Le imprese italiane della ristorazione e dell’intrattenimento, considerate da tutto il mondo il fiore all’occhiello dell’accoglienza nostrana, sono invece trasparenti agli occhi del Governo e del legislatore italiano.
I ristoratori chiedono al Governo più atttenzione
Neppure una riga e neppure un provvedimento per sostenere le imprese di questo settore, fino a ieri trainante per il turismo e l’economia italiana, sono presenti nel decreto del Governo che dovrebbe essere pubblicato domani.
Roberto Calugi
I
pubblici esercizi(bar, ristoranti, pizzerie, locali di intrattenimento e società di banqueting) sono quelli che più di ogni altro settore hanno pagato le follie comunicative di questi giorni e oggi vengono ripagati con il silenzio più assoluto.
«I nostri imprenditori e i nostri lavoratori - afferma Roberto Calugi direttore generale di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi - sono stanchi di essere invisibili per i politici e il legislatore. Non si stupiscano quindi se, entrando in un bar o in un ristorante, risulteranno invisibili a loro volta».
Se gli eserci pubblici sono irritati col Governo, va detto che intanto la situazione economica sta opeggiorando. L’economia italiana pagherà infatti un prezzo molto salato alla crisi da coronavirus secondo la stima del centro Ref ricerche, che spiega come gli effetti economici siano «legati all’evoluzione dell’epidemia e questo spiega l’incertezza sulle prospettive». Secondo le valutazioni di Ref Ricerche, l’epidemia e soprattutto le misure adottate per contenerla causano nel breve termine un minor Pil compreso tra i 9 miliardi e i 27 miliardi, a seconda delle ipotesi adottate sull’entità delle perdite (e dei guadagni) nei diversi settori. La flessione per l’intera economia invece va da un -1% a un -3%.
La stima di Ref Ricerche considera l’impatto diretto della diffusione del virus nelle regioni italiane, con effetti immediati e di più lunga durata, a seconda del settore considerato. Si ricorda che Lombardia e Veneto, le due regioni dove maggiori sono stati i casi e più drastiche le misure di contenimento, contano per il 31% del Pil italiano. Aritmeticamente, una contrazione del 10%in sole queste due regioni significa una diminuzione del 3% di quello per l’intero Paese.