scusa ed ecco che prontamente arriva la proposta di riserva: «Ti faccio assaggiare la grappa di ciliegie che ho prodotto solamente per me». A questo punto, prontamente rivolgo la domanda: «Hai tolto i noccioli e distillato solamente il suo vino? No non li ho tolti, ho distillato tutto. Allora quell'acquavite di ciliegie si può offrire tutta al tuo fegato, perché dalla distillazione dei noccioli si estrae acido cianidrico!».
è chiaro che se la proposta di legge di Vallardi passasse, bisognerà che gli aspiranti produttori siano controllati e facciano dei corsi per imparare a degustare e conseguire un patentino per evitare di produrre acquaviti che possono danneggiare la salute. B cod 7102
Metodo e tradizione: le origini nostrane della Krapa italiana
Il riconoscimento avuto dalla Cee nel 1989 è definitivamente concesso all'Italia per la tradizione e la tipicità del prodotto. Se la grappa affonda le sue radici molto lontane nel tempo lo deve ai nostri contadini come iniziatori e all'intervento della Finanza come ente di controllo. Tornando indietro di molti anni, i contadini dovevano dividere a metà il raccolto con il padrone, dargli la parte migliore così come le primizie e il vino migliore, rimanendo di fatto con il torchiato e le vinacce per poter estrarre dei vinelli di bassissima qualità.
Di nascosto, il contadino imparò a distillare le bucce dell'uva tecnicamente dette vinacce e le distillava così, come cucinare un risotto. In altre parole con il grosso rischio di appiccicarle al paiolo, con bruciature o surriscaldamento delle stesse e con conseguente alterazione del distillato che prendeva odori e puzze di fumo e di bruciato. Di seguito arrivarono le prime distillerie le quali con alambicchi a fuoco diretto incominciarono a lavorare come il sistema contadino, ma la gran produzione alcolica fu presa di mira dai governi dell'epoca che imposero delle tasse sulla produzione degli alcoli (che arrivano fino agli 8 euro per litro d'alcol anidro dei nostri giorni). Così per impedire le frodi arrivò la Finanza, la quale sigillava tutto l'impianto obbligando le distillerie a lavorare con il metodo tramandato dai contadini ma tramandando e conservando la tradizione e il metodo.
Gli altri Paesi della Comunità europea hanno sempre distillato dei vinelli ottenuti dalla lisciviazione delle vinacce, aggiungendo acqua alle bucce con una rigorosa torchiatura per ottenere vinelli da portare in distillazione. Da questo processo, il quale è esente dai rischi di bruciature, si ottiene un prodotto che non ha tutte le caratteristiche del prodotto che si ottiene dalla distillazione diretta delle vinacce, perché solamente l'alambicco con il calore riesce ad estrapolare tutti gli aromi e profumi contenuti nelle bucce.
Ecco perché l'importanza della tipicità nella grappa, ecco perchè solamente all'Italia è stato concesso di fregiarsi del nome Grappa, mentre tutti gli altri Paesi hanno dovuto chiamare i loro prodotti con il nome di Acquaviti.
Nel succedersi degli anni, la tecnologia degli alambicchi che è migliorata ha dato modo ha tutti di riuscire a migliorare il loro metodo di distillazione fino ad arrivare a copiarci, ma ultimamente stavano premendo alle porte, fino al punto che la Cee stava valutando di strapparci l''italianità” della Grappa, pensando di modificare il regolamento n°1576/89.
Tutto questo non poteva essere giusto, perché oltre e soprattutto alla tipicità (e qui ci sarebbe tutto un lungo discorso da fare), esisteva la tradizione. Ma non solo: la cosa più importante è che il nome Grappa deriva dai longobardi i quali la chiamavano Krapa, perciò si poteva anche affermare che il termine era lombardo oltre che italiano e non vedo come mai gli altri Paesi e tanto meno la Comunità europea pensassero di portarci via la denominazione Grappa, allargando e dando la possibilità a tutti di poterla usare.
Finalmente con il nuovo regolamento Ce n.110/2008 del Parlamento e del Consiglio europeo del 15 gennaio 2008, si è definitivamente riconosciuto all'Italia la definizione d'area protetta per la Grappa.
Silvano Facchinetti
Articoli correlati:
La grappa "fai da te" è solo uno schiaffo al buon senso e al Made in Italy a Tavola
Distillazione grappa "fai da te": no grazie per Anag e produttori
Grappa 'fai da te”: ma perché i politici non frequentano i corsi dell'Anag?
Anche l'Adid si schiera contro la grappa "fai da te"